“Io sono Rosa Parks” (DOS, 2° episodio)

Rama Dasi Mariani dà conto della seconda edizione del convegno “DOS: identità, diritti, integrazione, dei giovani italiani Di Origine Straniera” svoltosi alla Sapienza lo scorso 8 aprile. Il convegno si è aperto con la proiezione del cortometraggio “Io sono Rosa Parks”, ed è proseguito con un dibattito sul tema dell’immigrazione, nel quale sono intervenuti esperti di diverse discipline. Sono stati anche presentati i risultati di un’indagine sul tema, condotta presso gli studenti della Sapienza, che Mariani riassume in questo Focus.

Esiste una linea sottile in grado di dividere il mondo in bianco e nero”. È così che inizia il film “Io sono Rosa Parks” scritto e diretto da Alessandro Garilli e vincitore del premio Miglior Messaggio G2 nella sezione MigrArti alla 75maMostra Internazionale d’Arte Cinematografica de La Biennale di Venezia.

Rosa Parks era una donna di colore di 42 anni, residente a Montgomery (Alabama). Viveva una realtà bicolore. Nei luoghi pubblici esisteva la segregazione, e negli autobus i dieci posti avanti erano riservati ai bianchi e i dieci posti dietro erano riservati ai neri. Questi ultimi potevano occupare anche i sedili centrali, ma lì avevano l’obbligo di cedere il posto ai bianchi in piedi. Il 1Dicembre 1955, Rosa Parksè su un autobus, seduta al centro, e non si alza quando sale un uomo bianco che non trova posto.L’autista la richiama e si indigna quando riceve l’aperto rifiuto della donna. Allora ferma l’autobus e chiama la polizia. Rosa Parks viene arrestata e costretta a pagare una multa di 10 dollari. L’evento fa sorgere una rivolta da parte della comunità nera, la quale, guidata da un giovane Martin Luther King, boicotta la linea degli autobusper mesi. Il 1 Novembre 1956, la Corte Suprema degli Stati Uniti dichiara finalmente incostituzionale la segregazione razziale nei pullman in Alabama. Allora, Rosa Parks e Martin Luther King salgono sul primo pullman non segregato e, felici, si siedono dove vogliono.

Da quell’evento è iniziata una staffetta nella lotta per i diritti civili e l’inclusione sociale. Il testimone, in Italia, è oggi arrivato nelle mani dei ragazzi di “Italiani Senza Cittadinanza”, di cui fanno parte alcuni attori del corto di Alessandro Garilli. Una è BenedictaDjumpah, la protagonista, invitata lo scorso 8 Aprile al secondo evento dedicato ai ragazzi DOS presso la Facoltà di Economia della Sapienza ed iniziato proprio con la proiezione di “Io sono Rosa Parks”.

Il primo commento è stato di Leonardo De Franceschi, docente di Storia del Cinema a Roma Tre, autore di un libro (La Cittadinanza come Luogo di Lotta,Aracne, 2018) centrato sul tema della cittadinanza, che rilegge il dibattito sulla riforma “fallita” attraverso un riesamedell’immaginario collettivo creato da cinema e tv.

Riguardo la linea bicolore di cui si parla nel corto, De Franceschi ha detto di considerarla nociva non solo di per sé, ma anche per il fatto che non lascia spazio alle identità individuali. Con questa affermazione De Franceschi ha in parte anticipato i risultati di un sondaggio sul tema dei DOS che, ripetendo l’esperienza dello scorso anno,  si è svolto in preparazione di questo incontro. Il sondaggio ha interessato gli studenti di diverse facoltà dell’ateneo romano.Le domande erano principalmente dirette a conoscere la percezione dell’identità e dei problemi di integrazione dei ragazzi di origine straniera. Quest’anno hanno partecipato 218 studenti frequentati corsi di laurea in Economia, Giurisprudenza, Sociologia e Scienze Politiche alcuni dei quali essi stessi di origine straniera. Nell’esame delle risposte abbiamo distinto le risposte dei ragazzi italiani da quelli di origine straniera.

Alla prima domanda“Conosci personalmente ragazzi di origine straniera” ha risposto affermativamente più o meno il 90% di entrambi i gruppi (Figura 1), regalandoci così l’immagine di una società effettivamente multietnica.

Abbiamo poi chiesto come intendessero l’espressione “di origine straniera”.Si può considerare DOSun ragazzo che nella propria storia personale o in quella della propria famiglia ha sperimentato, nel passato remoto o recente, una rottura dovuta ad uno spostamento permanente di residenza. Dalle risposte fornite dagli intervistati risulta, però, che l’attenzione si concentra sui casi di più recente spostamento (Figura 2).

Infatti, alla domanda “A chi ti riferisci quando parli di ragazzi di origine straniera?”, poco più del 70% dei partecipanti ha infatti scelto la risposta “i ragazzi nati all’estero da genitori non italiani”, di fatto riferendosi alla prima generazione di immigrati.

Le domande successive hanno riguardato la percezione dei problemi di integrazione dei ragazzi DOS e le difficoltà che essi incontrano nella vita di tutti i giorni. E’ emerso che i contesti più problematici sono considerati quelli della scuola e dell’università, del mondo del lavoro e delle relazioni personali. Questo era già risultato dal questionario dell’anno scorso, ma una novità, forse anche significativa c’è: un buon numero di ragazzi DOS ha risposto “nessuno” (Figura 3).

Scuola, università e mondo del lavoro sono ambiti in cui diversi ricercatori, in particolare economisti, hanno cercato di studiare, e misurare, il grado di integrazione degli individui di origine straniera. Per integrazione si intende l’unione di due gruppi separati, divisi da una linea che può essere etnica, culturale, linguistica o anche tracciata dalla sola esperienza migratoria. Se esiste una differenza quantificabile come valore medio, si parla di mancata integrazione e gli economisti la considerano un “fallimento” del mercato per il quale, come per gli altri fallimenti, il rimedio è rappresentato da idonee politiche pubbliche.

È, però, importante conoscere la causa della mancata integrazione. Su questo abbiamo interpellato ancora gli studenti Sapienza, chiedendo la loro opinione sulle cause delle difficoltà avvertite. Alla domanda “A cosa pensi siano dovuti i problemi che incontrano i ragazzi di origine straniera nel mondo del lavoro?” metà di loro, ugualmente ripartiti tra italiani e DOS, ha indicato la “discriminazione e i pregiudizi nei loro confronti” come una delle principali cause. Inoltre, circa il 30% del campione ha segnalato “le difficoltà burocratiche” (Figura 4).

Con riferimento all’ambito scolastico la percentuale di studenti che ha indicato la discriminazione come una delle cause delle difficoltà fronteggiate dai ragazzi DOS è minore, ma questa rimane la risposta con la frequenza maggiore. Al secondo posto emerge la scarsa conoscenza della lingua italiana (Figura 5).

Riguardo le politiche, coerentemente con le opinioni sulle cause del problema, la maggior parte degli studenti di origine italiana e straniera ritiene che le campagne di sensibilizzazione contro le discriminazioni e i pregiudizi siano necessarie per migliorare la situazione. Sono state indicate come utili anche le politiche di sostegno linguistico e la semplificazione delle procedure burocratiche (Figura 6).

Anche le politiche di riqualificazione urbana hanno ricevuto un buon numero di risposte; ciò suggerisce che alla percezione di mancata integrazione si accompagna quella di stratificazione territoriale. Nelle scienze sociali, le politiche territoriali o di sostegno al reddito sono ritenute le più efficaci per l’integrazione della popolazione straniera, in quanto in grado di dare soluzione alle difficoltà senza, però, stigmatizzare.         Queste politiche hanno, però, raccolto il minor numero di consensi. Infine, in maniera piuttosto sorprendente alla luce della sua predominanza nel dibattito pubblico, la riforma della legge per l’accesso alla cittadinanza italiana non è stata indicata come l’azione principale da mettere in campo a favore dei ragazzi DOS.

La successiva domanda ha riguardato la percezione dell’integrazione nel lungo periodo; infatti, agli studenti è stato chiesto ‟Dove pensi che si troveranno i tuoi coetanei di origine straniera tra dieci anni?”. Le risposte non sono incoraggianti. Ben pochi hanno risposto:“in Italia con un buon lavoro o “In Italia con un lavoro mediocre o disoccupati”. La risposta più frequente è stata: “all’estero, in un paese diverso da quello di origine”,nella previsione, dunque, di un nuovo spostamento.

Le ragioni di questo sentimento possono essere comprese alla luce delle difficoltà emerse alle precedenti domande, ma potrebbero esservi anche questioni identitarie. La domanda successiva ha riguardato proprio quest’ultimo aspetto e le risposte possono servire a sciogliere il dubbio.

Alla domanda‟Ti senti in primo luogo/Secondo la tua percezione, i ragazzi di origine straniera sono, in primo luogo: italiani, della nazionalità dei genitori, stranieri o cittadini del mondo”. Le risposte sono state quelle rappresentate in Figura 7.

Molti studenti di origine italiana hanno indicato “della nazionalità dei genitori” o “stranieri”, mentre la maggior parte degli studenti DOS ha detto di sentirsi italiano. Significativamente questa è la prima domanda in cui emergono differenze nelle risposte dei due gruppi di ragazzi. Dalle risposte a tutte le domande precedenti non era emersa alcuna differenza di rilievo tra i due gruppi. Ora essa appare visibile e ciò suggerisce che se vi è una linea di demarcazione questa ha a che fare con il modo di definire i DOS e di considerare l’altro.

Questa considerazione sembra saldarsi bene con l’affermazione di De Franceschi, secondo cui è necessario andare oltre le macro-categorie e dare attenzione all’individualità. D’altra parte, molti degli studenti che hanno risposto al questionario ritengono che “cittadini del mondo” sia la definizione più corretta.Elena Paparella, organizzatrice e moderatrice dell’evento, ha però invitato a considerare che la cittadinanza e l’identificazione territoriale sono importanti per la fiducia e la sicurezza degli individui, soprattutto adolescenti.

Nel dibattito sono poi intervenute Cinzia Conte (ISTAT), Elena Ambrosetti (Sapienza), Francesca Angelini (Sapienza) e Marilena Giannetti (Sapienza), che hanno parlato ancora di identità, di aspirazioni, libertà religiosa e cittadinanza come inclusione – ed il Menabò darà conto dei loro interventi nei prossimi numeri. È soprattutto l’inclusione che chiedono i ragazzi di “Italiani Senza Cittadinanza” rappresentati l’8 Aprile da Benedicta Djumpah. Questo fa capire che il sentimento che vivono è di esclusione e a questo le politiche pubbliche devono porre rimedio. Il problema, però, è che il concetto di inclusione porta ad un esito inevitabile: affinché ci si possa sentire dentro un gruppo, ci dev’essere qualcuno che stia fuori.

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