La crisi e i settori: le PMI

Dopo mesi di pessimismo totale iniziano ad arrivare elementi di ottimismo. L’indicatore Ocse sulla congiuntura registra per l’Italia un + 2 per cento in agosto rispetto al mese precedente e un +10,4 per cento rispetto ad agosto 2008. La produzione industriale, dopo cinque trimestri consecutivi di caduta, ha conosciuto, nel terzo trimestre di quest’anno, un rimbalzo. Nel corso dell’estate in effetti gran parte dei paesi avanzati sembra essere uscita dalla recessione.

Eppure i piccoli imprenditori sono in tumulto; le “partite iva” sono in rivolta; gli artigiani sono in gravissima preoccupazione; i commercianti sono molto pessimisti. Il Presidente della piccola impresa di Confindustria, lancia l’allarme che un milione di piccole imprese possa chiudere nell’arco di poche settimane. Nel commercio e nel turismo hanno chiuso 100.000 imprese in 9 mesi.

C’è contraddizione tra i segnali positivi e questo stato diffuso di preoccupazione nel mondo della piccola impresa?

Va detto che la recessione si è al momento fermata essenzialmente perché hanno iniziato ad avere effetto le gigantesche misure di stimolo messe in atto dai governi di tutti i paesi. Non si tratta ancora quindi di una ripresa spontanea dell’economia mondiale ma di un rimbalzo legato alle dosi massicce di spesa pubblica che i governi hanno immesso nel sistema nell’ultimo anno. Questo deve farci essere prudenti. Guai ad abbassare la guardia pensando che tutto sia risolto e poi scoprire che dietro l’angolo c’è una nuova caduta, una volta che gli stimoli pubblici hanno esaurito la loro spinta.

Secondo punto fermo, avevamo pensato, all’inizio, che questa fosse una crisi finanziaria, connessa all’eccesso di avidità della finanza anglo-sassone ma abbiamo rapidamente compreso che alla caduta della finanza ha fatto seguito la caduta del commercio mondiale e della domanda. Questo ha fatto sì che i Paesi più colpiti dalla crisi sono stati finora proprio quelli a maggiore vocazione manifatturiera come Germania, Giappone e Italia. Il crollo del commercio mondiale ha avviato un vasto processo di ristrutturazione dell’industria mondiale. Nulla sarà più come prima per l’industria italiana.

In questo scenario, i piccoli imprenditori sono rimasti stritolati, da un lato, perché le banche sono divenute molto più prudenti. E d’altro lato, perchè le piccole imprese non hanno la possibilità di ritardare i pagamenti o di strozzare i fornitori, come fanno invece le grandi imprese.

E’ evidente che per lungo tempo ci sarà un problema di scarsità di domanda: chi sostituirà il vorace consumatore americano nei prossimi anni?

E questa insufficienza della domanda già ora sta facendo venir fuori un drammatico problema di eccesso di capacità produttiva in molti settori, forse in tutti i settori.

Una questione cruciale è quella di come si può gestire questo problema di capacità in eccesso? Una strada è quella dura, fredda della selezione darwiniana messa in atto dal mercato. Ma il problema è che in questo momento gli altri Governi non stanno con le mani ferme e aiutano le loro imprese, piccole e medie, e se l’Italia resta ferma la selezione non è poi così darwiniana: non sopravvive necessariamente il più efficiente ma quello più “aiutato”.

In secondo luogo, è evidente che lasciare operare un simile meccanismo di selezione vuol dire perdere competenze accumulate con fatica in decenni, vuol dire impoverire il Paese di imprenditorialità, proprio nella fase storica in cui questo è il fattore più rilevante, vuol dire colpire i territori.

C’è un’altra strada – a mio avviso – quella di impostare subito un progetto o tanti progetti di riconversione e di favorire il cambiamento settoriale. Vi è poi la politica industriale della crescita dimensionale: le nostre imprese restano in generale troppo piccole per la strategia che si è delineata a livello mondiale.

Ma la vitalità di questo nostro Paese non è solo rappresentata dalle piccole imprese ma anche da un’altra forma di imprenditorialità, quella delle “partite iva”. Anche in questo caso stiamo assistendo a una vera e propria rivolta di questi piccoli imprenditori individuali di fronte all’eccessiva timidezza dell’azione di politica economica.

Ripeto la domanda: cosa vogliamo farne? Ci accontentiamo di registrare il dato che l’Italia ha una quota molto più alta di lavoratori autonomi quasi a segnalare una nostra anomalia e quindi ci rallegriamo se centinaia di migliaia di partite iva chiudendo finiranno per ridurre questa nostra diversità rispetto a Francia e Germania o vogliamo altro? Noi sentiamo che questo pezzo del Paese non è solo un’anomalia ma una risorsa. Ma è questo il momento di progettare una discontinuità nel nostro terziario. Dobbiamo favorire una grande modernizzazione dei nostri servizi facendo leva sulle capacità dei nostri professionisti, dei nostri tecnici con partita iva. Per affrontare con fiducia il mondo post-grande crisi l’economia italiana ha bisogno di più terziario, questo credo debba essere chiaro a tutti.  

Ma vi è di più.

I problemi delle piccole aziende non sono solo legati alla congiuntura. I piccoli imprenditori chiedono, da quindici anni almeno, di essere messi in condizione di poter competere ad armi pari con i concorrenti di altri paesi. Un sistema bancario meno pigro, più infrastrutture, una giustizia che operi in tempi ragionevoli, meno burocrazia, un fisco meno predatorio, sostegno all’innovazione, un sistema di promozione dell’export adeguato: ecco le questioni strutturali da risolvere e che oggi diventano davvero non più rinviabili.  

Nessuno ha avuto, finora, la determinazione di affrontare questo programma di riforme, neanche chi – come la Lega e il Centrodestra –  si era dichiarato paladino della piccola azienda e questo spiega la solitudine dei piccoli imprenditori.

E’ però il momento dell’azione e della costruzione di un vero patto tra lavoratori indipendenti (piccoli imprenditori e partite iva) e operai, nella consapevolezza che oggi o si trova una soluzione congiunta alla crisi o si va verso il tracollo di pezzi fondamentali del nostro sistema produttivo. 

Schede e storico autori