Le Ferrovie dello Stato per un’Italia rimpicciolita

Dopo un anno disastroso, nel quale le Ferrovie dello Stato e la società Trenitalia da esse posseduta hanno dimostrato gravi limiti e difficoltà nel fronteggiare la neve che – spesso – cade d’inverno, ma che ha colto del tutto impreparate le ferrovie italiane, è uscito il nuovo orario dei treni passeggeri e gli italiani hanno imparato che non solo debbono prepararsi ad affrontare i viaggi con “panini e coperte”, così come avveniva nel 1945, ma che l’Italia è stata amputata, a nord, di tutta l’area che si colloca al di sopra della linea Torino- Udine nonchè dell’Umbria (Perugia).

Per motivi di bilancio, infatti, l’amministratore delegato di Trenitalia, ing. Mauro Moretti, ha tagliato la maggior parte delle comunicazioni dirette tra il centro Italia ed Aosta, capoluogo di regione autonoma, nonché tra Roma e Como, e poi Trento e Bolzano, province autonome, nonché Belluno, Trieste. Ha reso più difficile insomma ogni comunicazione diretta diurna con tutta la fascia a Nord della linea, che va da Torino ad Udine – Venezia Mestre – linea assunta come nuovo confine dell’Italia – nonché con Perugia, Pesaro, Rimini.

Per raggiungere le Alpi o si viaggia su treni che impiegano il doppio degli Eurostar oppure, oltre i panini e le coperte, occorre portarsi ombrello e carrello per le valige perché la nuova parola d’ordine è: “si cambia treno”.

L’ing. Moretti, quello che a dicembre ha invitato gli italiani a viaggiare “con panini e coperte”, non ostante abbia fatto tutta la sua carriera nelle ferrovie, non sembra infatti aver attenta nozione di che cosa significhi servizio pubblico: sa soltanto di dover  dimostrare al ministero dell’Economia, che detiene tutto il capitale azionario delle antiche FS, che con lui le Ferrovie assumono come solo obiettivo il profitto e “le leggi di mercato” le, quali, come è noto, sono cosa del tutto diversa dalle regole per far funzionare il mercato.

Non basta all’ing. Moretti, membro tra l’altro della giunta della Confindustria e di Assolombarda, che le Ferrovie siano finalmente in pareggio. Non ostante i disservizi e i ritardi esse devono guadagnare, debbono diventare anch’esse una macchina per far soldi. E pazienza se tutte le località montane del Nord perderanno clienti invernali ed estivi (ne hanno già perso una buona fetta nelle feste natalizie del 2009).

Tanto – ci si perdoni l’affermazione, ma è vera – i cittadini che interessano a chi governa l’Italia non viaggiano in treno ma solo in aereo od elicottero, meglio se di Stato e pagato dai contribuenti.

L’orario ferroviario distribuito a gennaio 2010 da Trenitalia è un tripudio di treni o, meglio, di qualifiche dei treni: Business, Eurostar Alta Velocità, Eurostar Italia, Eurostar City, Euro City, Euro Night, Intercity Plus, Intercity, Intercity notte, treno espresso. Ma la sostanza è che, fatta eccezione per i lenti intercity e in particolare per quelli internazionali, la maggior parte di essi si ferma ai confini segnati sulla carta geografica italiana dall’ing. Mauro Moretti. Per alcune destinazioni si cambia treno anche due volte e magari anche stazione.

C’è in verità maggiore attenzione che nel passato per i tempi di percorrenza. Non a caso la massima cura va all’Alta Velocità. Peccato che in genere, salvo che sulla Milano-Roma gli orari scritti sull’orario non vengano rispettati. Non a caso è stata ampliata la “tolleranza” per i ritardi. Un treno è “in orario” anche se arriva quindici minuti dopo e fa saltare coincidenze e appuntamenti.

E peccato ancora che dopo aver fatto una corsa fino a Bologna o Foligno si sia poi obbligati a trasbordare su treni regionali lentissimi, per i quali, tra l’altro, non esiste prenotazione.

Personalmente non sono contrario a collegamenti ferroviari rapidi con le città europee. Ma a due condizioni: che non si paghi ciò con ulteriori danni all’ambiente e al paesaggio e, secondo, che non debba pagare ciò la stragrande maggioranza dei cittadini che non vanno all’estero ma in montagna o al mare con la famiglia o che viaggiano per lavoro da Nord a sud d’Italia o viceversa.

Purtroppo nessuna delle due condizioni sembra oggi rispettata. Con un danno per la qualità del servizio offerto ai cittadini e con un danno per l’economia del paese. Al primo danno ho già accennato. Vorrei sottolineare il secondo, che esula dai conti interni delle FS ma non da quelli del ministro dell’Economia o da quello del Lavoro. Non possiamo fingere di ignorare, e non lo possono ignorare quei governanti che contano sul turismo per coprire le falle di una sempre più manifesta crisi della struttura industrale e di quella agricola, che il settore del turismo e del commercio ha già perduto in un anno più di centomila posti di lavoro.

Come recuperarli, se si continuano ad adottare, in nome della priorità dell’Alta velocità, misure che rendono più difficile o comunque faticoso il raggiungimento dei luoghi del turismo invernale ed estivo?

Che cosa conta la conquista di dieci minuti sul tratto Roma-Bologna se poi a Bologna se ne debbono perdere più di trenta per il trasbordo?

Avendo manifestato queste preoccupazioni ad un funzionario delle ferrovie mi sono sentito rispondere che non si devono temere effetti negativi perché, nel frattempo, Germania ed Austria hanno attivato, con la Deutsche Bahn e con la Obb, collegamenti diretti con l’Italia. Ottimo. Peccato che l’Italia abbia proibito a Deutsche Bahn e alla Obb di scendere al di sotto di Bologna. Il che ripropone esattamente, agli italiani, “il cambio del treno” caro all’ing. Mauro Moretti e agli attuali ministri.

Recentemente Giorgio Ruffolo ha pubblicato un libro in cui, manifestando allarme per

la disunità del nostro Paese ha parlato di “un paese troppo lungo”. L’ing. Moretti ha condiviso il monito ed ha accorciato l’Italia. Peccato che dopo l’operazione l’Italia sia più disunita di prima. 

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