La bassa crescita dei salari italiani

Le retribuzioni italiane rimangono molto indietro rispetto alle principali economie industriali avanzate e minori persino rispetto a quelle pagate a lavoratori di paesi a minore sviluppo industriale del nostro. E’ quello che ci rivela il rapporto Ocse Taxing Wages report 2007-2008 di recente pubblicazione.

Abbiamo estratto dal rapporto il salario netto, misurato in parità di potere d’acquisto (PPA), mediamente percepito da due tipologie di lavoratori all’interno del gruppo dei 30 Paesi Ocse nel 2008: lavoratore single e lavoratore con moglie e con due figli a carico. L’Italia si colloca in entrambe le graduatorie al 23° posto. Specificamente, un individuo singolo senza figli percepisce annualmente un salario di 21.374 dollari misurati in parità di potere d’acquisto (PPA); un lavoratore con moglie e con due figli, percepisce un salario di 25.564 dollari. La sensibile differenza, valida anche per gli altri paesi, è dovuta al fatto che molti paesi Ocse prevedono per le famiglie con figli un regime di sostegni monetari e fiscali. L’Italia è prevedibilmente al di sotto sia della media Ocse (25.739 e 30.195 dollari, rispettivamente per le due tipologie), ed anche quando si guarda alle medie EU-15 (27.793 e 33.175 dollari) ed EU-19 paesi (24.552 e 29.434 dollari).

I salari netti dei lavoratori italiani si collocano addirittura al di sotto della Grecia, che insieme a Portogallo, Cipro, Malta ed ai paesi dell’est di nuova adesione all’UE è ancora beneficiaria, in seno agli interventi previsti per la politica regionale, del Fondo di Coesione, destinato a quei paesi che conservano un RNL, misurato in PPA, inferiore al 90% di quello medio comunitario. I salari più alti sono pagati in Corea, Regno Unito, Svizzera e Lussemburgo, per entrambe le tipologie di lavoratori, con valori che vanno dai 36.035 dollari di un single lussemburghese ai 39.931 di un single coreano, e dai 41.039 di lavoratore coreano con famiglia a carico ai ben 48.980 dollari di un suo pari lussemburghese.

E’ interessante considerare il caso della Germania, in cui si paga ad un lavoratore single un salario netto annuo di 29.570 dollari (11° posto della classifica Ocse), mentre ad lavoratore con moglie e con due figli a carico si pagano 39.186 dollari, con un salto in classifica al 5° posto, a considerazione dell’alto regime di aiuti concessi alle famiglie.

Questa risultato delinea il basso tasso di crescita delle retribuzioni di operai e impiegati in Italia nel corso dell’ultimo decennio. Tra il 2001 ed il 2008 mentre le retribuzioni degli operai sono cresciute mediamente ad un tasso costante di circa il 3 per cento annuo, quelle degli impiegati hanno alternato periodi di lieve crescita, ad esempio negli anni 2002 (1,72 per cento) e 2005 (1,75 per cento) ed addirittura crescita negativa nel 2007 (-0,76 per cento) ad anni di forte crescita nel 2006 (5,72 per cento) e nel 2008 (5,77 per cento). La dinamica complessiva è invece stata molto modesta. Nel 2007 le retribuzioni complessive sono cresciute dello 0,51 per cento, con un recupero nel 2008 (4,90 per cento).

Si tratta di incrementi molto residuali se si considera che con l’entrata in circolazione della moneta unica, proprio a partire dal 1 gennaio 2002, il nostro paese ha sperimentato tassi reali di inflazione molto superiori rispetto a quelli ufficialmente dichiarati, con una grave perdita netta del potere d’acquisto di stipendi e salari. Per di più dal 2004 la produttività del lavoro è in forte e costante discesa e la profonda crisi economica in atto non ne consentirà una sua ripresa per ancora lungo tempo. Soltanto misure urgenti a sostegno dei salari, con una moratoria del regime del laissez-faire che ha ispirato finora il funzionamento del mercato del lavoro, possono servire per ridare sostegno al potere d’acquisto delle famiglie italiane e dignità al ruolo del lavoro.

Luca Murrau

Schede e storico autori