Le misurazioni dell’aspetto sociale nell’impact investing e le possibili applicazioni di tecnologie blockchain

Simone Martini illustra le caratteristiche e i problemi posti dall’impact investing, cioè da investimenti che mirano a ottenere non soltanto un rendimento finanziario ma anche un beneficio sociale e ambientale. Dopo aver ricordato i primi casi di impact investing Martini sottolinea l’importanza di disporre di criteri convincenti e condivisi per misurare il loro impatto sociale nonché le difficoltà poste dalla varietà di casi da prendere in considerazione e illustra la possibilità che un aiuto venga dalle nuove tecnologie, in particolare dal blockchain.

L’impact investing, consiste in “investimenti fatti in aziende, organizzazioni e fondi con l’obiettivo di ottenere un beneficio sociale o ambientale oltre a un rendimento finanziario” (secondo la definizione del GIIN).

La sua caratteristica distintiva è, dunque, il simultaneo perseguimento di un obiettivo di carattere privato e di uno o più obiettivi di rilevanza pubblica La gamma dei benefici sociali e/o ambientali che possono derivare dall’impact investing è molto ampia: si va dalla facilitazione nell’ottenimento di finanziamenti alla riduzione di emissioni nocive per l’ambiente. L’impact investing si sta rapidamente affermando all’interno dell’industria finanziaria.

Una possibile causa è la difficoltà che l’intervento pubblico – nonché in molti casi l’azione filantropica o il volontariato – incontra a far fronte a rilevanti problemi sociali – come, ad esempio, l’inclusione di minoranze etniche e religiose o la protezione dei meno abbienti – e ambientali.

L’esempio più celebre di questo nuovo tipo di investimenti è il primo social impact bond al mondo che ha interessato la prigione di Peterborough nell’est dell’Inghilterra. L’amministrazione della prigione aveva verificato che il 60% dei detenuti con pene di breve termine si ritrovava nuovamente in prigione ad un anno dalla scarcerazione. Il dato risultava allarmante, in quanto evidenziava la difficoltà di integrazione dei carcerati e le carenze del processo di rieducazione. In altre parti del mondo (ad esempio negli Stati Uniti) questo dato è anche superiore. Allo scopo di ridurre il tasso di recidività è stata creata un’obbligazione a cedola variabile connessa alla variazione di questo stesso tasso. Raccogliendo fondi, privati e pubblici, è stato avviato un programma per facilitare il reinserimento dei detenuti nella società. Poiché per ogni detenuto che non ritorna in prigione lo Stato risparmia le corrispondenti spese di mantenimento, sarà conveniente, per lo Stato, un programma che preveda la restituzione di una frazione della spesa risparmiata agli investitori, sotto forma di cedole. Secondo i dati di Social Finance, l’iniziativa ha ridotto del 9% il tasso di recidività.

Questa iniziativa è stata giudicata un successo dalla maggioranza degli addetti ai lavori, ma esistono diversi investimenti a impatto sociale, sul cui risultato vi è un profondo disaccordo che nasce dalla diversa valutazione dei benefici arrecati.

In realtà, perché l’impact investing faccia un salto di qualità e non resti confinato a un settore di nicchia, riservato a pochi addetti ai lavori, ma diventi una soluzione mainstream applicata per risolvere problemi a cui i governi stentano a fare fronte, è necessario un convincente criterio di valutazione dei suoi impatti. In breve, per motivi strutturali ed economici è necessario produrre, in questo ambito, una best practice.

Ciò favorirebbe certamente lo sviluppo di un settore in cui il 97% degli attori è soddisfatto delle performance sociali ed il 91% di quelle finanziarie (stando all’Annual Impact Investors Survey del 2018), rassicurando chi ancora stenta ad investire a causa della scarsa chiarezza nell’analisi delle performance.

Il miglioramento della valutazione della performance sociale è considerato uno dei principali trend dell’impact investing del 2018.

Ad oggi, i metodi di valutazione e gestione dell’impact investing, definiti dal Global Impact Investing Network (GIIN) come impact investing measurement and management practices, si stanno sviluppando come cataloghi a cui gli investitori e i soggetti che ricevono tali finanziamenti possono fare riferimento per ottenere informazioni più specifiche e dettagliate, sotto il profilo socio-ambientale e finanziario.

L’idea che un catalogo generico possa fungere da linea guida per gli investitori ad impatto si sta rivelando poco felice in quanto molti di questi investimenti richiedono misurazioni specifiche. Come si evince dal 2017 State of Impact Measurement and Management del GIIN, le aree in cui questi investimenti possono avere impatti sono più di 15 e sono diversamente selezionate dagli investitori. Il miglioramento delle condizioni e degli ambienti lavorativi è l’area preferita – con il 24% degli asset under management (AUM) -, seguita dalle azioni climatiche con il 16%. Esiste, poi, una categoria residuale, composta dagli investimenti che non rientrano nelle categorie definite dal GIIN, che rappresenta quasi il 15% del totale del patrimonio investito.

Tutto ciò rende necessarie misurazioni specifiche dell’impatto sociale e richiede l’elaborazione di sistemi di valutazione che non possono essere utilizzati per tutti gli investimenti sociali.

Inoltre, sempre dallo stesso sondaggio si evince che il gruppo di persone che si vuole aiutare con gli investimenti può variare dalle comunità LGBTQ (lesbian, gay, bisexual, transgender, queer, il cui inserimento in determinati contesti sociali si intende favorire), agli individui in condizioni socioeconomiche, come nel caso degli investimenti del Frontier Inclusion Group di Accion volti a favorire l’inclusione finanziaria in regioni in via di sviluppo.

Inoltre, gli stessi investimenti possono avere come target, gruppi che vanno dalle persone con difficoltà a trovare lavoro alle minoranze etniche, religiose o razziali. Questo aspetto aggiunge complessità alla misurazione e genera un’ulteriore difficoltà sull’applicabilità di metriche specifiche, ad esempio una misurazione adeguata per le problematiche delle comunità LGBTQ non sarà idonea per le azioni climatiche.

Infine, la fase iniziale e di espansione non ancora consolidata in cui si trova il settore, cui consegue una limitata disponibilità di informazioni – rende più difficile l’elaborazione di cataloghi generali di riferimento in grado di condurre all’affermarsi di una pratica comune. Questo è particolarmente vero se si considerano gli sforzi del GIIN, che sta cercando di superare queste carenze di informazioni stabilendo una rete internazionale alla quale possano rivolgersi gli investitori ad impatto sociale per comprendere più facilmente il funzionamento dell’industria.

Quali sono i possibili futuri sviluppi nel settore dell’impatto sociale? È probabile che l’applicazione di nuove tecnologie, come ad esempio le blockchain technologies, consenta sia di ridurre i costi sia di affrontare il problema della specificità delle metriche. La blockchain – che ha acquistato molta importanza in relazione al bitcoin, ma che non si applica solo alle criptovalute – consiste nell’insieme delle tecnologie che utilizzano un libro mastro, pubblico e condiviso tra tutti i membri di una comunità, nel quale vengono riportate in modo permanente le transazioni che si sono svolte. Il successo di queste tecnologie è dovuto al fatto che una transazione avvenuta non può essere modificata a meno: (i) di non modificare tutte le transazioni precedenti e successive; (ii) di risolvere algoritmi che acquistano complessità con il crescere del numero di transazioni.

Secondo diversi istituti di ricerca, ad esempio lo Stanford Centre for Social Innovation, queste nuove tecnologie, potrebbero avere effetti profondissimi sul settore del “doing good”, sia riducendo i costi, sia accrescendo il livello di trasparenza ed efficienza dell’industria.

Le tecnologie blockchain, in base ad alcune ipotesi formulate di recente, possono essere applicate all’industria dell’impact investing in almeno due diversi modi. Il primo è un contratto finanziario intelligente (Smart contracts o per i più tecnici, programmi auto-eseguibili su richiesta) nel quale il pagamento delle cedole collegate al bond si verifica solo quando un determinato indicatore reale raggiunge un livello predeterminato. Ciò permetterebbe, soprattutto, di ridurre i costi. Il secondo modo, ancora da approfondire, è l’uso di tecnologie blockchain per agevolare la raccolta di fondi. Per comprendere a fondo questo aspetto bisogna innanzitutto distinguere la figura dell’investitore da quella del donatore. Mentre il primo si occupa esclusivamente di fornire liquidità, il secondo riceve i fondi dagli stessi investitori e li utilizza per progetti specifici.

In ottica blockchain, tramite un’ICO (Initial Coin Offering) i donatori rilasciano una quantità di criptovalute (o coins) predeterminata agli investitori ed in cambio ricevono liquidità. Nel frattempo, gli investitori sono liberi di scambiare le proprie coins o di tenerle, mentre i donatori beneficiano dalla raccolta di fondi privati in modo trasparente ed efficiente

Queste sono solo due delle possibili applicazioni delle tecnologie blockchain all’impact investing ma altre sono in fase di sviluppo. La speranza è che questo impegno comune porti alla definizione della best practice di cui necessita così fortemente questo settore.

Al riguardo, un’idea potrebbe essere quella di fare collaborare i cataloghi richiamati in precedenza con le tecnologie blockchain. Se si riuscissero a stabilire dei criteri costanti, utilizzabili per valutare investimenti a impatto sociale con caratteristiche comuni, si potrebbe associare la tracciabilità delle operazioni fatte (quindi il numero di persone raggiunte) con le metriche comuni, e ciò faciliterebbe il calcolo dei complessivi benefici. Per progredire è di certo molto importante il tempo e la generazione di casi studio su cui applicare i cataloghi. Una volta che si riusciranno a definire le varie categorie (come si sta iniziando a fare con le Investment Themessarà più facile definire il disegno dei contratti intelligenti. Di conseguenza aumenterà la trasparenza degli investimenti sociali e la facilità di valutazione delle loro performance, con effetti benefici sulla fiducia degli investitori in questo tipo di investimento.

Il ruolo svolto da realtà come AID Tech se associato alla costituzione di criteri comuni, può portare alla creazione di contratti intelligenti e alla misurazione affidabile dell’impatto sociale, con conseguenze sulla remunerazione degli investitori.

Peraltro, con lo sviluppo del settore e dunque con la crescita del numero di investimenti valutati e misurati, il raggiungimento delle condizioni di cui si è detto ne risulterà facilitato. In questo modo l’impact investing potrà contribuire a dare soluzione ai problemi sociali e ambientali che non sempre il settore pubblico è in grado di affrontare in modo efficiente.

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