L’accesso ai servizi sanitari in Italia: difficoltà e strane preferenze

Roberto Fantozzi e Isabella Siciliani dopo aver ricordato che il nostro sistema di welfare è imperniato sulle prestazioni monetarie più che sull’offerta di servizi, richiamano l’attenzione su un risultato inatteso che emerge da recenti indagini dell’Istat. Da un lato le famiglie con bisogni insoddisfatti dichiarano di avere difficoltà a sostenere le spese necessarie; dall’altro molte di esse, pur avendo familiari con problemi di salute, dichiarano di non voler ricevere assistenza. L’interpretazione di questa preferenza può essere molto utile per migliorare l’assistenza pubblica.

Il Rapporto sulla conciliazione dei tempi tra lavoro e famiglia, pubblicato di recente dall’Istat, permette di tornare a riflettere sullo stato dei servizi, pubblici e non, offerti in Italia per fronteggiare i bisogni legati a specifiche condizioni proprie o dei propri familiari (ad esempio salute, invecchiamento o disabilità).

Dal Rapporto emerge che nel 2018 il 7,7% della popolazione tra i 18 e i 64 anni (oltre 2 milioni e 800 mila persone) ha assistito regolarmente figli o altri parenti poiché malati, disabili o anziani. Inoltre, quasi 650 mila sopportano un carico ancora maggiore dovendosi prendere cura contemporaneamente anche dei figli (minori di 15 anni). La responsabilità delle cure grava prevalentemente sulle donne. Mediamente il 35% delle persone occupate che ha responsabilità di cura dichiara di avere difficoltà nella conciliazione con il lavoro. Questa percentuale sale a poco più del 40% tra coloro che si fanno carico dei bisogni sia dei figli minori sia di altri familiari in difficoltà.

Questi primi dati sulla conciliazione tra lavoro e responsabilità di cura potrebbero apparire non particolarmente scoraggianti, ma la rilevazione su cui si basano i dati coglie solo uno degli aspetti della problematica più generale legata all’assistenza.

Il sistema di welfare italiano continua a fondarsi prevalentemente sui trasferimenti monetari e su una rete di aiuti offerti dai familiari (conviventi e non) piuttosto che dalle istituzioni.

Nel 2018 tre quarti della spesa delle Amministrazioni pubbliche per prestazioni sociali è stata assorbita dai trasferimenti in denaro, prevalentemente pensioni; dunque, alle prestazioni in natura (es. istruzione, sanità) è stato destinato soltanto il 25%.

L’erogazione dei servizi, seppur residuale in termini di spesa impegnata, si inserisce all’interno di uno scenario ben più articolato che incide sulla vita degli individui e delle famiglie in modi differenti. Per offrire un quadro più dettagliato utilizzeremo le informazioni raccolte tramite il modulo dedicato all’accesso ai servizi, nell’ambito della rilevazione It-Silc del 2016, che focalizza l’attenzione sull’istruzione, l’assistenza sanitaria e l’assistenza domiciliare professionale (per ulteriori dettagli si può consultare questo documento).

Noi ci concentreremo esclusivamente sugli aspetti legati all’assistenza sanitaria e a quella domiciliare mettendo in risalto le problematiche che gli individui o le famiglie devono fronteggiare (per approfondimenti si può consultare il Rapporto Annuale Istat, 2019).

Un primo segnale non molto confortante emerge dal confronto europeo: nel 2016, nell’Unione Europea il 29% delle persone ha avuto difficoltà a sostenere i costi per i servizi sanitari sia pubblici sia privati (si considerano, ad esempio le visite, i trattamenti e i farmaci prescritti, le prestazioni dentistiche). Il quadro dei diversi paesi membri presenta forti eterogeneità: i valori più alti si hanno in Grecia (90%), Ungheria (74%) e Cipro (72%) e quelli più bassi in Germania, Regno Unito e Finlandia (rispettivamente 15, 14 e 13%). In questo scenario l’Italia si colloca al sesto posto tra i paesi con maggiori difficoltà con un valore del 56%, ben 27 punti percentuali al di sopra della media europea (Figura 1).

Figura 1. Quota di persone che sostengono spese per visite e cure mediche per difficoltà (a)- Anno 2016 (valori percentuali)

Osservando più da vicino il contesto italiano (nel seguito si farà riferimento non più agli individui ma alle famiglie) emerge che per l’utilizzo dei servizi sanitari il 60,4% (circa 15,2 milioni) delle famiglie ha sostenuto delle spese, e tra di esse il 62% le ha affrontate con difficoltà. Le maggiori difficoltà si osservano (Figura 2), nei primi due quinti di reddito (77,9 e 75,5% rispettivamente), nelle famiglie con tre o più minori (70,0%), nelle famiglie con stranieri (74,9%). Difficoltà relativamente più contenute si registrano nelle famiglie con uno o due anziani (rispettivamente 66,7 e 64,9%), presumibilmente grazie alle agevolazioni (esenzioni e altro) per l’accesso a visite e cure mediche previste per questa categoria di popolazione.

 

Figura 2. Quota di famiglie che sostengono spese per visite e cure mediche con difficoltà per quinti di reddito- Anno 2016 (valori percentuali)

Queste evidenze inducono a riflettere sulla relazione tra necessità delle famiglie e offerta di servizi sanitari. La sanità, pur rimanendo una prestazione a carattere universalistico, ha visto mutare in modo considerevole la sua governance nel corso degli anni. Il nuovo assetto gestionale del sistema sanitario, che vede protagoniste le Regioni, ha determinato, nelle varie aree, livelli di offerta differenti in rapporto ai bisogni delle famiglie. Poiché le esigenze sanitarie sono per loro natura pressoché incomprimibili, la differente capacità reddituale delle famiglie diventa un fattore discriminante nella possibilità di affrontare i bisogni legati alla salute.

Questa relazione trova conferma osservando, su base regionale, il reddito medio equivalente familiare e la difficoltà nel sostenere spese per visite o cure mediche (Figura 3), dove i valori sono centrati sulla media italiana: nelle regioni del Sud e nelle Isole (in particolare in Molise, Sardegna e Campania) i redditi sono inferiori e le difficoltà nell’affrontare i bisogni sanitari sono superiori alle rispettive medie. Di contro, nelle famiglie del Nord, dove i redditi sono più elevati, la quota di famiglie in difficoltà si riduce sensibilmente rispetto alla media italiana. Lazio e Marche, cioè due regioni con redditi familiari leggermente sopra la media, evidenziano difficoltà maggiori – seppur di poco – nel fare ricorso a cure mediche. Tale situazione potrebbe essere ricondotta, almeno in parte, alla stessa governance del sistema sanitario; il riferimento è, ad esempio, alla presenza, ormai decennale, di un commissario ad acta per la sanità nella regione Lazio.

Figura 3. Quota di famiglie che dichiarano di affrontare con difficoltà spese e cure mediche in relazione al reddito familiare medio equivalente – Anno 2016 (valori assoluti in migliaia di euro e percentuali)

Considerando il continuo invecchiamento della popolazione italiana, si può prevedere che negli anni a venire in una quota crescente di famiglie ci saranno componenti con problemi di salute di lunga durata.

Nel 2016, il 9,8% delle famiglie ha dichiarato di avere bisogno di assistenza per un componente con problemi di salute di lunga durata; tra queste il 6,2% ha sostenuto un costo per l’assistenza domiciliare professionale di tipo sanitario-infermieristico, quasi sempre fronteggiato con difficoltà (84,6%).

Tra le famiglie che esprimono un bisogno di assistenza, il 14,1% riceve assistenza domiciliare professionale, a pagamento o meno. Tuttavia, mentre sono le famiglie del Centro a ricevere maggiore assistenza, il maggior bisogno non soddisfatto si concentra nel Mezzogiorno (35,6%, Figura 4).

Figura 4. Quota di famiglie che dichiarano la presenza di almeno un componente con problemi di salute di lunga durata per fruizione dei servizi di assistenza – Anno 2016 (valori percentuali)

Un dato di particolare interesse, sul quale ritorneremo, è quello relativo alla percentuale di famiglie che dichiarano di non volere ricevere servizi di assistenza; tale percentuale è particolarmente elevata al Nord e al Centro (rispettivamente 63,1 e 61,3%).

Tra le famiglie che non ricevono assistenza domiciliare ma vorrebbero riceverla, la motivazione prevalente è legata alle condizioni economiche al Centro (50,4%) e all’indisponibilità dei servizi al Nord (33,1) (Figura 5).

Figura 5. Quota di famiglie che dichiarano la presenza di almeno un componente con problemi di salute di lunga durata che non ricevono assistenza per motivo di mancata fruizione – Anno 2016 (valori percentuali)

Dove le famiglie necessitano di servizi per soddisfare i bisogni essenziali a essere penalizzate sono le fasce economicamente più deboli (i primi due quinti della distribuzione dei redditi), le famiglie residenti nelle regioni meridionali, e quelle con tre o più minori o con stranieri.

Come detto, particolare attenzione merita la quota rilevante di famiglie che, pur dichiarando di avere un familiare con problemi di salute ,affermano di non voler ricevere assistenza. Una prima possibile spiegazione di questa preferenza potrebbe consistere nella propensione a fronteggiare i propri bisogni attraverso il supporto di reti di aiuto informali, che spesso consistono nel ricorso a familiari, invece che a forme di assistenza specializzata di tipo sanitario-infermieristico o, ancora, nell’inadeguatezza dell’offerta o più semplicemente nella preferenza per aiuti monetari, con cui soddisfare poi i relativi bisogni, rispetto ai servizi. Tuttavia, le informazioni disponibili nell’indagine (It-silc) non consentono di vagliare tali ipotesi.

Analogamente andrebbe valutato il motivo per cui un numero non irrilevante di occupati dichiara l’assenza di difficoltà nella conciliazione con l’orario lavorativo. Ciò potrebbe dipendere dalla presenza di regimi orari flessibili.

Quali siano in definitiva le reali motivazioni rimane comunque un interrogativo che meriterebbe maggiori approfondimenti, e ciò sarebbe di grande aiuto per una definizione più accurata delle politiche di assistenza nel loro complesso.

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