La riforma delle tasse secondo Tremonti

Il tema delle tasse, ignorato per lungo tempo si è improvvisamente imposto a livello di  governo (cioè a livello del duo Berlusconi-Bossi che, con la scusa dei vertici, sostituisce da tempo il consiglio dei ministri) e, ovviamente della stampa. Il dibattito, come ormai accade da tempo in Italia, è partito male, ristretto da taluno a come reperire quattro miliardi di euro necessari per rientrare nei limiti di tolleranza europea del debito pubblico, e, in ogni caso non come aspetto delle misure necessarie alla ripresa, ma come obbligo burocratico. E si è frammentato e disperso in un gioco astratto di ipotesi e indiscrezioni. Ciò che lo ha caratterizzato è stato in ogni caso  il totale silenzio sull’asse portante della annunciata riforma, sull’equità o meno delle misure che si prospettano. Come se fosse la stessa cosa togliere un milione a chi ne ha un miliardo di euro e cento euro a chi ne guadagna mille. O come se il problema posto all’Italia fosse quello di ridurre le tasse a tutti, con gravi conseguenze sul deficit, e non quello di operare una riconversione del sistema tributario a favore dei poveri e a carico dei ricchi, attuata in modo da accrescere l’entrata complessiva dell’erario e, da ridurre  di conseguenza, il deficit.
Poi come sempre accade, fin dai tempi di Ricardo, il dibattito ha finito per concentrarsi sull’ipotesi di affiancare alle imposte sul reddito una imposta sui patrimoni; e’ stato infatti ricordato che basterebbe una patrimoniale leggera – aliquota 0,1 per mille – per garantire al ministro Tremonti i miliardi di cui ha bisogno per ridurre rapidamente il deficit. In Italia, in verità il sistema tributario ha bisogno non di una tantum ma di una riforma ampia che riequilibri imposte dirette e imposte indirette e modifichi il carico a favore della classe dei 1000 euro mensili, ma conoscendo il quadro politico e le nostre abitudini il rischio che la “grande riforma” si riduca alla proposta una tantum di Abete è un rischio reale. Per questo conviene sorvegliare il corso della proposta….questo è quanto pensavamo fino a ieri. Poi, improvvisamente l’arcano nascosto sotto il ronzare dei giornalisti si è rotto e Tremonti ha ricondotto le cose a ciò che lui ha deciso senza evidentemente informare né Berluscooni né Bossi,e ciò che ha deciso è che non ci sarà alcuna riforma tributaria ma solo una revisione dell’Irpef al fine di combattere meglio l’evasione fiscale. Cosi nascono e muoiono in Italia il ponte più lungo del mondo, le centrali nucleari e la giustizia fiscale.
Signori giornalisti, riponete pure negli scaffali i manuali di Luigi Einaudi che i più colti tra voi erano andati a ricercare.  La riforma non è più all’ordine del giorno. Al massimo si ridurrà il numero delle aliquote dell’Irpef il che significa che per alcuni l’Irpef aumenterà.

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