Le poverta’ invincibili

La “globalizzazione” è il termine impiegato da un gran numero di economisti e di sociologi per descrivere la situazione della civiltà capitalista nel XXI secolo, constatando la sua diffusione a livello planetario e l’assenza di alternative che la caratterizza dopo la rovina del progetto comunista. Ma, stando alle statistiche delle Nazioni Unite, la civiltà capitalista, di fatto, non riesce a estendere i suoi frutti a un buon terzo della popolazione mondiale. All’incirca due miliardi di uomini sui sei che attualmente abitano la Terra sono infatti poveri ed emarginati senza una ragionevole speranza di riscatto in un futuro prevedibile.

Vediamo di dare un quadro approssimativo di questa situazione di cui non ho l’impressione si tenga debito conto nel dibattito sul tema della «crescita» economica che abitualmente viene dettata dal capitalismo e reclamata dal mondo degli affari. Alcuni economisti  (fra i quali Giorgio Ruffolo) la ritengono ormai dannosa, o quanto meno problematica, non solo per i suoi possibili effetti negativi sull’ambiente ma anche sui reali bisogni della società. Al punto da avanzare proposte varie che implicano un suo diverso orientamento complessivo (per es. un trade-off più favorevole alla spesa sociale rispetto ai fini dell’accumulazione del capitale) o persino un suo contenimento fino all’ipotesi di una crescita zero.

A parte la estrema complessità dei problemi socio-politici che simili proposte comportano in un mondo fatto delle più svariate forme di capitalismo, da quelle più arretrate, a quelle mature e a quelle in via di esplosiva crescita,  e quindi la quasi insormontabile difficoltà di prevedere le  implicazioni non solo strutturali ma anche ideologiche che un artificiale contenimento della crescita comporterebbe nelle diverse situazioni, occorre perlomeno, mi sembra, evitare di porsi un problema che ignori i bisogni urgenti e vitali per una larga parte della popolazione mondiale per la quale la «crescita» significa semplicemente sottrarsi alla morte per fame.

Attualmente la popolazione mondiale è sei volte più numerosa di quanto fosse nei primi secoli dell’economia-mondo capitalistica, e almeno quattro volte maggiore di quella dei tempi del Capitale di Karl Marx (1867). Essa continua però a dividersi fra un centro, una semiperiferia e una periferia con disuguaglianze di reddito e di condizioni di vita sempre più estreme e ingovernabili.

Il centro nell’attuale economia-mondo capitalistica è rappresentato essenzialmente dai ventinove paesi dell’Ocse. con una popolazione totale di quasi un miliardo e con redditi pro capite annui che vanno da un massimo di 30.000 dollari (Stati Uniti) a un minimo di 10.000, e con una media complessiva di 23.000 dollari. Sono i paesi ricchi del capitalismo avanzato nei quali vive appena un sesto dell’umanità del XXI secolo.

Nella semiperiferia vive complessivamente una popolazione di oltre 2,7 miliardi, dunque quasi la metà della popolazione globale. Ne fanno parte i paesi che stanno sperimentando una marcia forzata verso il capitalismo. Dunque, oltre ai paesi europei dell’ex impero sovietico già accolti nell’Unione Europea o in procinto di entrarci, appartengono alla semiperiferia la Federazione Russa (150 milioni di abitanti) con poco più di 6.000 dollari pro capite annui, la Cina (1,3 miliardi di abitanti) con 3.200 dollari, e l’India (1 miliardo di abitanti) con 2.000 dollari. E poi i due maggiori paesi dell’America Latina, l’Argentina (37 milioni) e il Brasile (168 milioni) con redditi pro capite tra gli 11.000 e gli 8.000 dollari. Considerando che in queste medie sono conteggiati i redditi relativamente alti delle minoranze direttamente avvantaggiate dal processo di crescita capitalistica, la maggior parte della popolazione di quei paesi si trova evidentemente al di sotto della soglia di povertà.

I paesi che abbiamo elencato, per quanto a basso e bassissimo reddito, si possono inserire ugualmente nella categoria di mezzo della semiperiferia per due ragioni. La prima è che in essi il capitalismo è ben radicato, anche se caratterizzato da disuguaglianze enormi, spesso da regimi autoritari, ancora più spesso da regimi corrotti che rallentano lo sviluppo favorendo oligarchie rapaci. La seconda ragione è il ritmo di sviluppo dell’accumulazione del capitale che in alcune di queste aree semiperiferiche, come l’India e la Cina, è molto alto e, se mantenuto, potrebbe portare a un rapido aumento dei redditi medi.

Rimane la periferia dell’economia-mondo alla quale appartengono tutti i paesi non soltanto a bassissimo reddito ma nei quali, inoltre, permangono situazioni economiche, politiche e sociali che consentono unicamente forme di capitalismo molto arretrato e gregario, spesso di rapina, sommerso da condizioni di esistenza estremamente miserabili. I numerosi paesi dell’America Latina, di gran parte dell’Asia e, praticamente, di tutta l’Africa, non elencati nelle due precedenti categorie, rientrano in quest’ultima. Si tratta di oltre due miliardi di esseri umani con redditi pro capite annui che vanno da un massimo di 4.700 dollari a un minimo di 885. Dunque un terzo dell’umanità attuale non soltanto vive nella estrema miseria ma ha scarse probabilità di uscirne anche in un lontano futuro.

In buona sostanza tuttavia, al di là delle classificazioni riportate sopra che sono sempre arbitrarie perché si basano su medie statistiche, la povertà estrema che minaccia la sopravvivenza, la fame come condizione normale, la diffusione di malattie come l’Aids o la malaria, l’alta mortalità infantile e la bassa aspettativa di vita, insomma tutto ciò che rende disperata, senza rimedio e senza tregua l’esistenza umana, è una condizione che, secondo le Nazioni Unite, riguarda addirittura 2,8 miliardi di uomini che vivono con meno di due dollari al giorno di cui 1,2 miliardi che vive con meno di un dollaro al giorno. Considerando che parte di questa umanità è anche soggetta a brutali regimi dispotici, esposta a genocidi e a feroci lotte tribali, etniche e religiose, si deve ammettere che la prospettiva di un mondo intero che si attenda dal capitalismo un futuro di riscatto, è assai remota.

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