La geografia della mobilità intergenerazionale: evidenze e possibili meccanismi

Francesco Bloise si occupa delle differenze geografiche nella mobilità intergenerazionale all’interno di singoli paesi. Dopo aver mostrato che il grado di mobilità intergenerazionale varia molto tra un’area geografica e l’altra in paesi molto diversi come gli Stati Uniti, il Canada e l’Italia, Bloise sottolinea che le divergenze geografiche nella mobilità intergenerazionale possono dipendere da numerose meccanismi, che potrebbero anche interagire tra di loro e la cui conoscenza può essere importante per definire migliori politiche di contrasto del fenomeno.

A partire dall’inizio degli anni ‘90, e con un interesse sempre crescente nel tempo, gli economisti hanno posto a confronto i livelli di mobilità intergenerazionale nei diversi Paesi stimando il grado di persistenza dei redditi o della ricchezza tra una generazione e la successiva: nei Paesi in cui è più alta (bassa) l’associazione tra lo status economico dei genitori e quello dei figli si può dire che è più bassa (alta) la mobilità intergenerazionale[1].

Le stime della mobilità intergenerazionale sono state successivamente utilizzate per ottenere un ranking in grado di suggerire in quali Paesi le persone provenienti da un background familiare sfavorevole hanno più possibilità di affrancarsi dalla loro condizione economica di partenza e dove, invece, la persistenza della condizione di partenza prefigura una trappola economica che fatica ad affievolirsi passando da una generazione alla successiva. In questo senso, guardando alle stime dell’associazione tra i redditi dei genitori e i redditi dei figli presentate nella Tabella 1 si può dire che, tra i Paesi ad alto reddito, gli Stati Uniti, il Regno Unito e l’Italia sono quelli con il più basso grado di mobilità intergenerazionale. Al contrario, i Paesi Nordeuropei e il Canada sono quelli in cui la persistenza intergenerazionale è relativamente più bassa e la mobilità intergenerazionale più alta.

 

Invece, in anni più recenti, a partire dai risultati pubblicati nel pluricitato articolo di R. Chetty et al. (“Where is the land of opportunity? The geography of intergenerational mobility in the United States”, The Quarterly Journal of Economics, 2014), la mobilità intergenerazionale è stata misurata con riferimento a aree geografiche sempre più piccole. In particolare, Chetty et. al., focalizzandosi sugli Stati Uniti, hanno mostrato che mondi radicalmente diversi in termini di mobilità intergenerazionale possono coesistere all’interno di uno stesso Paese. Lavori più recenti, in particolare di un gruppo di ricercatori e policy maker di Harvard, forniscono stime precise della mobilità a livello di area metropolitana per gli Stati Uniti. Ad esempio, la probabilità che un ragazzo, una volta adulto, raggiunga il quintile più alto della distribuzione nazionale dei redditi provenendo da una famiglia nel quintile più basso della distribuzione è estremamente bassa nelle aree metropolitane del sud-est, mentre negli Stati centrali o occidentali è sensibilmente più alta (Figura 1). Ad esempio, nell’area metropolitana di Atlanta, tale probabilità è inferiore al 5% mentre si avvicina al 13% nell’area metropolitana di San Jose, sulla West Coast.

 

Si potrebbe pensare che le differenze geografiche in termini di mobilità intergenerazionale evidenziate nella mappa in Figura 1 siano un caso peculiare, visto che gli Stati Uniti sono un Paese geograficamente molto esteso e con notevoli differenze demografiche, razziali, socioculturali e nei livelli di disuguaglianza. Invece, il recente lavoro di M. Corak (The Canadian Geography of Intergenerational Income Mobility, The Economic Journal, 2019) ha mostrato che anche in un Paese come il Canada, caratterizzato da relativamente alta mobilità intergenerazionale e bassa disuguaglianza dei redditi, le differenze tra un’area ed un’altra sono molto rilevanti (Figura 2). Infatti, se in alcune aeree del Canada la mappa della mobilità intergenerazionale mostra che la probabilità di raggiungere il quintile più alto della distribuzione dei redditi provenendo da una famiglia nel quintile più basso della distribuzione è addirittura inferiore al 2.5%, in altre aree, quelle in verde nella mappa, la mobilità verso l’alto è estremamente alta raggiungendo e superando in alcuni casi il 20%.

 

Cosa è possibile dire delle differenze geografiche nella mobilità intergenerazionale in Italia? Sfortunatamente l’assenza di dati appropriati per misurare questo fenomeno ad un livello di disaggregazione geografica elevato non consente di produrre una mappa completa delle differenze per area metropolitana o comune. Tuttavia, due lavori recenti di P. Acciari et al. (’And yet, it moves’: intergenerational mobility in Italy. Working Paper 25732, National Bureau of Economic Research, 2019) e T. Barbieri et al. (Intergenerational earnings inequality: new evidence from Italy. Review of Income and Wealth, 2019) hanno mostrato che, anche il nostro Paese è caratterizzato da differenze di mobilità intergenerazionale elevate tra province o macroaree diverse, con il Sud che risulta essere purtroppo fanalino di coda anche nella mobilità intergenerazionale.

Un aspetto importante riguarda le motivazioni delle differenze di mobilità intergenerazionale all’interno di un singolo Paese. Senza voler ipotizzare possibili relazioni di causa ed effetto, difficili da identificare, da diverse evidenze empiriche recenti riguardanti gli Stati Uniti emerge che un’area con un basso grado di mobilità intergenerazionale presenta le seguenti 5 caratteristiche principali:

  1. Alta segregazione razziale
  2. Alta disuguaglianza e polarizzazione del reddito
  3. Bassa qualità del sistema educativo: bassi livelli di spesa in istruzione e classi di numerosità più elevata.
  4. Alta presenza di famiglie con genitori single
  5. Bassi livelli di capitale sociale

Sicuramente alcuni di questi meccanismi possono risultare ovvii per spiegare le differenze geografiche della mobilità intergenerazionale, soprattutto in un Paese come gli Stati Uniti caratterizzato da forti divergenze nella qualità del sistema educativo e nella composizione della popolazione tra diverse aree metropolitane. In particolare, essendo il sistema educativo statunitense prevalentemente privato, è facile pensare che le famiglie più ricche siano concentrate in aree nelle quali è più facile per i loro figli iscriversi alle scuole e alle università più prestigiose, in grado di aumentare vertiginosamente la probabilità di avere accesso, una volta adulti, alle occupazioni meglio remunerate.

L’investimento in istruzione è sicuramente uno dei canali maggiormente utilizzati per spiegare i livelli di persistenza intergenerazionale dei redditi, ma ognuno dei meccanismi alla base della mobilità intergenerazionale può interagire con un altro tipo di mobilità, quella geografica. Si pensi, ad esempio, ad un ragazzo proveniente da una famiglia a basso reddito che si trova casualmente a nascere e crescere in un’area a basso reddito, caratterizzata da una qualità non sufficientemente elevata delle istituzioni, del capitale sociale e delle scuole. Non avendo le necessarie risorse per migrare in un’area diversa per frequentare un’università di buona qualità, si troverà costretto in un circolo vizioso caratterizzato da basse risorse familiari, cattivi network e livelli non adeguati di istruzione, soprattutto nel caso in cui l’operatore pubblico non metta a disposizione risorse specifiche per accrescere le opportunità dei soggetti economicamente svantaggiati. L’esito finale sarà che, con buona probabilità, il ragazzo di cui sopra avrà accesso, nel migliore dei casi, soltanto ad un’occupazione a basso reddito. Si potrebbe parlare, in questo caso, di trappola intergenerazionale della povertà.

Al contrario, un suo coetaneo ricco, nato nella stessa area a basso reddito e con le sue stesse capacità potenziali, potrà comunque avere la possibilità di spostarsi al momento giusto in un’altra area, e di accedere ad un’istruzione e a network migliori, in grado di valorizzare pienamente le sue potenzialità. Tale opportunità gli consentirà, con buona probabilità, di ottenere un’occupazione più stimolante e meglio retribuita. E’ evidente che se il ragazzo con un reddito familiare relativamente basso crescesse in un’area metropolitana a più alto reddito, più bassa disuguaglianza e con istituzioni di migliore qualità potrebbe anch’egli entrare a far parte di buoni network e frequentare scuole pubbliche di buona qualità, senza dover sostenere il costo della migrazione verso un’altra città o regione.

In conclusione, i recenti studi che hanno analizzato la mobilità intergenerazionale, hanno individuato notevoli differenze non soltanto tra un Paese ed un altro, ma anche tra diverse aree di uno stesso Paese. Questi risultati devono far riflettere attentamente sul fatto che nascere e crescere in un’area piuttosto che in un’altra può avere un’influenza determinante sulle prospettive economiche e di vita degli individui economicamente più svantaggiati. A tal proposito, un’analisi dei meccanismi alla base delle mobilità intergenerazionale appare necessaria, per approfondire e identificare gli aspetti che potrebbero avere un effetto causale sul fenomeno e, eventualmente, per individuare canali di influenza del background familiare sui risultati economici più complessi di quelli finora considerati. In particolare, l’interazione tra mobilità intergenerazionale e mobilità geografica potrebbe spiegare perché alcuni meccanismi alla base della mobilità intergenerazionale, come ad esempio l’investimento in istruzione, tendono ad avere maggiore incidenza in alcune aree relativamente svantaggiate, come il Sud Italia. Da ciò potrebbe trarre grande vantaggio il disegno delle politiche dirette a contrastare la trasmissione intergenerazionale della disuguaglianza.

[1]Solitamente per misurare l’associazione tra condizione economica dei genitori e quella dei figli si usa l’elasticità intergenerazionale del reddito, ottenuta utilizzando un modello di regressione lineare del logaritmo del reddito dei figli sul logaritmo del reddito dei genitori.

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