La povertà energetica in Italia: rincari energetici e scenari futuri

Massimo Aprea si occupa di povertà energetica in Italia. Dopo aver presentato l'indicatore recentemente adottato dal Governo, presenta i risultati di una simulazione sulle conseguenze dei rincari del 2021 e di quelli previsti per il 2022 sulla povertà energetica e sulla quota di Reddito di Cittadinanza assorbita dalla spesa energetica delle famiglie. I principali risultati sono che l'incidenza della povertà energetica è molto sensibile al prezzo dei beni e servizi energetici e la spesa energetica assorbe una quota rilevante del RdC.

La povertà energetica è un fenomeno dalle conseguenze sociali estremamente rilevanti. Studiato dai primi anni 1990 nel modo anglosassone, questo concetto ha ricevuto relativamente poca attenzione nel nostro Paese (fanno eccezione i lavori di Faiella e Lavecchia, tra cui “La povertà energetica in Italia”, Politica Economica, 2015) ed ha assunto grande rilievo in seguito alla recente impennata dei costi del gas.

In queste note ci poniamo due obiettivi fondamentali. Il primo è approfondire il concetto di povertà energetica, presentando l’indicatore utilizzato in Italia per la sua misurazione. Il secondo è quello di discutere, attraverso un esercizio di simulazione, da un lato, il ruolo del reddito di cittadinanza (RdC) nella prevenzione del fenomeno e, dall’altro, il possibile effetto dei rincari dei beni e servizi energetici. Le elaborazioni che presentiamo sono state rese possibili dalla disponibilità di un dataset unico a livello nazionale (AD-HBS) che registra congiuntamente informazioni su redditi e spesa per consumi di un campione rappresentativo della popolazione italiana (descritto più ampiamente nella Relazione BES 2021 e nel Menabò).

Il concetto di povertà energetica. Nei paesi avanzati, dove le infrastrutture di distribuzione sono ben sviluppate e l’accesso fisico ai beni energetici è garantito alla quasi totalità della popolazione, il concetto di povertà energetica indica una condizione per cui acquistare un paniere di beni e servizi energetici essenziali comporta una distrazione eccessiva di risorse familiari. Questa idea è alla base della prima definizione del fenomeno, proposta da Brenda Broadman nel libro Fuel Poverty: From Cold Homes to Affordable Warmth del 1991, secondo cui le famiglie in povertà energetica erano quelle che spendevano per beni e servizi energetici più del 10% del reddito familiare. Il 10% era infatti la quota di reddito che il 30% più povero delle famiglie destinava alla spesa per tali beni; una quota di spesa superiore si poteva perciò considerare “eccessiva”.

Come spesso accade nell’ambito della misurazione della povertà, tuttavia, il diavolo si trova nei dettagli e tradurre questa definizione generale in un indicatore specifico è tutt’altro che semplice. Per determinare ampiezza e caratteristiche del gruppo di famiglie in povertà energetica sono infatti necessarie numerose assunzioni. In particolare, a quale variabile va commisurata la spesa energetica – il reddito o la spesa complessiva per consumi? È corretto definire la soglia per individuare la spesa “eccessiva” facendo riferimento a un valore assoluto (ad es. il 10% della Broadman) o è preferibile un valore relativo (es. 2 volte la mediana)? Quali spese energetiche si devono considerare? È meglio fare ricorso a indicatori oggettivi, che misurano la difficoltà di accesso ad un paniere essenziale di beni energetici, o a indicatori soggettivi, che fanno riferimento ad una condizione di disagio auto-percepita?

Discutere nel dettaglio il ruolo e gli effetti di queste assunzioni va ben oltre lo scopo di queste note. Appare tuttavia utile ricordare che, essendo in qualche modo fondative del concetto di povertà energetica, queste assunzioni devono essere sempre esplicitate con chiarezza. Prima di passare alla simulazione degli effetti dei rincari energetici e del ruolo del RdC nel contrastare la povertà energetica, occorre descrivere in dettaglio l’indicatore usato nel nostro Paese.

Nell’ambito della Strategia Energetica Nazionale del 2017, il Governo italiano ha adottato l’indicatore ideato da Faiella e Lavecchia (2015) in base al quale una famiglia è in povertà energetica se si verifica almeno una delle due seguenti condizioni:

  1. Spende per beni e servizi energetici una quota della spesa totale per consumi maggiore del doppio della quota media della popolazione e, allo stesso tempo, finirebbe sotto la soglia della povertà relativa se si sottraesse la spesa energetica dalla spesa totale.
  2. Ha una spesa nulla per riscaldamento e, allo stesso tempo, una spesa complessiva equivalente inferiore a quella mediana della popolazione.

Quello adottato a livello nazionale è dunque un indicatore oggettivo di povertà energetica appartenente alla categoria dei cosiddetti indicatori Low Income – High Costs di tipo anglosassone con due correzioni che tengono conto della specificità del contesto italiano: da un lato, vengono considerate in povertà energetica le famiglie che hanno una spesa nulla per riscaldamento (una quota non trascurabile nel nostro Paese); dall’altro, la variabile a cui viene commisurata la spesa energetica non è il reddito ma la spesa per consumi (come misurata dall’Indagine sulle Spese delle famiglie dell’Istat). Quest’ultima è infatti la variabile in base alla quale l’Istat stima la povertà relativa (nonché quella assoluta). Infine, il valore soglia che indentifica una spesa “eccessiva” è individuato con un approccio relativo, e precisamente come quota della spesa totale destinata a beni energetici (che non deve superare il doppio della quota media).

In base a tale indicatore le famiglie in povertà energetica nel nostro Paese erano l’8,5% nel 2019 e l’8,0% nel 2020; inoltre, in entrambi gli anni circa l’80% delle famiglie in povertà energetica apparteneva ai due decili più bassi della distribuzione della spesa familiare equivalente.

Povertà energetica, rincari e RdC: un esercizio di microsimulazione. Cerchiamo ora di rispondere a due gruppi di domande di grande rilevanza ma finora relativamente inesplorate facendo riferimento al campione 2020 del nostro dataset AD-HBS:

  1. Come varia la quota della spesa complessiva dedicata ai beni e servizi energetici in base al decile di spesa equivalente di appartenenza? E quale potrebbe essere, l’effetto su spesa e povertà energetica degli attuali rincari?
  2. Che porzione del RdC, strumento essenziale di sostegno per ampie fasce della popolazione, viene assorbita dalla spesa e, di conseguenza, dai possibili rincari energetici?

L’idea di base della microsimulazione statica è quella ottenere una stima dell’impatto della variabile di interesse confrontando uno scenario controfattuale con quello reale. Prima di mostrare i nostri risultati, è dunque fondamentale chiarire le assunzioni che abbiamo adottato per costruire il nostro scenario.

  1. La spesa energetica è la somma di spese per elettricità e riscaldamento. Il rincaro dei beni energetici nel 2021 e 2022 viene simulato moltiplicando le singole categorie di spesa (elettricità e riscaldamento) a livello familiare per un coefficiente dato dalla media aritmetica delle variazioni congiunturali dei beni energetici calcolate dall’Istat. Per il 2022 si fa riferimento ai mesi di gennaio e febbraio. L’inflazione energetica calcolata per il 2021 è del 16,8% mentre quella ipotizzata, in base all’andamento di gennaio e febbraio per il 2022 è dei 64,7%.
  2. Se non altrimenti specificato, si assume che la spesa totale non aumenti in seguito ai rincari dei beni energetici (in pratica si sostituiscono beni non energetici con beni energetici, le cui necessità di consumo sono, dunque, ipotizzate come incomprimibili).
  3. Il RdC viene speso interamente nel mese in cui viene ricevuto (un’ipotesi senza dubbio estrema ma plausibile data l’architettura della misura) ed esso non influenza le quantità di beni energetici consumati.

La Figura 1 mostra un primo risultato importante: in termini relativi, le famiglie più povere (quelle nei decili più bassi della distribuzione della spesa complessiva equivalente) spendono in beni e servizi energetici una quota molto maggiore delle proprie risorse rispetto alle famiglie più ricche: nel 2020 (scenario base) le famiglie più ricche hanno speso meno del 4% per elettricità e riscaldamento, le più povere (primo decile) oltre l’8%. È inoltre molto interessante notare come i rincari energetici del 2021 e quelli ipotizzati per il 2022 acuiscano profondamente tale diseguaglianza. Prendendo in considerazione i rincari estremi del 2022, la quota delle famiglie più povere arriverebbe a toccare il 14%, mentre quella delle famiglie più ricche si fermerebbe poco sopra al 5%.

Tabella 1: Quota della spesa energetica complessiva per decile dispeso equivalenti, diversi scenari

Essendo la quota delle spese energetiche sulla spesa totale un elemento centrale della misurazione della povertà energetica in Italia, è facile intuire che, data la dinamica presentata in Figura 1, anche quest’ultima risentirà fortemente dei rincari energetici. A tal proposito, partendo dal dato effettivo di un’incidenza della povertà energetica dell’8%, la Tabella 1 mostra che nel 2020 quest’ultima sarebbe stata rispettivamente di 0.2 e 1 punto percentuale più elevata qualora ci fossero stati rincari come quelli del 2021 o quelli ipotizzati per il 2022 (il numero di famiglie in povertà energetica sarebbe stato superiore di circa 250mila unità nello scenario più sfavorevole).

Tabella 1: Povertà energetica e quota di RdC assorbita dai rincari, diversi scenari

Un altro aspetto molto interessante che emerge dalla Tabella 1 è il rapporto tra spese energetiche e importo del RdC. Mentre nel 2020 per le famiglie contemporaneamente beneficiarie del RdC e in povertà energetica (quasi il 26% delle famiglie beneficiarie), le spese energetiche assorbivano poco più del 16% del RdC, tale quota sarebbe stata ben superiore al 25% in presenza di rincari record come quelli ipotizzati per il 2022. In altre parole, nello scenario rincari 2022, i maggiori costi di elettricità e riscaldamento assorbirebbero oltre il 10% del RdC – il cui importo e soglie di accesso non si aggiustano automaticamente all’inflazione.

In conclusione, i rincari energetici previsti per il prossimo futuro pongono un serio problema politico di incidenza della povertà energetica, oltre che di possibile aggravamento di forme di deprivazione materiale. Il recente azzeramento degli oneri di sistema (d.l. 130/2021) va sicuramente nella giusta direzione ma è opportuno concepire e predisporre una strategia di più ampio respiro.

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