La madre

Pier Paolo Pasolini più volte fece affermazioni che lasciano pochi dubbi sul fatto che la figura più importante per lui, nella vita come nel pensiero, sia stata sua madre. Pubblichiamo qui Supplica a mia madre, una sua intensissima Poesia in forma di rosa, come recita il titolo del libro in cui comparve originariamente negli anni Sessanta.

E chiudiamo con la figura più importante nella esistenza, nella vita come nel pensiero, di Pasolini:  la madre.

Ogni volta che mi chiedono di raccontare qualcosa su mia madre, di ricordare qualcosa su di lei, è sempre la stessa immagine che mi viene in mente. Siamo a Sacile, nella primavera del 1929 o del 1931, mamma ed io camminiamo per il sentiero di un prato abbastanza fuori dal paese; siamo soli, completamente soli. Intorno a noi ci sono i cespugli appena ingemmati, ma con l’aspetto ancora invernale; anche gli alberi sono nudi, e, attraverso le distese dei tronchi neri, si intravedono in fondo le montagne azzurre. Ma le primule sono già nate. Ciò mi dà una gioia infinita che anche adesso, mentre ne parlo, mi soffoca. Stringo forte il braccio di mia madre e affondo la guancia nella povera pelliccia che essa indossa: in quella pelliccia sento il profumo della primavera, un miscuglio di gelo e di tepore, di fango odoroso e di fiori ancora inodori, di casa e di campagna. Questo odore della povera pelliccia di mia madre è l’odore della mia vita.

(Pier Paolo Pasolini in Vita di Pasolini di Enzo Siciliano, Rizzoli)

 

Supplica a mia madre

È difficile dire con parole di figlio

Ciò a cui nel cuore ben poco assomiglio.

Tu sei la sola al mondo che sa, del mio cuore,

ciò che è stato sempre, prima di ogni altro amore.

Per questo devo dirti ciò ch’è orrendo conoscere:

è dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia.

Sei insostituibile. Per questo è dannata

alla solitudine la vita che mi hai data.

E non voglio essere solo. Ho un’infinita fame

d’amore, dell’amore di corpi senza anima.

Perché l’anima è in te, sei tu, ma tu

sei mia madre e il tuo amore è la mia schiavitù:

ho passato l’infanzia schiavo di questo senso

alto, irrimediabile, di un impegno immenso.

Era l’unico modo di sentire la vita,

l’unica tinta, l’unica forma: ora è finita.

Sopravviviamo: ed è la confusione

di una vita rinata fuori dalla ragione.

Ti supplico, ah, ti supplico: non voler morire.

Sono qui, solo, con te, in un futuro aprile…

(Pier Paolo Pasolini, In Poesia in forma di rosa)

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