JKG

di Michele Ruta

galbraith

Qualsiasi giovane studente di economia sara’ rimasto stupito qualche tempo fa nell’apprendere al telegiornale che John Kenneth Galbraith – un novantasettenne economista di Harvard – era morto. Il motivo e’ che, prima della notizia del telegiornale, di questo economista lo studente non ne aveva mai sentito parlare: non una citazione di un vecchio articolo su un libro di macroeconomia, non un teorema con il suo nome su un testo di microeconomia, non una funzione di produzione o una curva delle preferenze con qualche caratteristica da ricordare. Perche’ se ne parla al telegiornale, ma non nei libri di economia?

Nel ricordo che gli ha dedicato l’Economist la risposta e’ presto data: J.K. Galbraith era piu’ una mistura tra un sociologo, uno scienziato politico e un giornalista che un rigoroso economista. Un gigante intellettuale con alcune idee bizzarre sull’economia, ma con un merito indiscusso nella sua capacita’ di divulgatore e di innovatore linguistico: il titolo del secondo capitolo di The Affluent Society, il suo libro di maggior successo, The Concept of the Conventional Wisdom, ha coniato una delle formule linguistiche – la “saggezza convenzionale” appunto – con piu’ piacere citate dagli economisti. Tutto qui?

In appendice a The New Industrial State del 1967, si trova una digressione sul metodo scientifico in economia: un saggio di estrema chiarezza in cui Galbraith difende il proprio punto di vista dell’economia politica. L’ho trovato illuminante e credo valga la pena riprenderne i punti essenziali.

1. La specializzazione (in economia, come per le altre scienze) e’ una convenienza, non una virtu’. Nessuna idea utile in economia non puo’ essere espressa che con un chiaro linguaggio, privo di tecnicismi. L’opacita’ raramente riflette la complessita’ della materia e mai denota superiori capacita’ scientifiche; al contrario, generalmente e’ solo il sintomo di un pensiero incompleto.

2. L’economia come scienza sociale deve guardare al di la’ di se stessa e non limitarsi a definire le altre scienze sociali come morbide (soft). Definizione che in se stessa implica un giudizio. Allargare lo spettro d’azione dell’economia complementa e illumina il lavoro dello specialista nell’analisi della sua stessa specialita’.

3. Gli economisti sono per propria natura conservatori. Hanno, cioe’, una razione negativa ai cambiamenti. Nelle scienze fisiche, il cambiamento e’ associato alla scoperta, ma la materia studiata per sua natura non cambia. In economia e nelle altre scienze sociali cambia sia la conoscenza che l’oggetto di studio. La scienza economica resiste con forza a questo secondo tipo di cambiamenti nel tentativo di assomigliare alle scienze dure (hard), assumendo spesso che anche il proprio oggetto di analisi sia stabile.

4. Questa attitudine degli economisti ben si concilia con l’interesse particolare dell’uomo di intelletto. La conoscenza per l’intellettuale e’ come il macchinario per l’imprenditore: tutti e due temono il deprezzamento di cio’ che possiedono. Ma l’intellettuale e’ in una posizione di privilegio rispetto all’imprenditore, poiche’ l’invecchiamento della conoscenza e’ meno visibile di quello delle macchine. L’intellettuale puo’ sempre negare l’esistenza dei cambiamenti che denotano l’obsolescenza della propria conoscenza: sarebbe sorprendente se non approfittasse di una simile opportunita’.

Non c’e’ alcun dubbio che la fortuna di J.K. Galbraith sia stata quella di rivolgersi ad un pubblico, la societa’ americana ed europea degli anni ‘60 e ‘70, con un orecchio attento ed incline alle tematiche che sollevava. Forse, la diffusa sfiducia odierna su quelle stesse tematiche spiega molto piu’ della supposta mancanza di rigore scientifico l’assenza dei lavori di Galbraith dai moderni dibattiti economici. E non e’ da escludere che in futuro l’oscillazione del pendolo dell’umore collettivo sul ruolo dello Stato nell’economia e sulla fiducia o sfiducia nel mercato renda nuovamente popolare tra gli economisti il pensiero di Galbraith. Non e’ da escludere, tuttavia, che cio’ avverra’ per i motivi sbagliati, perche’ nel frattempo l’oggetto dell’analisi economica – le istituzioni, la struttura economia e la societa’ stessa – sara’ molto diverso da quella di JKG.

Maggio 2006

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