Il voto nei quartieri di Roma nel 2018

Federico Tomassi presenta un’analisi dei risultati elettorali a Roma dal 2000 al 2018, indicando le tendenze di fondo, nel complesso della città e nelle diverse fasce urbane e concentrandosi in particolare sui risultati delle ultime elezioni politiche e regionali, esaminati al livello di dettaglio delle 132 zone urbanistiche che comprendono seggi elettorali. Nella parte conclusiva, Tomassi indica i principali fattori sociali, economici, demografici e urbanistici che concorrono a spiegare le dinamiche del voto sul territorio romano.

Da molti anni persistono forti disuguaglianze sociali ed economiche nei quartieri di Roma tra il centro e le periferie, in parallelo con il processo di espansione edilizia a bassa densità oltre il GRA, come già argomentato sul Menabò. Ciò sembra influire anche sulle scelte politiche dei cittadini, dando luogo a una netta polarizzazione elettorale: vige, infatti, una sorta di legge gravitazionale, in cui l’attrazione del Campidoglio ha un effetto opposto sui principali schieramenti man mano che ci si allontana verso le periferie. Dal 2000 al 2018 i voti per i candidati di centrosinistra sono inversamente proporzionali alla distanza dal centro; al contrario, quelli per centrodestra e M5S crescono quanto più ci si muove verso le periferie. In particolare, alle elezioni politiche del 2018, il centrosinistra ha prevalso solo nelle zone più centrali con elevati livelli di istruzione e reddito e, anche se di pochissimo, nella periferia storica, dove mantiene un consenso politico su politiche progressiste, inclusive e liberali. Una tendenza opposta vale per il M5S, che cresce man mano che ci si allontana dal centro e ci si avvicina ai confini comunali, prevalendo nella periferia anulare meno densa, soprattutto a Ostia e negli insediamenti sparsi fuori dal GRA. Ma nel complesso della città vince il centrodestra, con un andamento più omogeneo e quasi interclassista rispetto agli altri due poli, il cui consenso fuori dal GRA è dovuto alla Lega, che per la prima volta si afferma con percentuali notevoli nelle periferie romane. Ciò vale anche per il voto di lista sia per il PD che per FI o Lega – e persino per SEL e LeU – nonché per il referendum costituzionale del 2016, che ha avuto una valenza politica così forte da individuare nel “sì” i caratteri tipici del voto al PD.

I risultati del 2016 e 2018 hanno segnato una discontinuità nelle dinamiche tra il centro, le periferie e Ostia, pur confermando e anzi rafforzando la legge gravitazionale prima richiamata. Infatti il centro è diventata l’area urbana dove si registra ormai il maggiore consenso per la coalizione di centrosinistra, a livelli notevoli e inconsueti, fino a 15 punti percentuali in più rispetto alla media romana, superando nettamente la periferia storica composta dai quartieri popolari e tradizionalmente di sinistra. Al contempo il risultato del centrosinistra è peggiore rispetto al trend nella periferia anulare interna al GRA, in quella più esterna (in quest’ultima circa 10 punti percentuali in meno rispetto alla media romana) e sul litorale di Ostia.

Alle elezioni politiche 2018 (Figura 1) il voto per la coalizione di centrosinistra (formata da PD, +Europa, Insieme e Civica Popolare), che in totale ha ottenuto 324mila voti pari al 28%, è nettamente decrescente allontanandosi dal centro della città, poiché prevale solo nelle zone più centrali (40%) e, diversamente dal 2016, ma di pochissimo, nella periferia storica (quasi 31%, peraltro egemonizzata dal centrosinistra fino al 2013). Dinamiche simili valgono per LeU, con 68mila voti pari al 4,6%, che salgono sopra il 5% nel centro e nella periferia storica e scendono sotto il 3% fuori dal GRA. A ciò corrisponde una tendenza opposta per il M5S, che ha ottenuto 446mila voti, pari a poco meno del 31%, e che cresce man mano che ci si allontana verso i confini comunali, prevalendo nella periferia anulare meno densa (33%) e soprattutto a Ostia (38%) e negli insediamenti sparsi fuori dal GRA (39%), sebbene abbia perso alcuni punti percentuali rispetto al 2016, probabilmente per i problemi dell’Amministrazione comunale guidata dalla Sindaca Raggi. Questo calo è andato a vantaggio della Lega, che per la prima volta si afferma con percentuali notevoli nelle periferie romane, e che mostra un andamento dei voti simile a quello del M5S, con il massimo fuori dal GRA. Nel complesso della città, è infatti proprio la coalizione di centrodestra (composta da Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia e Noi con l’Italia) a vincere con 454mila voti pari al 31%, con un andamento più omogeneo rispetto agli altri due poli, caratterizzato comunque da un maggiore consenso fuori dal GRA (34%) grazie a Forza Italia e Lega, e con un forte incremento rispetto alle precedenti elezioni che gli ha permesso di avere un vantaggio di mezzo punto percentuale sul M5S e di circa tre punti sul centrosinistra.

Alle elezioni regionali 2018 (Figura 2), l’esito più interessante è la riconferma di Zingaretti (sostenuto da PD, LeU, +Europa, Insieme, Centro Solidale e Lista Civica) alla presidenza della Regione, nonostante le liste di centrosinistra abbiano avuto meno voti rispetto al centrodestra, e nello stesso giorno in cui la sua coalizione usciva sconfitta dalle elezioni politiche. Infatti, sia Parisi per il centrodestra che Lombardi per il M5S ottengono alle elezioni regionali circa 4-5 punti percentuali in meno rispetto alle politiche, a tutto vantaggio appunto di Zingaretti, che ottiene 4,7 punti in più rispetto alla somma del risultato del centrosinistra e di LeU nei collegi uninominali della Camera. Il centrosinistra vince con oltre il 37% dei voti, circa 10 punti percentuali in più rispetto a centrodestra (28%) e M5S (26%), ma rimangono comunque in gran parte costanti le dinamiche del voto della Camera: l’andamento dei consensi per Zingaretti è infatti nettamente decrescente allontanandosi dal centro della città. Tuttavia, a differenza della Camera, il candidato del centrosinistra prevale non solo nelle zone più centrali (49%) e nella periferia storica intorno all’anello ferroviario (42%), dove il distacco da Parisi e Lombardi è ampio, ma anche con uno scarto più ridotto nella periferia anulare interna al GRA (quasi 35%). Di conseguenza, la vittoria di Zingaretti nel Lazio, che è dipesa da un margine di soli 55mila voti in tutta la regione rispetto a Parisi, si basa in primo luogo sulla parte di Roma dentro al GRA, dove ha ottenuto 157mila voti più di Parisi e 184mila più di Lombardi. Nella periferia fuori dal GRA continua invece a prevalere il M5S (quasi 35%), ma con un margine limitato rispetto al centrodestra (30,5%), analogamente alle elezioni politiche. Anche in questo caso la coalizione di centrodestra mostra dinamiche più omogenee rispetto agli altri due poli, sebbene comunque caratterizzate da un maggiore consenso fuori dal GRA.

L’analisi del voto secondo la vicinanza o meno dal centro della città è ovviamente una semplificazione, in quanto il consenso elettorale dipende dalle diverse caratteristiche demografiche, sociali, economiche e urbanistiche dei quartieri. Per approfondire questi fattori vediamo l’andamento del voto per i tre poli alle elezioni politiche, suddividendo le zone urbanistiche in tre gruppi di uguale numerosità, secondo il livello alto, medio o basso dei vari indicatori presi in esame (Figura 3).

Il M5S ottiene più voti dove la densità di popolazione è bassa (36%), l’incremento del numero dei residenti è alto (40%), l’età media è bassa (39%), i componenti del nucleo familiari sono molti (39%), i laureati sono pochi (a39%), il tasso di occupazione è basso (36%), il tasso di disoccupazione è alto (38%), la disponibilità di piazze per ettaro, come indicatore di capitale sociale, è scarsa (39%), il disagio socio-economico è alto (37,5%). Al contrario, il centrosinistra (come anche Zingaretti, non riportato qui) ha più voti dove la densità di popolazione è alta (32%), la crescita dei residenti è bassa o negativa (ancora 32%), l’età media è alta (34%), i componenti del nucleo familiari sono pochi (oltre 36%), i laureati sono molti (37%), il tasso di occupazione è alto (quasi 36%), il tasso di disoccupazione è basso (oltre 35%), la disponibilità di piazze per ettaro è alta (34%), il disagio socio-economico è basso (35%). Il centrodestra mostra invece un consenso abbastanza omogeneo indipendentemente dalle differenze tra le aree, proprio grazie alle caratteristiche interclassiste dovute alla complementarietà nel consenso elettorale tra Forza Italia e Lega.

Analisi statistiche di tipo sia esplorativo sia inferenziale confermano un legame positivo fra voto al centrosinistra ed età della popolazione, disponibilità di beni comuni e relazionali (di cui sono proxy la densità di popolazione e di piazze) e – solo nelle elezioni 2016 e 2018 –status socio-economico e centralità o attrattività urbana, mentre al contrario l’esclusione dalle opportunità educative e lavorative ha un effetto negativo.

Il M5S prevale negli insediamenti sparsi della periferia anulare ed esterna al GRA, isolati dal tessuto urbanistico della città consolidata, con limitate opportunità in termini di istruzione, occupazione e offerta di servizi, dove di conseguenza l’indice di sviluppo umano rimane sotto la media romana e al contrario il disagio sociale è superiore alla media. Ciò vale in parte anche per il centrodestra, che conserva comunque le tradizionali roccaforti “nere” a nord della città, soprattutto grazie alla rapida crescita elettorale della Lega nelle periferie. Qui penetrano più facilmente i messaggi politici di destra e populisti, se non persino nazionalisti e xenofobi (basta pensare al recente esempio di Torre Maura), laddove i cittadini si sentono deprivati perché colpiti dalla crisi economica, insicuri e preoccupati dall’immigrazione, lontani dalle sedi istituzionali, scarsamente dotati di servizi pubblici.

L’opposto vale per il centrosinistra, che ottiene i maggiori consensi dove la città è consolidata, l’offerta di servizi pubblici e privati è più consistente, le opportunità di incontro sono maggiori e i residenti subiscono meno l’impatto della crisi economica e delle disuguaglianze, cosicchè l’indice di sviluppo umano risulta superiore rispetto alla media e il disagio sociale è inferiore. Il netto divario territoriale del 2016 e 2018 tra le aree centrali che votano il centrosinistra e il resto della città, dove vince con ampio margine il M5S, evidenzia come l’elettorato del PD (ma anche delle liste alla sua sinistra) sia sempre più fortemente caratterizzato da alti livelli di istruzione e reddito, mentre è scarsa la capacità attrattiva in zone periferiche con maggiore disagio socio-economico.

* La versione integrale di questo articolo è pubblicata sui Quaderni dell’Osservatorio Elettorale, vol. 80, n. 2. I dati utilizzati per le analisi sono disponibili in formato aperto su http://mapparoma.blogspot.it/p/fonti.html; i grafici sono elaborazioni dell’autore su dati di Roma Capitale www.elezioni.comune.roma.it; il dettaglio per zona urbanistica sia delle elezioni politiche che di quelle regionali non è riportato qui ma è disponibile rispettivamente su #mapparoma21 e #mapparoma22.

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