La redistribuzione del reddito nei Paesi OCSE: misure e tendenze

Teresa Barbieri analizza un recente studio dell’OCSE nel quale viene proposta un’accurata valutazione della portata dell’intervento pubblico in ambito redistributivo. Barbieri sintetizza i principali risultati che emergono dallo studio e in particolare le tendenza generalizzata verso un declinante ruolo redistributivo delle imposte e dei trasferimenti. Nelle conclusioni Barbieri invita a riflettere anche sull’importanza di misure volte non soltanto alla redistribuzione del reddito, ma anche alla cosiddetta “pre-distribuzione”.

Nel corso degli ultimi decenni, nei paesi avanzati, si è registrata una forte crescita dei livelli di disuguaglianza dei redditi di mercato, con implicazioni rilevanti per il funzionamento del sistema economico e sociale. Con il termine “redistribuzione” si intende la riduzione del livello di disuguaglianza dei redditi familiari di mercato ottenuta tramite imposte e trasferimenti volti a far confluire risorse dalle famiglie più ricche a quelle meno ricche.

In un recente studio dell’OCSE (O.Causa, M. Hermansen “Income redistribution through taxes and transfers across OECD countries”, OECD Economics Department Working Papers, No. 1453, 2017) prendendo in considerazione i principali paesi avanzati a partire dagli anni Novanta, viene proposta un’attenta valutazione dell’impatto redistributivo di trasferimenti pubblici monetari, imposizione fiscale e imposizione contributiva.

Una prima valutazione sull’entità della redistribuzione può essere effettuata considerando il ruolo dei trasferimenti monetari come forma di supporto per le famiglie a basso reddito. Nella figura 1 sono riportate le quote dei trasferimenti ricevuti al netto delle imposte sul reddito personale e dei contributi sociali versati dalle famiglie calcolate in diversi punti della distribuzione del reddito.

Si può notare che, in media, nei paesi OCSE le famiglie che si trovano nel decile più basso della distribuzione ricevono trasferimenti di un valore superiore alla metà del loro reddito disponibile ma, al tempo stesso, versano il 20 percento di quest’ultimo al fisco. Come appena rilevato, questo è, tuttavia, un risultato medio che nasconde sostanziali differenze tra Paesi nell’entità della tassazione a carico delle famiglie nella coda bassa della distribuzione del reddito. Ad esempio, in Danimarca e Germania le famiglie del primo decile di reddito ricevono trasferimenti al netto delle imposte per un ammontare pari al 50 percento del reddito, ma in Danimarca trasferimenti e imposte ammontano rispettivamente al 75 e al 25 percento, mentre in Germania le quote sono del 60 e del 10 percento.

Al fine di quantificare puntualmente l’effetto redistributivo di imposte e trasferimenti viene messa a confronto, tramite il coefficiente di Gini, la disuguaglianza nel reddito familiare prima e dopo l’intervento pubblico, ossia viene calcolata la differenza tra il coefficiente di Gini nei redditi di mercato e il coefficiente nei redditi disponibili. Per una maggiore chiarezza, nella prima colonna della tabella 1 sono specificati i concetti di reddito familiare e le sue componenti, mentre nella seconda colonna sono riportate le misure di disuguaglianza che consentano di quantificare la redistribuzione.

L’effetto redistributivo di imposte e trasferimenti varia molto tra diversi paesi, anche tra quelli che presentano livelli simili di disuguaglianza di mercato (figura 2, panel B): il coefficiente di Gini calcolato sui redditi di mercato si attesta a un valore del 38 percento in Norvegia e Giappone ma, nel primo paese il Gini scende al 27 percento dopo l’intervento pubblico, mentre nel secondo si ferma al 32 percento. Considerazioni simili valgono per Spagna e Stati Uniti: sebbene entrambi i Paesi partano da livelli simili di disuguaglianza, la redistribuzione è molto più forte nel Paese iberico. Trasferimenti pubblici monetari, imposte e contributi sociali mitigano un quarto della disuguaglianza di mercato (figura 2, panel A). Se però si va oltre il risultato medio emerge una forte eterogeneità tra paesi: ad esempio, la disuguaglianza viene ridotta del 40 percento in Irlanda, ma soltanto del 5 percento in Cile.

Nel complesso, nel corso degli ultimi due decenni, il potere redistributivo di imposte e trasferimenti si è indebolito nella maggior parte dei Paesi considerati. Questo declino si è in parte arrestato con la crisi del 2008, a seguito della quale sono entrati in azione stabilizzatori automatici e sono stati attuati interventi discrezionali di natura fiscale. Tra il 2010 e il 2014, tuttavia, il declino dell’effetto redistributivo di imposte e trasferimenti ha ripreso il suo corso. L’indebolimento della redistribuzione è stato particolarmente pronunciato nel Nord Europa. Ad esempio, nel 1995 in Svezia imposte e trasferimenti riducevano le disuguaglianze di mercato di oltre il 40 percento. Nei due decenni seguenti quest’effetto redistributivo si è ridotto di 15 punti percentuali, raggiungendo i livelli di Regno Unito e Australia.

Al fine di valutare il livello e la portata della redistribuzione rispetto a differenti gruppi di reddito, l’Ocse mette anche a confronto la distribuzione delle quote di reddito tra i diversi quintili prima e dopo l’operare di imposte e trasferimenti (figura 3). Le famiglie vengono dunque disposte in ordine crescente in base al loro reddito e divise in cinque gruppi di uguale dimensione. Le famiglie sono poi ulteriormente distinte in famiglie ad alto reddito (ultimo quintile), a reddito medio (tre quintili centrali) e a basso reddito (primo quintile). Ad esempio, in Danimarca, nel 2013, prendendo in considerazione le famiglie a basso reddito, la differenza tra la quota di reddito disponibile e la quota di reddito di mercato è pari a 7 punti percentuali. Le famiglie a basso reddito detengono, infatti, il 2,7 percento del reddito di mercato ma, una volta considerato l’impatto redistributivo di imposte e trasferimenti, tale quota sale al 9,6 percento. Nello stesso Paese, se si guarda al segmento di famiglie più ricco, poiché con la redistribuzione diminuisce la sua quota di reddito detenuta, si ottiene una differenza negativa di oltre 7,2 punti percentuali. In generale, sono le famiglie ad alto reddito del Nord Europa a subire di più gli effetti della redistribuzione mentre, in modo speculare, le famiglie meno ricche ottengono i miglioramenti più consistenti, con differenze tra quota di reddito familiare disponibile e quota di reddito familiare di mercato che si attestano su valori superiori ai 6 punti percentuali.

Nei Paesi nordici, in particolare, le famiglie a basso reddito ottengono miglioramenti sensibilmente maggiori rispetto alle famiglie a reddito medio. Al contrario, In Israele, Stati Uniti, Italia, Spagna e Grecia, il guadagno ottenuto con la distribuzione è in proporzione uguale, o addirittura minore, rispetto a quello ottenuto dalle famiglie dei quintili centrali. La classe media, in quasi tutti i Paesi considerati, migliora la propria posizione economica, sebbene non ovunque con cambiamenti significativi. In Danimarca, ad esempio, il cambiamento della quota di reddito per le famiglie a basso reddito si compensa con quello delle famiglie del quintile più alto della distribuzione, con un miglioramento netto per la classe media prossimo allo zero.

Invece, se si considera l’evoluzione nel tempo dell’effetto redistributivo di imposte e trasferimenti, nel corso degli ultimi due decenni, è stato il 20 percento più povero delle famiglie a perdere di più. Questo è un risultato medio, valido per tutti i Paesi considerati eccetto che per Grecia, Irlanda, Spagna e Portogallo dove l’incremento del tasso di disoccupazione ha portato all’adozione di misure di sostegno al reddito indirizzate al segmento più povero della popolazione. In Italia, eccetto il top 20 percento, tutte le famiglie hanno perso a causa dei cambiamenti nella redistribuzione, specialmente le più indigenti.

Decomponendo l’effetto redistributivo di imposte, contributi e trasferimenti, risulta che tre quarti della riduzione della disuguaglianza di reddito è dovuta ai trasferimenti monetari. La tassazione sul reddito personale riveste un ruolo importante solo nei paesi dove l’intervento pubblico in ambito redistributivo è comunque relativamente limitato: Giappone, Corea, Israele e Stati Uniti. In particolare, il declino del potere redistributivo di imposte e trasferimenti è dovuto proprio all’indebolimento del ruolo dei trasferimenti monetari. In media, nei Paesi OCSE l’effetto redistributivo dei trasferimenti è diminuito di 3 punti percentuali nel corso degli ultimi due decenni.

In conclusione, i risultati del lavoro dell’OCSE qui riassunti e analizzati mostrano una diffusa riduzione del ruolo dell’intervento pubblico nella redistribuzione del reddito, sia in media sia per un discreto numero dei paesi e tale riduzione è da attribuire in particolar modo al declino del ruolo dei trasferimenti monetari. Secondo gli autori del lavoro, le ragioni che possono concorrere a spiegare questo declino nella redistribuzione sono molteplici. Ad esempio, gli ultimi decenni sono stati accompagnati dalla forte crescita di forme di lavoro non- standard e precario che non beneficiano delle tradizionali coperture assicurative. Dinanzi a una così forte crescita delle disuguaglianze economiche, preso atto della portata della riduzione della redistribuzione effettuata tramite imposte e trasferimenti, appare importante riflettere su tutti i possibili interventi in grado di agire sui processi che portano alla formazione dei redditi di mercato, ossia su misure di “pre-distribuzione”.

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