La sconfitta di Berlino

Lo sport italiano è morto? La domanda è legittima dopo la catastrofe di Berlino: nessuno medaglia nei campionati mondiali 2009 e nessun concorrente italiano in pista nel giorno conclusivo. E’ il più triste risultato mai conseguito dall’Italia. Segno di un decadimento che non è solo culturale e che non può non preoccupare quanti non hanno dimenticato che cosa abbia significato per lo sviluppo di un’etica e di una civiltà – quella ellenica. Ma non solo – la pratica dell’atletica accanto allo  studio delle lettere e della filosofia o che cosa ancora signififichi in Cina e per la Cina la pratica dei movimenti armoniosi del corpo che unisce in alcuni momenti del giorno giovani e vecchi.
Che di questa sconfitta clamorosa non abbia finora risposto nessuno, né un ministro e neppure i responsabili della federazione e del CONI, aggrava la vergogna e la rabbia. E porta anche a riflettere sulla profondità della crisi che stiamo vivendo. Altro che ripresa! Qui l’Italia sta scivolando  sempre più in basso per il rifiuto a prendere atto cha dalla crisi si esce solo modificando le scelte che hanno portato l’Occidente e l’Italia a scambiare la felicità della persona umana e la sua affermazione con il numero di milioni di euro che un gruppo sempre più ristretto di cittadini guadagna derubando tutti gli altri.
Questa è la  triste realtà che l’incerto  lievitare delle borse finanziarie, a fronte della discesa del numero delle imprese e dei lavoratori occupati, marca ogni giorno con un’evidenza sconosciuta in passato.Si dirà che la crisi investe anche i paesi che hanno vinto a Berlino. Certamente; ma non è un caso che in questi campionati
siano con forza avanzati Paesi in via di sviluppo che stanno faticosamente cercando di non ripetere i nostri errori, non ultimo in Italia quello di avere affidato il governo della repubblica esattamente ad un esponente di quella esigua minoranza che sfrutta tutti gli altri. Sono paesi che cercano una loro identità e che in questa ricerca
commettono anche dolorosi sbagli. Ma sono  paesi in cui esiste ancora un senso del collettivo e in cui la vittoria di uno si trasforma ancora in vittoria del collettivo di cui si fa parte. Non è stato così anche da noi per la vittoria lontana di Berruti?
Ci auguriamo che la sconfitta italiana – che la Rai ha di fatto ignorato- induca molti ad una riflessione. E che docenti di tutti i livelli scolastici, cui sono affidati i nostri figli,sappiano guidare in questa riflessione soprattutto i più giovani. La corruzione del consumismo da wanton comincia ormai a colpire anche i giovanissimi e non può essere ulteriormente ignorata. Basta guardare le nostre spiagge. Stanno scomparendo anche i campetti di pallavolo. E, se ci fate caso, sono pochissimi quelli che praticano il nuoto. In città è la stessa cosa. Alcuni vecchi gruppi sportivi si sono trasformati in circoli elettorali e il massimo dello sport è andare a vedere giocare professionisti milionari,
si tratti di calcio o di rugby. Resistono in provincia alcune tradizioni, anche se non radicate come negli USA o Regno Unito, ma se non ci diamo da fare moriranno anch’esse. Cosi’come sta morendo il Centro nazionale atletico di Formia.

Schede e storico autori