In ricordo di Luciano Barca

Nei loro interventi al workshop organizzato da Etica e Economia lo scorso 17 giugno sulla dimensione sociale dell’Unione Europea, Pier Carlo Padoan, Claudio De Vincenti e Maurizio Franzini hanno brevemente ricordato Luciano Barca. Riproponiamo qui quanto hanno detto come omaggio al fondatore di Etica ed Economia a poco meno di tre anni dalla sua scomparsa.

Il workshop  sull’Europa Sociale che Etica e Economia ha organizzato presso la Facoltà di Economia  della Sapienza il 17 giugno scorso – e del quale si è dato ampio conto sul Menabò –  e stata anche un’occasione per ricordare il suo fondatore, Luciano Barca.

Sia il Ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, sia il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio del Ministri, Claudio De Vincenti,  parlando nella sessione presieduta da Fabrizio Barca, hanno aperto i propri interventi con un riconoscimento del loro debito intellettuale nei confronti di Luciano Barca.

Riportiamo qui le loro parole, nonché il ricordo con il quale Maurizio Franzini ha aperto il workshop.

Pier Carlo Padoan

Grazie Fabrizio e innanzitutto un saluto ai colleghi e agli amici che ritrovo in questa aula, nella mia Facoltà. E, se me lo consentite, anche un mio personalissimo e piccolissimo omaggio a Luciano Barca, perché Luciano è stato probabilmente il primo mentore politico della mia esperienza, subito dopo la mia laurea, insieme anche ad altre persone, anche a Claudio De Vincenti che verrà qui tra poco. Con Luciano abbiamo iniziato, in un contesto politico evidentemente molto diverso, stiamo parlando della metà degli anni ’70, un esperimento culturale, ma soprattutto politico, di – oggi si chiamerebbe – “modernizzazione” di una certa cultura politica di sinistra. Non so se quell’esperimento abbia avuto successo o se abbia gettato semi di sviluppo. Però io la ricordo come una delle esperienze più intense, anche umane, della mia carriera – diciamo così – di intellettuale, se posso usare questo termine. Quindi il mio ringraziamento va a Luciano in modo molto affettuoso e mi fa molto piacere essere qui, proprio in questo giorno, in questa occasione.

Claudio De Vincenti

Ringrazio molto la Facoltà di Economia, l’Associazione Etica ed Economia per questo invito e Friends of Europe perché il Rapporto è molto interessante, pieno di analisi e di proposte, e un’ottima base di lavoro per questo confronto.

Permettetemi all’inizio solo di richiamare una parte del mio passato. In questa parte del mio passato Luciano Barca ha avuto un ruolo molto importante. Io ero un giovane laureato in Economia, e Luciano, dandomi molta fiducia, mi incaricò di coordinare un gruppo di lavoro all’Istituto Gramsci di Roma, che lavorava su temi di teoria economica. A rigore, fummo due coordinatori di due gruppi diversi: eravamo io e Pier Carlo Padoan. So che stamane Pier Carlo c’è stato e ha avuto modo di partecipare alla vostra discussione. Per un verso eravamo veramente molto giovani, e – almeno io, non parlo per Pier Carlo – io ero anche molto ingenuo. Per questo l’investimento che Luciano fece su di noi fu molto coraggioso. I frutti di quel lavoro – alcuni, qui presenti, parteciparono a quel gruppo di lavoro, tra l’altro Fabrizio Barca – fecero parte di pubblicazioni dell’Istituto Gramsci e spero non furono inutili, anzi, credo furono importanti.

In seguito fu ancora più importante un’altra esperienza con Luciano, perché grazie a lui e alla sua leadership lavorammo a far crescere una coscienza, una consapevolezza forte della sinistra italiana. Lavorammo su cosa significa provare a trasformare l’economia, a governarla per cambiarla, e per cambiarla verso la risposta ai problemi sociali del paese, dei cittadini. Nell’esperienza fatta con Luciano la relazione tra governo dell’economia per rispondere ai bisogni sociali è stata l’idea portante del nostro lavoro. E non è un caso che più avanti nel tempo Luciano abbia fondato l’Associazione Etica ed Economia, un nome così significativo, perché l’approccio all’economia con riferimento ai bisogni umani contiene un valore etico profondo. E poi Etica ed Economia è cresciuta grazie a Luciano ma anche grazie a quanti si sono impegnati in quel progetto e devo dire che qualcosa, anche se poco, ho fatto anche io. Molto invece ha fatto Maurizio Franzini e altri qui presenti che hanno dato un contributo forte a questa Associazione. E quindi, di nuovo, non è un caso che Etica ed Economia organizzi oggi questo convegno, su questo Rapporto che affronta un nodo chiave della costruzione europea. Se non sciogliamo questo nodo, credo che i venti anti-europeisti che percorrono l’Unione Europea e i diversi paesi europei sarà difficile contrastarli e rovesciarli.

Maurizio Franzini

Luciano Barca è nato a Roma il 21 novembre 1920 ed è morto a Roma il 7 novembre 2012. Nella sua lunga, fecondissima vita,  tra mille altre cose,  si è laureato in Giurisprudenza in questa Università, è stato un valentissimo ufficiale della Marina Italiana (per le sue imprese con il sottomarino Ambra nella seconda guerra mondiale ha ricevuto una medaglia d’argento al valor militare), è stato partigiano, giornalista, economista e  politico che ha svolto un ruolo di primissimo piano in una fase cruciale della storia recente di questo paese. Luciano si è iscritto al Partito Comunista Italiano nel 1946 e lo ha lasciato nel 1997. Soprattutto, per noi, Luciano ha fondato l’Associazione Etica ed Economia nel 1990.

Non cederò alla tentazione di far rivivere ricordi personali o di esercitarmi in una (forse impossibile) ricostruzione della sua personalità e dei suoi molti insegnamenti. Preferisco, invece, lasciargli la parola, soprattutto per mostrarsi in uno dei suoi lati forse meno conosciuti ma, almeno per me, più affascinanti. Quello della sua garbatissima ironia.

I passi che seguono sono tutti tratti dai diari che egli ha tenuto, con ammirevole ma non ossessiva costanza, per decenni.

Ecco il primo:

 “il 17 è sempre stato un numero cruciale nella mia vita e segna anche la data del mio ingresso all’Unità..come redattore agli interni alle dipendenze del capo servizio Pietro Ingrao”…

E, dunque, oggi essendo il 17 giugno è i giorno giusto per questo convegno e per ricordare Luciano.

Il secondo passo è del febbraio 1946:

Le correzioni che Ingrao suggerisce non sono, infatti, solo politiche ma spesso, di scrittura. Su alcune ha senz’altro ragione e gli sono grato della sua attenzione: in genere il mio periodare è troppo lungo. Su altre soffro un po’. Ingrao ama molto “il quale” e “la quale”. A me “la quale” fa pensare a Totò e quando Ingrao mi suggerisce di sostituirla al “che” la vedo sottolineata dalla riga immaginaria tracciata dalla mano del comico e un po’ rido e un po’ soffro”.

Il terzo passo è del novembre 1969 e fa riferimento a un convegno organizzato dal Partito Socialista Italiano a Venezia sulla questione Nord-Sud:

Sede più impropria per il convegno non poteva essere scelta. Non solo è stata affittata una grande sala all’hotel Danieli, ma siamo tutti alloggiati in quello che rimane uno dei più lussuosi e cari alberghi d’Italia. Sylos mi fa osservare che siamo a novembre e che certamente avranno fatto un grosso sconto. Ma anche lui conviene di sentirsi a disagio tra tanti broccati a discutere di disoccupazione meridionale”.

Infine,

 “Cecchi Gori si è aggiudicato all’asta i diritti di trasmissione delle partite di calcio. Tra poco rimarrà libero da ipoteche solo l’Angelus del Papa”.

Vorrei anche  ricordare che nel 2005 per i tipi del Mulino fu pubblicato un libro dal titolo “Legittimare l’Europa” frutto di una ricerca svolta da Etica e Economia, curato da Luciano Barca e da me. Luciano volle fortemente quella ricerca per la quale da subito decise il titolo che esprimeva con chiarezza la sua idea di fondo sull’Europa: il suo deficit maggiore era quello della legittimazione presso i suoi cittadini. Forse questo è sufficiente per considerare il workshop di oggi un omaggio alla sua memoria.

Permettetemi di concludere  con alcune frasi tratte dall’Introduzione a quel volume:

 “Il problema cruciale dell’Europa che ancora non c’è è…semplice e profondo: come far coesistere le ragioni della cresciuta economica con quelle della coesione sociale, sfuggendo  da un lato all’idea che il prius debba essere la crescita, perché il resto seguirà, e, dall’altro, alla rassicurante fiducia nella capacità dell’equità e dell’eguaglianza di favorire automaticamente – e non grazie a un complicato insieme di istituzioni in gran parte da costruire – il processo di crescita economica e forse anche di renderlo sostenibile… Il problema è reale, e a risolverlo non bastano i richiami entusiastici alla superiorità del ‘sogno’ europeo. Di ‘sogni’ europei forse ce n’è più d’uno e tra questi non manca quello di chi aspira, senza troppo sognare in verità, a fare dell’Europa la copia di qualcos’altro. ….L’accesso a una vita dignitosa non passa soltanto attraverso il mercato. Se coloro che hanno nelle proprie mani le leve per costruire l’Europa futura dovessero dimenticarlo il processo di legittimazione subirebbe un brusco e irreversibile arresto. Perché solo il progetto di costruire questa Europa della crescita e della coesione…appare desiderabile e possibile”.

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