La corruzione, l’economia e il benessere. Quello che dicono i dati e perché dobbiamo preoccuparci.

Massimo Molinari e Simone Tedeschi hanno posto in relazione gli indicatori della corruzione con alcuni fenomeni di rilevanza economica e sociale e hanno stimato il loro grado di correlazione. Il segno sistematicamente negativo di queste correlazioni pone problemi interpretativi che i due autori affrontano brevemente nel loro intervento. Essi mettono anche in luce la peculiarità del rapporto tra corruzione e livello dei redditi in Italia, che può avere diverse spiegazioni, alcune delle quali ben poco tranquillizzanti.

L’obiettivo di questo articolo è presentare alcune semplici elaborazioni econometriche che possono consentire una valutazione preliminare di come la diffusione della corruzione sia legata a alcune grandezze socio-economiche.

L’indicatore della corruzione che useremo è il Corruption Perception Index (CPI) che, come si è argomentato nella nostra scheda in questo stesso numero del Menabò, è il più utilizzato per valutare la diffusione della corruzione. Il nostro scopo è mostrare, anche in comparazione internazionale, l’associazione che sussiste tra il CPI e alcune variabili economiche rilevanti sia dal punto di vista dell’efficienza che dell’equità [1. Le fonti di riferimento sono Transparency International, per l’indicatore di corruzione, World Bank e OECD per le variabili socio-economiche] .

E’ bene premettere che i grafici presentati di seguito mettono in evidenza semplici correlazioni statistiche che, anche se possono costituirne premessa, non implicano di per sé l’esistenza di alcuna relazione causale fra la diffusione della corruzione e le grandezze economiche in esame. Un’eventuale associazione di segno negativo fra grado di corruzione e livello del PIL, ad esempio, non implica in alcun modo che la diffusione della corruzione sia determinante causale del basso livello di sviluppo economico. Come noto, infatti, una correlazione (positiva o negativa) fra due variabili potrebbe discendere da un rapporto di causalità inversa (un basso livello di sviluppo economico crea la corruzione) o bidirezionale tra le due variabili (ognuna influenza l’altra) o persino dall’assenza di un rapporto causale diretto tra le due variabili che, invece, in alcuni casi, potrebbero essere congiuntamente determinate da fattori terzi (ad esempio, deboli istituzioni favorirebbero sia la diffusione della corruzione che la bassa crescita). In quest’ultimo caso, si osserverebbe, pertanto, una mera correlazione spuria.

La Figura 1 mostra la relazione (quadratica) tra CPI e PIL pro capite per 174 paesi del mondo. Si noti che il CPI è un indice inverso della corruzione e varia da 0 (alta corruzione) a 100 (bassa corruzione). Come si può notare, per livelli di reddito bassi (i PVS) e livelli di CPI sia bassi che medi il legame statistico sembra molto debole (la curva è grosso modo orizzontale) mentre per livelli di CPI medio-alti emerge una chiara correlazione positiva. Complessivamente, il grado di approssimazione della nuvola dei punti da parte della curva interpolante è piuttosto elevato, essendo il coefficiente di determinazione (R2 ) pari a 0.64 [2. Il coefficiente di determinazione, (più comunemente R2), rappresenta la quota di variabilità complessiva dei dati “spiegata” dal modello statistico utilizzato.].

Figura 1. Relazione tra PIL Pro-Capite e Corruption Perception Index
Figura 1. Relazione tra PIL Pro-Capite e Corruption Perception Index

Nella Figura 2 consideriamo una misura più ristretta di reddito [3. Questo indicatore si riferisce alla media annuale dei salari dei lavoratori dipendenti a tempo pieno.] e ci concentriamo (così come nelle stime successive) soltanto sui paesi OCSE che si trovano a uno stadio di sviluppo più avanzato e fra loro omogeneo. Tra CPI e questa misura del reddito emerge, nuovamente, una correlazione positiva.

La maggioranza degli studiosi sembra concordare su un’interpretazione di questa correlazione in cui la corruzione svolge un ruolo causale; pertanto il fatto che il reddito [PIL o reddito da lavoro (pro-capite)] cresca al crescere del CPI (cioè al cadere della percezione della corruzione) viene sostanzialmente ricondotto all’effetto negativo della corruzione sull’efficienza economica.

Figura 2. Relazione tra Redditi da lavoro e Corruption Perception Index
Figura 2. Relazione tra Redditi da lavoro e Corruption Perception Index

La direzione della causalità potrebbe, però, essere opposta. Infatti, alcuni ricercatori sostengono che prevenzione e lotta alla corruzione richiedono istituzioni di qualità. Poiché queste ultime sono costose sia economicamente sia in termini di capitale umano necessario al loro corretto funzionamento, soltanto i paesi ricchi se le potrebbero permettere e questo spiegherebbe l’associazione positiva tra PIL e CPI. Questa spiegazione alternativa è sicuramente condivisibile in astratto e contiene qualche elemento di verità; tuttavia, la storia di paesi come Hong Kong e Singapore mostra come sia possibile sviluppare efficaci politiche anti-corruzione anche in presenza di livelli di reddito molto bassi. D’altro canto, queste politiche hanno fortemente contribuito ad innescare il ciclo virtuoso che ha permesso il successivo sviluppo dei due paesi.

E’ interessante osservare che, con riferimento alla stima relativa al reddito da lavoro, l’Italia si colloca ben al di sopra della linea di regressione. Ciò sta ad indicare che il nostro paese è caratterizzato da un reddito da lavoro simile a quello di paesi che hanno un livello di corruzione percepita molto più basso del nostro (ad esempio, la Nuova Zelanda) e allo stesso tempo evidenzia un livello di corruzione percepita simile a quello di paesi con un reddito ben inferiore al nostro (ad esempio, il Brasile).

La correlazione osservata – pur con tutte le cautele imposte dalla difficoltà di stabilire se vi sia e che direzione abbia il nesso causale – potrebbe avere più interpretazioni, diverse anche per l’inquietudine che suscitano. Ci soffermeremo, qui, proprio sulle più preoccupanti. L’Italia potrebbe essere un paese in grado di convivere meglio di altri con un elevato livello di corruzione (percepita) perché da noi quest’ultima frena la crescita molto più debolmente che altrove (ad esempio il Brasile). Secondo una lettura ancora più allarmante, la corruzione potrebbe essere addirittura in grado di far crescere il reddito (si ricordi che ci riferiamo al reddito medio e non soltanto a quello di coloro che beneficiano della corruzione). Ovviamente senza ulteriori verifiche questa non è che un’ipotesi (preoccupante). Se fosse fondata, essa porterebbe a sostenere che l’Italia è particolarmente adatta a verificare quella che viene chiamata “greasing the wheels hypothesis” e cioè la possibilità che la corruzione in contesti in cui l’eccessiva burocrazia o il malfunzionamento delle istituzioni rischiano di ostacolare lo sviluppo, favorisca quest’ultimo consentendo di snellire le pratiche e fluidificando il funzionamento dell’economia. Anche se fosse così, si tratterebbe comunque di una soluzione di “second best”. La soluzione ottimale sarebbe quella di sviluppare istituzioni e regole efficienti e trasparenti in grado di sostenere invece che ostacolare la crescita economica.

A ben guardare il paradosso dell’Italia è che lo stadio di sviluppo, rappresentato dal livello del reddito, appare tale da consentire questa transizione verso un sistema con istituzioni efficienti e bassi livelli di corruzione che, peraltro, diversi paesi allo stesso stadio di sviluppo sembrano avere realizzato. L’incapacità di mettere in moto questo meccanismo virtuoso è, forse, il vero problema del nostro paese: potremmo esserci abituati a convivere con la corruzione, sviluppando un alto grado di resilienza, ma finendo anche in una sorta di trappola dalla quale non sembriamo avere la forza di liberarci. Come in altre situazioni di trappola, la soluzione probabilmente consiste in un forte shock esogeno. Con questo termine intendiamo fare riferimento, ad esempio, a un processo politico che introduca una rottura radicale con il passato, eventualmente azzerando alcuni organi e ricostruendoli ex-novo. Un caso in cui questo è accaduto è quello della Georgia, dove la polizia è stata ricostruita da zero.

Passando ad osservare la correlazione fra corruzione e altre dimensioni, non sorprende che la Figura 3 indichi una relazione negativa tra CPI e disoccupazione di lungo termine [4. Questo indicatore si riferisce al numero di persone che sono state disoccupate per un anno o più, espresso come percentuale della forza lavoro (la somma di occupati e disoccupati). Si definiscono disoccupate le persone che non lavorano ma che sono disposte a lavorare e sono alla ricerca attiva di una occupazione]. Posto che la direzione di causalità potrebbe essere, anche in questo caso, inversa, è ragionevole pensare che un alto livello di corruzione renda più difficile il possibile rientro nel mondo del lavoro. E’ da notare che l’Italia in questo caso si posiziona perfettamente sulla linea di regressione, cioè il suo livello di disoccupazione di lungo termine è esattamente quello che ci si aspetterebbe di osservare, data la relazione stimata tra le due variabili, al suo livello di corruzione.

Figura 3. Relazione tra disoccupazione di lungo periodo e Corruption Perception Index
Figura 3. Relazione tra disoccupazione di lungo periodo e Corruption Perception Index

La Figura 4 mostra invece come paesi ad alto tasso di corruzione (basso CPI) siano in media caratterizzati da un più alto grado di diseguaglianza (corrispondente ad un valore elevato dell’indice di Gini). In altre parole, le società più corrotte tendono ad essere anche le più diseguali. Le spiegazioni di tale relazione possono essere molteplici e i meccanismi causali non sono a priori univoci. Diversi studiosi hanno segnalato che la corruzione abbassa i proventi della tassazione, riduce, in generale, l’efficienza del sistema tributario e aumenta la dimensione del settore informale. Inoltre, essa aumenta il costo e abbassa la qualità dei beni pubblici prodotti. In alcuni casi l’investimento pubblico può addirittura aumentare, ma la sua qualità scende necessariamente. Peraltro, si osserva che quando la corruzione è alta si contrae l’investimento in settori strategici quali istruzione e sanità e, in generale, si ridimensionano i programmi sociali mentre si offre un sostegno maggiore ai settori più speculativi. La conseguenza di ciò è un aggravamento della disuguaglianza oltre che un insieme di poco desiderabili effetti sociali come il declino delle iscrizioni scolastiche o la riduzione della aspettativa di vita soprattutto per le fasce più deboli della popolazione.

Figura 4. Relazione tra indice di Gini del reddito disponibile e Corruption Perception Index
Figura 4. Relazione tra indice di Gini del reddito disponibile e Corruption Perception Index

Una società più diseguale potrebbe d’altra parte essere terreno fertile per comportamenti corruttivi. I canali possono essere molteplici: i ricchi possono offrire tangenti così alte da rendere molto difficile il loro rifiuto da parte dei potenziali beneficiari; d’altro canto, i poveri potrebbero essere costretti a pagare tangenti basse ma frequenti (anche in relazione alla diffusione dei burocrati corrotti) perché hanno poche opzioni alternative; ad esempio, al ridursi del reddito disponibile diventa sempre difficoltoso l’accesso ad un’istruzione privata per i figli, o la sostituzione del servizio sanitario con forme di sanità privata.

L’Italia si posiziona sotto la linea di regressione e ciò significa che è caratterizzata da un livello di diseguaglianza relativamente contenuto dato il livello di corruzione. Il dato potrebbe quindi essere interpretato in modo positivo se il meccanismo di causazione sottostante andasse dalla corruzione alla diseguaglianza. Tuttavia se fosse la diseguaglianza a determinare il livello di corruzione (causalità inversa), l’interpretazione del dato cambierebbe in senso negativo perché il nostro livello di diseguaglianza dovrebbe essere associato ad una corruzione sensibilmente più bassa di quella osservata.

Il grafico mostra infatti che la diseguaglianza in Italia è simile a quella registrata da paesi come il Portogallo e la Spagna ma questi ultimi hanno un livello di corruzione decisamente più basso del nostro.

L’ultimo grafico, mostra la correlazione tra CPI e un indicatore di soddisfazione generale o life satisfaction5 che va da zero (minima soddisfazione) a un massimo di dieci.

Figura 5. Relazione tra Life Satisfaction e Corruption Perception Index
Figura 5. Relazione tra Life Satisfaction e Corruption Perception Index

Ancora una volta la correlazione è chiaramente positiva, sia in termini di pendenza della retta interpolante che di R2 (pari a 0,54). In questo caso, entrambe le dimensioni a confronto sono proxy di percezioni soggettive e una di esse (la soddisfazione) dovrebbe rappresentare il criterio ultimo per valutare il funzionamento dell’economia, della società e delle istituzioni.
Dunque, la corruzione al di là dei suoi effetti in ambito più strettamente economico, sembra essere in conflitto con l’obiettivo di assicurare una vita considerata soddisfacente alla maggioranza delle persone. Questo dovrebbe essere sufficiente a considerarla un fenomeno da debellare, anche laddove i danni economici della corruzione non fossero immediatamente visibili.

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