Le caratteristiche dell’Assegno di Ricollocazione e le condizioni per una sua efficace applicazione

Massimo De Minicis si occupa dell’Assegno di Ricollocazione dei disoccupati introdotto con il decreto legislativo 150 dello scorso anno. De Minicis ne illustra le caratteristiche, in particolare per quello che riguarda, da un lato, la libertà di utilizzo dell’Assegno da parte dei beneficiari presso i Centri per l’Impiego o presso le strutture private e, dall’altro, la possibilità di soluzioni regionali diversificate e poi si sofferma sulle loro implicazioni per una nuova organizzazione e funzionalità dei Centri per l’Impiego

Dopo l’approvazione, a settembre scorso, del decreto legislativo 150, contenente nuove Disposizioni per il riordino della normativa in materia di mercato del lavoro, sembra imminente e inevitabile un significativo cambiamento nell’assetto delle politiche attive del lavoro.

Nel modello delineato nel decreto assume un ruolo determinate un innovativo strumento di inserimento professionale, l’assegno di ricollocazione (art.23 dlgs 150 del 2015). Questo strumento è riservato a chi è disoccupato da più di 4 mesi e percepisce la Nuova prestazione di Assicurazione sociale per l’impiego (NASPI), di cui all’art.1 del decreto legislativo 22 del 2015.

L’assegno di ricollocazione mette a disposizione dei soggetti che ne facciano richiesta una somma che è commisurata alle prospettive di occupabilità rilevate nella fase di colloquio individuale e di profiling e che è destinata a finanziare l’attivazione di un servizio di assistenza, con affiancamento di un tutor, finalizzata alla ricollocazione professionale.

Il programma individuale può prevedere percorsi di riqualificazione professionale mirati a ben individuati sbocchi occupazionali e deve essere realizzato mediante una assistenza personalizzata che sia appropriata, programmata, strutturata e gestita secondo le migliori tecniche del settore.

L’ assegno è concesso direttamente al disoccupato e deve essere impegnato entro due mesi. Le risorse finanziarie saranno determinate con un piano di utilizzo coordinato di fondi nazionali e regionali, nonché dei programmi operativi cofinanziati con il Fondo Sociale Europeo o con fondi nazionali.

L’azione di inserimento deve essere realizzata entro 6 mesi ed è prevista la possibilità di una proroga di ulteriori 6 mesi nell’eventualità che non sia stata impegnata tutta la somma disponibile. In caso di assunzione in prova o a termine il servizio è sospeso ma è possibile attivarlo nuovamente alla conclusione del rapporto di lavoro se questa avviene entro 6 mesi.

Un aspetto importante del nuovo regime è il riconoscimento al disoccupato della libertà di scegliere se servirsi dei centri per l’impiego oppure di strutture private accreditate. Questa libertà di scelta avrà inevitabilmente effetti sulle forme organizzative dei servizi all’impiego. In particolare essa investirà i modelli di regolamentazione della cooperazione pubblico-privato nell’erogazione dei servizi al lavoro e i modelli di accreditamento.

Il nuovo contesto che si viene delineando sembra necessitare, infatti, di sistemi di selezione dell’offerta di servizi al lavoro di tipo paritario, con una regolamentazione della cooperazione pubblico-privato orientata a sostenere una paritetica competizione tra CPI e operatori accreditati. Viene così meno la centralità del servizio pubblico e la sua esclusività nell’erogazione di alcune prestazioni.

Sotto questo aspetto il sistema proposto dal dlgs 150 sembra avvicinarsi al modello regionale di accreditamento Unico (formazione – Lavoro) della regione Lombardia; in quest’ultimo, infatti, la governance della cooperazione pubblico – privato è indirizzata a garantire una competizione paritaria. Anche l’accesso diretto ai finanziamenti pubblici da parte dei degli organismi accreditati avvicina l’assegno di ricollocazione al sistema lombardo. Alla base di tutto ciò vi è la piena autonomia dell’utente destinatario del Voucher pubblico personalizzato nella scelta dell’operatore a cui rivolgersi.

Più precisamente, il modello lombardo prevede un assegno regionale commisurato alla fascia di profilazione degli utenti chiamato Dote Unica Lavoro (DUL) e disponibile per l’intera filiera dei servizi accreditabili a livello regionale: formativi, orientativi e al lavoro. Con tale formula le strutture accreditate non devono attendere la stipula di convenzioni con l’amministrazione regionale o sottoporsi a gare di evidenza pubblica per accedere ai finanziamenti; inoltre, la determinazione delle risorse finanziarie da assegnare ai diversi operatori dipende dalle scelte degli utenti.

Il nuovo strumento di politica attiva presenta un’altra peculiarità di rilievo per la natura organizzativa dei servizi al lavoro e cioè l’individuazione dell’organismo che deve quantificare e rilasciare l’assegno di ricollocazione. La norma sembra lasciare aperta la possibilità di soluzioni regionali diversificate, limitandosi a individuare un modello teorico di riferimento. Infatti, quanto previsto nell’art. 20 e nell’art.23 comma 2 del decreto 150 in tema di esclusività del servizio pubblico nella stipula del patto di servizio personalizzato e di rilascio dell’assegno di ricollocazione, sembra riservare ai CPI la quantificazione e l’assegnazione del voucher.   Nell’art 11 comma 4 è però prevista un’eccezione, poiché alle regioni e province autonome viene riconosciuta la possibilità di “……prevedere che i compiti, le funzioni e gli obblighi in materia di politiche attive del lavoro, siano attribuiti, in tutto o in parte, a soggetti accreditati “.

Tale attribuzione può determinarsi all’interno di singole convenzioni stipulate dalle regioni con il Ministero del Lavoro, concernenti i relativi rapporti e i rispettivi obblighi nella gestione dei servizi per l’impiego. Viene quindi riconosciuta la possibilità che nei sistemi regionali di servizi al lavoro caratterizzati da modelli di accreditamento paritari anche le strutture accreditate possano effettuare prestazioni formalmente riservate al servizio pubblico (colloquio individuale, profiling, patto di servizio, attribuzione dell’assegno). Anche in questo caso il modello di riferimento sembra essere quello della Lombardia: infatti, la convenzione stipulata tra il Ministero del Lavoro e la regione Lombardia per la gestione dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, all’art. 4 prevede che le funzioni indicate in precedenza siano estese agli operatori privati accreditati a livello regionale.

Alla luce di queste considerazioni si può affermare che con l’assegno di ricollocazione si intende muovere verso sistemi di servizi al lavoro di “quasi mercato” sia sul lato dell’offerta che della domanda di lavoro. Nei “quasi mercati” – che sono tali perché l’amministrazione pubblica determina i soggetti partecipanti ma questi ultimi poi competono tra loro senza distinzione tra pubblico e privato – il conseguimento di buone prestazioni dipende da alcune essenziali condizioni.

Occorrono, anzitutto, strumenti di monitoraggio e valutazione efficienti ed efficaci. Al riguardo, va considerato che il monitoraggio delle performance può servire anche per mettere gli utenti in condizioni di conoscere, con trasparenza, il funzionamento del sistema e i risultati ottenuti. I modelli di monitoraggio possono, infatti, consentire di effettuare il rating degli operatori e di confrontare due o più di essi in base ai risultati conseguiti in una stessa attività/servizio. Gli utenti potrebbero così disporre di informazioni utili per compiere nel modo migliore le proprie scelte.

Al momento non esiste un sistema nazionale di monitoraggio e valutazione in grado di alimentare un sistema di rating riguardante sia gli   operatori accreditati sia gli autorizzati ai servizi al lavoro e, a livello regionale, solo la Lombardia e la Campania hanno definito e reso operativo un modello di valutazione dell’efficacia ed efficienza delle performance degli organismi. In entrambi i casi, però, la valutazione viene utilizzata essenzialmente per determinare forme di premialità nella attribuzione delle risorse finanziarie e non è messa a disposizione dell’utenza. Considerando queste carenze, è fare in modo che le amministrazioni pubbliche perché si dotino al più presto di questi strumenti.

E’ anche necessario, e questa è la seconda condizione, che il servizio pubblico all’impiego sia in grado, in tempi brevi, di fornire prestazioni individualizzate e di erogarle in modo continuativo. Per garantire la continuità è importante che l’offerta individualizzata si componga di prestazioni diversificate (orientative, formative e per il lavoro) ma tra loro ben integrate. Lo stesso decreto 150 richiama questo principio quando nell’art. 11 comma 3 afferma che le regioni e le province autonome nel definire l’offerta formativa dovrebbero riservare una congrua quota di accesso alle persone in cerca di occupazione identificate e selezionate dai centri per l’impiego. A questo scopo può essere utile puntare di più su modelli di accreditamento unici per l’orientamento, la formazione e per i servizi al lavoro, consentendo così alla stessa struttura di erogare servizi diversificati, con vantaggio per l’utente che potrebbe realizzare senza interruzioni e frammentazioni il suo percorso di attivazione e accompagnamento al lavoro. I primi dati nazionali sulle strutture accreditate per i servizi al lavoro raccolti dall’Isfol indicano che gli operatori si stanno già muovendo in questa direzione. Le strutture più numerose tra gli organismi accreditati per i servizi al lavoro sono, infatti, gli enti della formazione e dell’orientamento.

Infine un’ultima considerazione riguarda l’esigenza di mitigare le differenze regionali nelle modalità attuative dei sistemi di accreditamento. Il decreto 150 dà una mano in questa direzione, prevedendo che l’accreditamento nazionale per i servizi al lavoro sia affiancato a quello regionale. L’accreditamento nazionale, unicamente riservato alle agenzie per il lavoro, può, infatti, svolgere una azione suppletiva nei contesti regionali privi di sistemi di accreditamento. A questo riguardo quanto è avvenuto nella fase iniziale di attuazione della iniziativa comunitaria Garanzia Giovani costituisce un’esperienza da non ripetere. La forte disomogeneità nella implementazione e operatività dei modelli di selezione degli operatori ha rischiato, infatti, di ritardare l’accesso a questa importante misura da parte di molti giovani NEET residenti in alcuni tra i più problematici territori del paese.

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