La macroeconomia ai tempi del coronavirus: approcci alternativi al problema del debito pubblico

Teodoro Dario Togati analizza come la crisi pandemica, e la crescita del debito pubblico in particolare, vengono interpretati in tre approcci alternativi: quello neoclassico standard, quello ‘new Keynesian’ e quello più vicino a Keynes. Per confrontarli, Togati usa una metafora, quella del ‘Viaggio di Ulisse verso Itaca’, di cui illustra il potere interpretativo. La sua conclusione è che la lettura della crisi proposta dai primi due approcci equivale a un’interpretazione ‘parziale’ dell’Odissea, che non riconosce pienamente il ruolo di Ulisse.

In questo articolo, analizzo come la crisi, e il debito pubblico in particolare, vengano interpretati da tre approcci macroeconomici alternativi: l‘approccio neoclassico standard, quello ‘new Keynesian’ e quello più vicino a Keynes. Per confrontarli, ricorrerò alla metafora del ‘Viaggio di Ulisse verso Itaca’ (cfr. Togati in Cambridge Journal of Economics, 2020).

Tale metafora appare utile per chiarire che Keynes – a differenza della teoria standard dell’equilibrio economico generale basata su una visione ‘unificante’ del processo economico – distingue due aspetti dell’attività macroeconomica, entrambi da considerare ‘normali’: i) le decisioni ‘critiche’ relative alla domanda di beni, cioè su quanto investire, consumare o quanta liquidità detenere; ii) le decisioni di ‘routine’ su quanto produrre o quali beni acquistare con una data somma di denaro. A questi due tipi di decisioni corrispondono due diverse ‘strutture’ del sistema economico: una è l’’Economia di Itaca’ dove si prendono le decisioni di routine (in particolare, Penelope è il simbolo del paziente lavoro artigianale; i Proci quello di banchieri e imprese più grandi); l’altra è l’’Economia del Viaggio’ dove vengono prese le decisioni critiche. In particolare, Ulisse è il simbolo degli imprenditori che cercano di ‘sconfiggere le forze oscure dell’ignoranza’ per investire, e il suo equipaggio il simbolo dei consumatori che decidono quanto consumare. Gli Dei sono invece i policymaker ‘globali’, ad es. banchieri centrali o governi dei paesi leader, che cercano alla fine di garantire il buon esito del Viaggio.

Una importante implicazione di questo approccio dualistico è la dimensione persistente del ‘Viaggio’: come il viaggio di Ulisse è l’evento irrinunciabile dell’Odissea e rappresenta un’esperienza turbolenta e avventurosa, che tende a ripetersi (l’ eroe dopo essere tornato a casa, riparte), così l’Economia del Viaggio è l’oggetto fondamentale della TG ed esprime bene l’idea di Keynes di un’economia monetaria strutturalmente complessa e internamente instabile.

Usando tale metafora, i tre approcci sono etichettabili rispettivamente come ‘La Macroeconomia delle Leggi Naturali di Itaca’, ‘La Macroeconomia dei Pompieri di Itaca’ e ‘La Macroeconomia di Ulisse’. Per ovvie ragioni di spazio mi limito ad individuare alcuni autori ‘rappresentativi’ di queste tre posizioni.

La Macroeconomia delle Leggi Naturali di Itaca. Si può denominare così l’approccio neoclassico standard – si veda ad es. Cochrane (The Grumpy Economist Blog, Aprile 2020) – perché ritiene che il benessere di Itaca non dipenda dal Viaggio di Ulisse (cioè dal livello della domanda di beni), ma dai ‘fondamentali’ (preferenze, risorse, tecnologia), che determinano l’offerta di beni e il reddito dell’isola, producendo risultati ottimali (la piena occupazione), grazie al funzionamento di inesorabili ‘leggi naturali’, come prezzi flessibili e agenti che perseguono il proprio tornaconto. Secondo tale approccio, il virus rappresenta uno shock inevitabile (al quale nemmeno Zeus può opporsi) dal lato dell’offerta, che innesca un crollo della produzione dovuto alla riduzione dell’offerta di lavoro. L’economia raggiungerà un nuovo equilibrio (sempre di piena occupazione), ma la popolazione di Itaca sarà impoverita (subisce una perdita di reddito permanente).

Sebbene riconosca che i consumatori possano non spendere per qualche tempo, Cochrane non dubita che le sole forze di mercato siano in grado di guidare il sistema nella transizione verso il nuovo equilibrio (innescando aggiustamenti intersettoriali di lavoro e capitale, con alcuni agenti che falliscono, ma altri che sfruttano nuove opportunità). Ciò significa che nessun intervento speciale degli Dei – sotto forma di politiche Keynesiane della domanda – è davvero necessario. Cochrane sottolinea in particolare che maggiore spesa pubblica minaccia la stabilità dell’economia perché inevitabilmente finanziata in deficit e quindi con debito pubblico, che è ‘cattivo’ per vari motivi: lo spiazzamento della spesa privata, l’aumento della spesa statale per interessi, l’inflazione e il moral hazard per cui il debito viene soprattutto usato per operazioni di salvataggio (bail out) di alcune grandi imprese, con effetti distorsivi sul mercato (incentivi ‘sbagliati’, indebolimento della concorrenza e della percezione del rischio inerente nel meccanismo del mercato, ecc.). Nella nostra metafora, i bail out favoriscono i Proci, che succhiano le risorse di Ulisse e Penelope.

Per la verità, Cochrane non esclude del tutto interventi di bail out in deficit, ma li considera utili soltanto su scala ridotta per addolcire la dura transizione verso il nuovo equilibrio, in cui molti agenti falliscono e si crea disordine sui mercati. Ma non è certo così soft l’approccio seguito oggi dagli Dei; i loro interventi di bail out sono su vasta scala e renderanno i Proci più drogati e aggressivi verso Penelope.

La Macroeconomia dei Pompieri di Itaca. L’approccio ‘new Keynesian’ – si veda ad es. Wyplosz e Alesina e Giavazzi (in Baldwin e Weder di Mauro Mitigating the COVID crisis, 2020) – è così etichettabile perché, pur credendo come Cochrane nell’esistenza di ‘leggi naturali’ e dunque nell’irrilevanza del Viaggio di Ulisse per il benessere di Itaca, ritiene che il virus abbia creato sull’isola una situazione eccezionale, simile allo scoppio di un Grande Incendio. Dunque, è possibile che per un certo periodo le leggi naturali non valgano; in particolare, come previsto da Keynes, le variabili della domanda aggregata possono giocare un ruolo ‘autonomo’ rispetto ai ‘fondamentali’ di Itaca cosicchè il reddito dell’isola sia determinato non dalle condizioni dell’offerta, come previsto dall’approccio standard, ma da quelle della domanda.

Infatti, secondo questa impostazione, il virus è uno shock che colpisce non solo il lato dell’offerta, ma anche quello della domanda di Itaca e, proprio come un incendio, genera un ‘panico’ diffuso, che paralizza le decisioni di spesa. Pertanto, la produzione si riduce non solo perché alcuni lavoratori perdono il posto (effetto di offerta), ma anche perché coloro che non perdono il posto non spendono come pima (effetto autonomo di domanda).

A differenza di Cochrane, per questi autori l’intervento degli Dei è necessario, non soltanto per addolcire la transizione verso un nuovo equilibrio che sarebbe raggiunto comunque, ma anche per estinguere, facendo ‘whatever it takes’, il fuoco che minaccia la sopravvivenza di Itaca. In particolare, le regole fiscali devono essere sospese e le banche centrali –proprio come i pompieri— devono creare la liquidità che permetta di finanziare i pesanti deficit pubblici necessari a sostenere la domanda, senza preoccuparsi troppo di effetti collaterali, come le distorsioni connesse al fenomeno del moral hazard descritte prima. Dunque, importa poco che i Proci diventino più ricchi e arroganti se i bail out servono ad evitare il collasso totale dell’economia dell’isola.

Tuttavia, proprio come un incendio non dura per sempre, anche la crisi ad un certo punto finirà, anche per effetto delle misure adottate. E dopo? Secondo i new Keynesian, la crisi non abolisce le leggi ‘naturali’ dell’economia (inclusa quella per cui prima o poi l’eccezionale creazione di moneta genererà inflazione), ma le sospende soltanto temporaneamente. Per evitare crisi del debito sovrano, i governi dovranno allora reintrodurre le regole fiscali e ridurre l’extra-debito accumulato, attraverso adeguati piani di austerità.

La Macroeconomia di Ulisse. Denomino così l’approccio degli economisti più vicini a Keynes – si veda ad es. Tooze (The Guardian, 27 Aprile, 2020) – perché esso lega strettamente il benessere di Itaca all’esito del Viaggio di Ulisse e respinge l’idea che vi siano stati ‘naturali’ verso cui Itaca tenderebbe a tornare dopo la crisi. Il virus rivela l’esistenza di un nuovo regime già in atto da tempo — in cui ad esempio non vi è un legame automatico tra creazione di moneta e inflazione come supposto dalla teoria standard — che richiede una revisione delle regole base di politica economica. Vediamo perché.

Tali economisti concordano con i new Keynesian che il virus colpisce simultaneamente il lato dell’offerta e della domanda, innescando un processo cumulativo che sfocia in una profonda recessione, ma se ne differenziano perché ritengono che il virus abbia indebolito la capacità del sistema di aggiustarsi ‘da solo’. In particolare, l’incertezza non è destinata a scomparire come il ‘panico’, una volta superata la fase più acuta della crisi. L’incertezza è una variabile ‘normale’ perché emerge da una vera ‘struttura’: cioè il Viaggio di Ulisse. Nella metafora, il virus può indebolire la capacità di aggiustamento del sistema in quanto — colpendo ad es. anche altre isole — ha reso il Viaggio più difficile.

Così si spiegano le importanti differenze di politica economica tra i due approcci: mentre per i new Keynesian, gli Dei devono creare liquidità per finanziare debito aggiuntivo, una volta per tutte, per estinguere il fuoco sull’isola, per questi economisti essi devono intervenire per evitare il naufragio della barca di Ulisse e consentirgli di ritornare a casa; il loro obiettivo non è riportare Itaca alle sue leggi naturali, ma il ripristino dell’atmosfera di ‘business as usual’ durante la navigazione. Su queste basi, essi recuperano una delle più importanti intuizioni di Keynes: cioè che il debito pubblico è sì cattivo, ma può essere ‘gestito’. Il punto è che il debito – al pari di altre importanti variabili macroeconomiche come il tasso d’interesse e il salario monetario — non è soggetto alle ferree leggi naturali di Itaca perché è un prodotto delle ‘convenzioni’ emerse durante il Viaggio. Così come non esiste per Keynes un tasso ‘naturale’ di interesse basato sui parametri di Itaca, allo stesso modo ciò che costituisce un livello di debito ‘sostenibile’ non è definibile in base a soglie o rapporti aritmetici ‘magici’ o ottimali (ad es. 90% del PIL, come sostenuto dagli economisti Reinhart e Rogoff) derivanti da impostazioni teoriche ‘a priori’. La sostenibilità dipende in particolare dagli ‘incontri’ fatti durante il Viaggio – ad esempio con ‘mostri’ come la speculazione – e da altri ‘parametri’, come la capacità negoziale di Ulisse, la sua abilità nel convincere gli interlocutori che il debito è ‘buono’ —cioè utilizzato per scopi produttivi o per finalità collettive ad esempio l’istruzione piuttosto che per soddisfare gli appetiti dei Proci — oppure che, quando ci si trova di fronte a shock comuni (come il virus), che colpiscono tutte le isole, la migliore risposta è che fare fronte comune e cooperare.

Se tutto ciò è vero, una volta passata la fase acuta della crisi, a Itaca non ci sarà un ‘naturale’ incremento dell’inflazione e neppure un ritorno automatico alla vita normale pre-crisi (che rende necessaria un’austerità post-crisi) come previsto dagli altri due approcci, ma piuttosto l’inizio di una fase autenticamente ‘New Normal’, caratterizzata da maggiore pragmatismo nella gestione del debito (ad es. per stabilizzarlo piuttosto che ridurlo velocemente a qualche livello ‘ottimale’).

In conclusione. La metafora di Ulisse consente di individuare tre diverse prospettive macroeconomiche sulla pandemia, che si differenziano su un punto fondamentale: se sia opportuno o meno che gli Dei si oppongano ad essa, con le loro politiche della domanda ultra espansive. La metafora permette di stabilire un nesso tra la plausibilità della risposta a questa domanda e la corretta interpretazione dell’Odissea.

Da un lato, si può considerare l’approccio neoclassico come una paradossale interpretazione del testo omerico in cui Ulisse non gioca alcun ruolo. Esso ritiene infatti l’intervento degli Dei per salvare Ulisse molto pericoloso sia perché cerca di contrastare il nuovo equilibrio ‘naturale’ di Itaca – a cui essa tende a portarsi indipendentemente da Ulisse – finendo con il turbare i fragili meccanismi del mercato (i soldi alla fine finiscono ai Proci), sia perché pone le basi per una crisi del debito sovrano senza precedenti.

Dall’altro, i Keynesiani in generale ritengono tale intervento inevitabile per salvare il sistema dal collasso. Ma mentre alcuni (i new Keynesian) lo considerano eccezionale e necessario per spegnere l’incendio divampato sull’isola e riportarla al suo funzionamento ‘naturale’ (in questa prospettiva, Ulisse al suo ritorno si dovrebbe limitare a dare una mano ai pompieri), altri invece, maggiormente in sintonia con la visione di Keynes-Omero, ritengono che l’intervento degli Dei se da un lato aiuta Ulisse a tornare a casa, per quanto malconcio e pieno di debiti, dall’altro non implica che Itaca sia destinata a tornare ad uno stato ‘naturale’, indipendente da Ulisse. Infatti, una volta ristabilitosi, l’eroe non si lascerà fagocitare dalla vita dell’isola, ma ripartirà per un Viaggio completamente nuovo non solo per soddisfare la sua perenne sete di conoscenza, ma anche per stringere nuovi accordi e alleanze che agevoleranno la gestione del debito.

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