Le lotte per la scuola

Una nuova generazion è scesa finalmente in campo

Dobbiamo dire grazie alla signora Gelmini. Con la sua provocatoria riforma della scuola e con le sue minacce alle Università è riuscita là dove avevano fallito le barzellette e le “carinerie” di Berlusconi. Da Trento a Roma a Palermo gli studenti – una nuovissima generazione di studenti – sono scesi in campo con compostezza, autogoverno, determinazione per difendere la scuola (la scuola pubblica in primo luogo, nel momento in cui il mercato non regolato distrugge trilioni di euro) e per porre sul tappeto, mentre altri si occupava di litigi di partito, della immunità per i banchieri o per se stesso e della noiosa ripetizione televisiva della propria immagine – una delle questioni decisive per la ripresa culturale ed economica del nostro Paese. E’ indubbio infatti che la crisi economica richiede misure di emergenza a sostegno della capacità di acquisto dei lavoratori e delle classi medie falcidiate (se non si crea nuova domanda sul mercato le imprese non sapranno a chi vendere), ma è altrettanto indubbio che essa non sarà battuta ed estirpata se non muteranno le basi stesse del nostro modo di produrre. Potenziare la scuola pubblica di tutti i livelli, dalle elementari alle Università, ai master, garantire la formazione dei giovani, esaltarne ed utilizzarne le capacità critiche, la ricerca e la creatività, garantire la libertà in cui esse possano cimentarsi, favorire in tutti i modi il loro accesso al lavoro, dare agli insegnannti i mezzi per tenere aggiornata la loro cultura e per trasmettere ad altri le loro conoscenze, sono le condizioni essenziali perché i ladri di soldi dei risparmiatori siano allontanati dai loro dorati scanni e il paese possa riprendere il suo cammino verso un equilibrato e stabile sviluppo. Sviluppo che non può essere misurato solo in percentuali di PIL e tanto meno in numero di “derivati” finanziari privi – per legge – di ogni vigilanza.

Sono stati molti a rallegrarsi del risultato elettorale di Trento e a intenderlo come un segnale di cambiamento. E’ giusto esser grati ai trentini, ma certamente essi non ce l’avrebbero fatta senza la spinta di un movimento che si è collocato non certamente “contro” ma altrettanto certamente “fuori” dalle etichette che fanno da copertura a questo o quell’autoreferenziato leader. Qualcuno ha ricordato il ’68.

Il ’68 è stato un precedente importante ed è bene non dimenticarlo: fa parte della storia identitaria del nostro paese e di altri paesi. Ma vorrei anche ricordare che allora mancò un rapporto unitario tra studenti e professori. Durante le occupazioni le lezioni concordate con gli studenti di Federico Caffè o di Marrama furono delle eccezioni. Oggi quelle eccezioni sono diventate la norma. E ciò è molto positivo, è il segno di una maturità democratica nuova, non corporativa con cui una nuova generazione si presenta su una scena difficile sulla quale molti sono falliti. Su questa scena essa ha saputo cercare e trovare un importante contatto con i sindacati dei lavoratori ed anche questa è cosa che potrà dare positivi frutti. Così come li darà l’uso appropriato di internet volto a far sentire ogni studente e insegnante come membro partecipe, attivo e paritario di una grande comunità.

La scuola è una cosa troppo seria per lasciarla agli intrattenitori serali di Vespa.

E’ bene che studenti e professori uniti la gestiscano loro, anche per impedire che i teorici dei mercato che si autoregola si impadroniscano delle menti dei giovani per sfruttarle e trarne solo privato vantaggio.

l.b.

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