Il voto a Roma: dualismo centro-periferia o fine del bipolarismo interclassista? (prima parte)

Eugenio Levi e Fabrizio Patriarca, in un articolo di cui in questo numero pubblichiamo la prima parte, esaminano a fondo i risultati elettorali di Roma con lo scopo principale di verificare se la diffusa interpretazione basata sul dualismo tra centro e periferia sia fondata. I due autori, utilizzando anche dati socio-economici e territoriali distinti per Municipio, individuano le aree della città e i gruppi sociali decisivi per i risultati dei diversi schieramenti e sottolineano alcune novità, in particolare l’apparente venir meno del profilo interclassista dei due poli.

Delle ultime elezioni amministrative si tende a mettere in rilievo, e non senza ragione, il loro carattere di punto di svolta nelle dinamiche del voto.Sulla natura di questa svolta si sono, però, affermate interpretazioni che appaiono persuasive ma poggiano su analisi dei dati inadeguate a sostenerle. In queste note cercheremo di mostrare, con riferimento all’esito elettorale romano, i limiti dell’interpretazione basata sul dualismo territoriale centro-periferia e lo faremo utilizzando una serie di dati anche di carattere socio-economico. Il lavoro si divide in due parti di cui la seconda sarà pubblicata sul prossimo numero del Menabò.

Prima di entrare nel merito di questa analisi è bene ricordare che in queste elezioninon tutto è stato nuovo. A livello generale si sono confermate alcune tendenze già manifestatesi, sebbene con minore accentuazione, nelle precedenti elezioni:il calo dei partiti del“Patto del Nazareno”, la dispersione di voti a destra quando le sue componenti si dividono, la diversa capacità del Movimento 5 Stellee del Partito Democraticodi conquistare voti ai ballottaggi: il primo raccoglie voti dal centro destra, il secondo non raccoglie niente. Nelle precedenti elezioni amministrative,ai ballottaggi,in tutti i comuni sopra i 15.000 abitanti, con la sola eccezione di Trani, i voti assoluti del centrosinistra non erano aumentati– e spesso erano calati significativamente–mentre erano aumentati quelli del candidato opposto, “grillino” o non, talvolta raddoppiando.Una novità di queste elezioni è che si è accentuata la crisi del centrosinistra: rispetto alla tornata amministrativa precedente, i suoi candidati perdono mediamente il 33% dei voti, mentre i 5 Stelle colmano il gap tra i risultati alle amministrative e quelli delle politiche.

A Romala tendenza è simile:i voti assoluti persi da Giachetti rispetto a Marino al primo turno sono solo di un punto superiori a quelli persi dal centrosinistra a livello nazionale e esattamente uguali a quelli mediamente persino i maggiori comuni limitrofi alla capitale (Ariccia, Anguillara, Bracciano, Genzano, Marino, Mentana, Nettuno, Rocca di Papa).

Concentriamo ora la nostra attenzione su Roma, dove la suddivisione del territorio in Municipi consente un’analisi approfondita delle determinanti sociali, economiche e territoriali del voto, che saranno in particolare oggetto della seconda parte dell’articolo.

Per quanto mai sostenute da solide analisi dei dati,del voto romano esistono due letture differenti: la prima si basa sull’evidenza macro dell’accentuarsi del dualismo centro-periferia, cioè di una tendenza in atto da tempo; la seconda, sul riflesso locale di uno shock nazionale: la fine del radicamento storico dei poli pre-esistenti.

L’interpretazione basata sulla spaccatura centro-periferia appare molto plausibile se si guarda al risultato dei due municipi centrali di Roma – gli unici in cui ha prevalso il centro-sinistra –in rapporto a tutti gli altri. Ma se si analizzano più a fondo le componenti socio-economiche(reddito, istruzione, età) e si tiene conto di specificità amministrative territoriali(qualità dei servizi, modello di urbanizzazione) i risultati a cui si perviene sono molto diversi.

E’ vero che queste diverse dimensioni approssimativamente seguono tutte il gradiente centro-periferia, ma lo fanno in modo eterogeneo e questo permette di individuare gli effetti di ciascuna di esse analizzando i dati al livello dei Municipi. D’altronde, chi conosce la Capitale, o semplicemente ha visto il film “Caro Diario”, sa bene che le periferie sono un universo variegato: ci sono quelleestreme e suburbanizzate (Corcolle, La Storta, Vitinia, Dragona, Morena, ecc.), quelle storiche popolari a ridosso del centro(Tiburtino, Prenestino, Cinecittà, Primavalle, Tufello, ecc.), e quelle decentrate e benestanti (Casal Palocco, Olgiata, EUR, ecc.).

Anche per questo occorre “spacchettare” il dualismo centro-periferia, ed è questo l’obiettivo di questo articolo. I dati che utilizzeremo nella prima parte di questo articolo sono quelli elettorali del Comune di Roma. Quanto alla metodologia, ci serviremo di test non parametrici (rank sum test di Mann-Whitney):data una suddivisione in due sottogruppi delle osservazioni, i test ci permettono di verificare se la differenza nel voto fra questi sottogruppi sia significativa.Per spacchettare il dualismo, utilizzeremo tre diverse divisioni tra centro e periferia allargando progressivamente la definizione di centro e restringendo quella di periferia fino ai municipi che hanno quasi solo periferie estreme. Poi vedremo se differenze di voto significative emergono utilizzando divisioni della città diverse da quelle fra centro e periferia.

La tabella 1 illustra i risultati dei test. I segni + e – indicano effetti significativi, rispettivamente positivi o negativi, fra le variabili considerate e uno specifico esito del voto, mentre le caselle bianche indicano assenza di differenze significative nella struttura del voto. Quest’analisi è ripetuta per tutti i candidati principali alle elezioni 2016 e 2013 e rispetto al rapporto fra candidati dello stesso schieramento nelle elezioni 2008, 2013 e 2106. Ad esempio, il segno + nella prima casella in alto a destra corrisponde all’evidenza di una significativa differenza positiva nel voto per Giachettitra i due municipi centrali e il resto della città.

La prima riga riporta i risultati a cui corrisponde la definizione più ristretta del centro (e quindi più larga della periferia), cioè i municipi 1 e 2 (Centro Storico, Prati, Parioli, piazza Bologna, San Lorenzo). Questa è la definizione di centro più utilizzata nei commenti della stampa. I voti ottenuti nel centro così definito sono confrontati con quelli ottenuti nel resto della città. Nella seconda definizione abbiamo allargato il centro all’VIII e al XII Municipio, includendo così aree semi-centrali come Garbatella e Monteverde (ma anche alcune zone più periferiche come La Pisana e Tor Marancia). Nella terza definizione abbiamo invece isolato le periferie estreme includendo nel centro i municipi che contengono la gran parte delle periferie storiche. Nella quarta rigariportiamo i test relativi ad un gradiente alternativo a quello centro-periferia, ovvero quello nord-ovest/sud-est, escludendo dall’analisi i Municipi Centrali e Ostia, e usando il Tevere come linea di demarcazione. La definizione di sud-est include buona parte delle borgate storiche e, soprattutto, il cosiddetto “triangolo rosso”, la zona delimitata dalle direttrici delle vie Appia e Nomentana che includono areedove in passato era forte la presenza del voto popolare di sinistra.Infine, abbiamo selezionato i sei municipi fuori dal centro in cui il centrosinistra prese più voti in percentuale nelle elezioni del 2001, quelle della prima candidatura di Veltroni. Allora il “Modello Roma”, grazie anche al Giubileo dell’anno prima, era all’apice della sua forza.  Questi sei municipi comprendono la Tiburtina, il Prenestino, Garbatella, Magliana e Portuense, Monteverde, Bravetta e Pisana.Il gruppo di controllo include tutti gli altri municipi eccetto i due centrali, in modo da accertare eventuali differenze tra le periferie storiche della sinistra e della destra.

Dalla nostra analisi emerge che il candidato di centro sinistra ha un voto significativamente più favorevole nel centro quale che sia la divisione centro-periferia considerata (Tabella 1); ciò segnala una chiara difficoltà del centro-sinistra nelle aree estreme della città, già presente nelle amministrative del 2013. Tuttavia, adottando la definizione di centro più ristretta, alle scorse amministrative non emergeva un significativo dualismo centro-periferia (infatti la relazione non era  significativa per Ignazio Marino). Se si considerano anche i segni associati al rapporto sui voti ottenuti da Giachetti rispetto a Marino appare chiaro che, sebbene il problema delle periferie estreme fosse già presente, la differenza forte si manifesta nelle aree intermedie della città, quelle appunto delle periferie storiche. E’ li che avviene un cambiamento rilevante, ben più netto di quello che ha luogo nelle periferie estreme. Quindi,già nel 2013 il centrosinistra aveva problemi nelle aree al di fuori e a ridosso del GRA, ma ora la linea di demarcazione sembra essersi spostata verso le mura della città storica. All’epoca di Ignazio Marino il dualismo centro-periferia era molto diverso, tant’è che, escludendo le aree semicentrali dalla definizione di centro,il voto per il “sindaco Marziano” non risultava significativamente maggiore nel Centro Storico.

Tab. 1: Risultati dei test non parametrici sulla significatività della differenza di struttura del voto per gradienti geografici

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D’altronde, le periferie estreme e quelle storiche hanno una diversa composizione sociale e diverse storie politiche, il che indebolisce l’interpretazione basata sul mero dualismo centro-periferia. L’analisi del gradiente nord-ovest/sud-est rafforza la nostra chiave di lettura, in quanto risulta utile per individuare sia l’arretramento del Centro Sinistra sia il radicamento dei 5 Stelle. Il processo di crescita di questi ultimi ha riguardato tutta la città (la colonna delle variazioni fra Raggi e De Vito, il candidato sindaco del 2013, non presenta valori statisticamente significativi), ma il forte vantaggio dei 5 Stelle nella periferia estrema si è ulteriormente accentuato. Per i vincitori delle elezioni il gradiente nord-ovest/sud-est è però significativo quanto quello delle periferie estreme: la struttura del voto della Raggi e di De Vito è sbilanciata verso sud-est.

I voti della Meloni, invece, si distribuiscono sul territorio in modo più omogeneo rispetto a quelli ottenuti da Alemanno nelle due scorse amministrative; in particolare la Meloni sembra aver sofferto meno dell’ex Sindaco nella parte intermedia della città. Il voto a favore di Marchini è racchiuso principalmente nel centro storico ed è caratterizzato da un’accentuata differenza tra nord-ovest e sud-est; esattamente l’opposto di quanto si registra per i 5 Stelle. Il voto per Fassina presenta, invece, una struttura territoriale simile a quello per Giachetti ma, diversamente da quanto è accaduto a Marino, nelle periferie estreme è relativamente meno presente che non in quelle storiche. Infine, un’altra evidenza importante emerge dalla variazione dell’astensione: mentre tra il 2008 e il 2013 l’astensione era aumentata nelle periferie estreme, nell’ultima tornata l’incremento si è avuto al centro nelle sue definizioni più ristrette. La direttrice nord-ovest/sud-est, quella che, in base a quanto qui sosteniamo, rappresenta la differenza tra le periferie, caratterizza l’astensione che è più forte nella parte “trans Tiber”, dove si è anche avuta la più forte caduta dei voti del centro-sinistra rispetto alle scorse amministrative.

Un’analisi parametrata sui municipi delle periferie dove era forte il radicamento del centrosinistra ai tempi del “Modello Roma” conferma la discontinuità fra Giachetti e Marino. In effetti, Marino, in continuità con quel Modello, ha preso più voti nei municipi tradizionalmente di sinistra, mentre questo non è avvenuto con Giachetti. Allo stesso tempo, anche il rapporto fra i voti dei candidati del centrosinistra nelle ultime due tornate elettorali non è significativo rispetto a questi sottogruppi di municipi.Ciò indica che in questi municipi levariazioni sono state eterogenee: più ridotte a Monteverde o Garbatella e molto accentuate a Pietralata o a Centocelle. Guardando al centrodestra si nota che  Marchini nel 2013 non si è inserito lungo questa faglia, mentre l’opposto è accaduto nel 2016 ed infatti si è rafforzato soprattutto nei municipi tradizionalmente più di destra. Altro dato significativo, seppure in negativo, è che né la Raggi né De Vito si inseriscono in questa frattura politica. Il loro voto sembra essere davvero indipendente dagli insediamenti tradizionali di destra e sinistra, andando a cogliere elementi politici nuovi che nella Seconda Repubblica non erano ancora presenti. Infine, Fassina risulta forte dove il centrosinistra lo era nel 2001, e anche rispetto a Marino si identifica relativamente di più con l’elettorato di quei municipi.

Il dato puramente geografico dà indicazioni sulle determinanti del voto, ma non riesce ad individuare chiaramente da cosa esso dipenda. Seppure con un numero limitato di osservazioni dato dal fatto che stiamo considerando solo il livello di municipio, nella seconda parte sfrutteremo la variabilità fra municipi per cercare di individuare, con stime OLS, i fattori da cui dipendono la struttura interna del voto di ciascun candidato e le variazioni rispetto ai candidati dello stesso schieramento nelle elezioni precedenti. Useremo per l’analisi non solo i flussi elettorali, ma anche alcune variabili socio-economiche a livello di municipio, quali la percentuale di over 55 e di under 30, il reddito, il livello d’istruzione (percentuale di laureati e di non diplomati), e alcune variabili territoriali, quali la densità abitativa (escluse le zone verdi), la variazione del numero di immigrati, il numero di immigrati, il numero di bambini su posti negli asili nido. Faremo questa analisi anche per i risultati del ballottaggio.Infine, verificheremo attraverso l’analisi delle dinamiche del rapporto preferenza-voto le diverse forme del radicamento dei partiti nella città.

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