La scuola & Libera: esperienze di educazione all’economia legale

Elena Paparella dà conto di una pluralità di attività e progetti diretti a diffondere la cultura della legalità nelle scuole di cui si è fatta promotrice Libera. Nel commentare queste esperienze Paparella ne mette in luce il rapporto con l’obiettivo di realizzare una scuola aperta, intesa anche come laboratorio di educazione alla cittadinanza, enunciato nel ddl di riforma della scuola e suggerisce che un’attenta considerazione di queste esperienze potrebbe essere di aiuto al legislatore per meglio specificare gli obiettivi da perseguire.

Lasciamoci solo per un attimo trasportare dall’assonanza del nostro titolo e chiediamoci: la scuola è libera? Forse si, se si intende per libertà la manifestazione di un’anima indomita di una grande parte del mondo della scuola nel nostro Paese, che resiste e opera attraverso e in parallelo – e nonostante – le variopinte riforme che si susseguono, per preservare alcuni tratti virtuosi di un modello di scuola che negli anni ha fatto dell’inclusione, della partecipazione e dell’interazione con il territorio, alcuni degli obiettivi primari della formazione (cfr. Rossi-Doria e Tosoni in questo numero, e Salazar e Gabriele sul numero 23 del Menabò). E nel far questo, non ha mai temuto sceriffi, né valutazioni, consapevole del fatto che i “nemici” sono ben altri, e di ben altra forza, e che gli strumenti per combatterli passano attraverso un’idea di scuola come comunità entro la quale sviluppare un senso di appartenenza, quasi una protezione per i più deboli e i più esposti, e svolgere un esercizio di preparazione ai “diritti e doveri” che sono alla base della convivenza civile e dello status di cittadini.

Com’è noto, da alcuni anni l’associazione Libera fondata da Don Luigi Ciotti è fortemente impegnata anche sul fronte della formazione – scuola, università, territori – con una serie di attività e progetti volti alla diffusione della cultura della legalità, che vedono coinvolti studenti, giovani e gruppi associativi. Ecco solo alcune delle attività promosse da Libera in vari ambiti e livelli di formazione: attività di animazione territoriale, animatori della legalità, seminari di formazione nazionali, seminari di approfondimento sulle giornate della memoria e dell’impegno, “In Festa contro le mafie”, premio nazionale Pio La Torre, “Libera la natura”, progetti con minori dell’area penale, seminari e master universitari, Quaderni di Libera a narcomafie.

A giudicare dal numero delle iniziative e dai dati forniti da Libera, sembrerebbe quindi che il principio fondante della “scuola aperta a tutti” di cui all’art. 34, 1c. Cost., trovi più che mai attuazione nell’esperienza di scuole che aprono le loro porte ad associazioni ed istituzioni per un’interazione volta ad esperienze formative dirette specificamente all’ “economia legale”.

Su questi temi Unioncamere e Libera, in occasione del “Forum PA 2015” (26° Mostra Convegno dell’innovazione nella Pubblica Amministrazione e nei Sistemi territoriali), hanno di recente organizzato un seminario su “Reti e progetti per un’economia legale, trasparente e responsabile”, nell’ambito del quale uno dei temi dei tavoli di lavoro era per l’appunto focalizzato su “L’educazione scolastica e l’accompagnamento dei giovani all’economia legale”.

Ciascuna delle storie raccontate e scambiate intorno al tavolo meriterebbe un’attenzione specifica e approfondita, ne riportiamo qui qualcuna.

La dott.ssa Giuliana Passero, componente del Consiglio di Presidenza della Giustizia tributaria, impegnata in progetti con le scuole per l’educazione alla legalità fiscale ha sottolineato come i maggiori ostacoli siano prevalentemente di natura culturale, per quello che riguarda un’adeguata consapevolezza della funzione tributaria, nonché degli strumenti di tutela dei diritti. Uno dei principali dati di partenza per la strutturazione dei progetti è la mancata conoscenza, da parte di moltissimi cittadini, dell’esistenza di un giudice dei tributi. I progetti sono rivolti ad accrescere proprio le cognizioni sugli strumenti di tutela, in un rapporto tra fisco e contribuente di cui si vuole dare conto nella sua interezza, spiegando, per l’appunto, che esiste anche il momento della tutela giurisdizionale. Per questo, con la Guardia di Finanza vengono organizzati progetti “scuola/territorio” soprattutto con istituti superiori di ragioneria e tecnica, istituti tecnico-commerciali, istituti psico-pedagogici, con lezioni tenute da giudici tributari, esponenti della guardia di finanza, docenti universitari. Alla fine del corso è spesso organizzato un processo simulato. Le regioni coinvolte sono Calabria, Puglia, Piemonte, Toscana. Gli studenti sono incoraggiati ad uscire dalle scuole per partecipare a convegni e a progetti-ponte che attribuiscono anche crediti per le università.

Il dott. Sergio Mazzei e il dott. Antonio Campanella dell’Agenzia delle Entrate hanno illustrato i contenuti di progetti per le scuole, che coinvolgono in alcuni casi anche il Miur, ancora una volta miranti ad una crescita culturale che vada nel senso di educare al dovere di pagare le tasse. I principali temi sono: a) la trasparenza della destinazione delle risorse drenate con la contribuzione, di cui vi è generalmente scarsissima cognizione, b) l’approfondimento e il rafforzamento del concetto di redistribuzione, non sempre evidente.

Un altro terreno dell’azione educativa è quello della lotta alla corruzione attraverso modalità di discussione e informazione. Contestualmente si persegue il contrasto alla corruzione interna nell’Agenzia delle Entrate, uno degli strumenti principali introdotti a tal fine è la possibilità fornita a funzionari e impiegati di denunciare i colleghi. In un anno si sono avute 54 segnalazioni e di recente è stato commemorato un funzionario dell’agenzia delle Entrate ucciso a Foggia perché denunciava i colleghi. Tutto ciò ha naturalmente un grande impatto, soprattutto sui giovani.

Eliana Giannone (Libera – Politiche giovanili) ha riportato l’esperienza delle cooperative istituite per il recupero dei beni confiscati, che rientra nei progetti educativi delle scuole di sei regioni (Puglia, Calabria, Campania, Sicilia, Marche, Veneto) e in quello della Scuola Nazionale sui beni confiscati organizzata a Torino per il prossimo mese di luglio. L’obiettivo principale perseguito nei progetti pedagogici è quello di far crescere nei giovani l’autonomia necessaria per sganciarsi dai mercati illegali.

Massimiliano Conti (Responsabile XI Divisione del Corpo Forestale dello Stato) ha dato conto dei progetti per le scuole gestiti dal Corpo Forestale dello Stato insieme alle associazioni Libera, WWF, Alipu e Legambiente per l’educazione alla legalità ambientale e agroalimentare, orientati ad attività educative di prossimità che si ritiene debbano necessariamente affiancare le attività repressive. Ad esempio a Palermo è stato avviato un progetto – “Piantiamola!” – rivolto alla sensibilizzazione ambientale in quartieri e scuole disagiate, dove per tentare di scoraggiare il diffuso vandalismo negli ambienti scolastici, i ragazzi sono stati condotti nei vivai a scegliere le piante che avrebbero dovuto ornare gli spazi delle loro scuole.

Giovanna Boggio Robutti della “Fondazione all’educazione finanziaria e al risparmio”, ha illustrato le finalità dei progetti strutturati per le scuole dell’infanzia e primarie, sull’uso consapevole del denaro a partire da un’informazione adeguata.

Infine, tra le esperienze a livello dell’Università, la professoressa Stefania Pellegrini, filosofa del diritto dell’Università di Bologna, che tiene un corso su mafia e antimafia e dirige un master sulla gestione dei beni confiscati, ha messo in risalto l’importanza particolare dei contenuti e del metodo, nel senso di favorire un approccio anche empirico con testimonianze di protagonisti delle pratiche contro l’illegalità e con dati provenienti da fonti ufficiali. Anche per questo, nel master molte lezioni sono tenute non da docenti, ma da professionisti, in particolare da rappresentanti dei corpi di polizia, che illustrano le modalità di strutturazione delle indagini, e da amministratori locali impegnati nella riutilizzazione dei beni confiscati.
Alla luce di tutto questo, appare alquanto significativo di una presa in carico istituzionale, che l’art. 1, 1 c. del testo del ddl su “Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti” attualmente all’esame del Senato (AS-1934, 5/06/2015), espliciti l’obiettivo della “piena attuazione dell’autonomia delle istituzioni scolastiche” come funzionale alla realizzazione di una serie di finalità che il disegno di legge persegue, tra le quali “realizzare una scuola aperta, quale laboratorio permanente di ricerca, sperimentazione e innovazione didattica, di partecipazione e di educazione alla cittadinanza”; all’art. 1, 2c. si fa anche menzione di un “collegamento con il contesto territoriale” e di un’ “apertura della comunità scolastica al territorio con il pieno coinvolgimento delle istituzioni e delle realtà locali”.

Quanto delineato tra gli obiettivi del ddl sembrerebbe solo in parte riprendere esperienze già in atto da anni, come quelle appena esposte. Le associazioni e le istituzioni impegnate sul fronte dell’educazione scolastica all’economia legale rimandano immagini di impegno e di esperienze concrete, la cui ricchezza e creatività dovrebbe forse essere fonte di ulteriore ispirazione per il legislatore.

Inoltre, l’ “autoimprenditorialità” come competenza che la nuova e “buona” scuola si ritiene debba acquisire, dovrebbe essere volta a realizzare un collegamento alla realtà imprenditoriale territoriale, anche se è difficilmente immaginabile che l’azienda esaurisca tutto il mondo esistente fuori dalla scuola. Purtroppo, infatti, i “contesti territoriali” del nostro Paese si presentano con caratteri molto disomogenei, e in molti casi esiste una terra di nessuno non solo socio-economica, ma spesso anche socio-culturale, tra la scuola e il lavoro che è proprio il posto dove è necessario che arrivi la consapevolezza dei diritti, il valore civico dell’adempimento del dovere di pagare le tasse, l’educazione all’uso dei propri risparmi, alla autonomia di scelte alternative rispetto a quella dell’illegalità.

Tutto questo va ben oltre un’idea di collegamento con il territorio conforme esclusivamente al modello dei “percorsi alternanza scuola-lavoro”, di cui all’art. 4 del ddl. Tale obiettivo, di per sé, è più che auspicabile, ma di fatto non esaurisce il perimetro delle dinamiche – che nel nostro paese si presentano più complicate che in altri – legate alla corruzione e alle pratiche mafiose, oltre che alle zone grigie del clientelismo e dei favoritismi. Queste ultime, purtroppo, sono percepite – o direttamente sperimentate – come “quasi normali” dalla maggior parte dei giovani (cfr. sul n. 3 del Menabò, il sondaggio sulla corruzione tra gli studenti della Facoltà di Economia della Sapienza, e De Giovanni sullo stesso numero), ad ulteriore riprova di una cultura dei diritti estremamente deficitaria.

Per ora, quindi, sembra che le migliori notizie arrivino più che altro dall’aerea di esperienze concrete – qui solo sommariamente illustrate – indubbiamente meritevoli di essere sostenute sul piano istituzionale, anche attraverso l’adeguamento e la migliore specificazione degli obiettivi predisposti dal legislatore. Forse un’azione in tal senso non è poi tanto più impegnativa che far sbocciare gerani nelle scuole dello Zen, a Palermo.

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