Il velo islamico: tradizione o emancipazione femminile? Il caso dell’Indonesia

Naila Shofia esamina le ragioni che spingono le giovani donne indonesiane ad indossare il velo islamico. Dopo aver ricordato che molti considerano questa pratica un segno di arretratezza, sottomissione, o fondamentalismo, Shofia presenta dati da cui risulta che il velo è più spesso adottato da donne istruite che partecipano alla forza lavoro e che il suo uso è sistematicamente associato con le opportunità lavorative per le donne. Il velo può, quindi, essere collegato alle aspettative sociali di rispettabilità e alla partecipazione alla vita lavorativa.

In Occidente, vi sono due principali interpretazioni del velo, come pratica religiosa delle donne musulmane in tutto il mondo : come simbolo di oppressione e sottomissione della donna, o come manifestazione di un credo fondamentalista.

Questo articolo offre una lettura alternativa, che dà sostegno all’interpretazione del velo come strumento di “isolamento portatile” (Papanek, Separate Worlds, 1972) che consente alle donne di uscire di casa –per studiare, lavorare, e in generale integrarsi nella sfera pubblica– senza essere stigmatizzate dalla società (Carvalho, in Quarterly Journal of Economics, 2013). I dati che mostrerò suggeriscono che l’aumento dell’uso del velo è associato a una maggiore attività delle donne, al di fuori delle mura domestiche, a scopo di istruzione o di lavoro.

L’Indonesia, il più grande paese a maggioranza musulmana, con l’80% di credenti su una popolazione totale di 262 milioni, rappresenta un ottimo caso per esplorare questo fenomeno. I dati mostrano un forte aumento nel numero di donne indonesiane che indossano il velo: una ricerca etnografica di Smith-Hefner (The Journal of Asian Studies, 2007) evidenzia che alla fine degli anni settanta, nell’università dove è stato condotto lo studio, solo il 3% delle studentesse portava il velo. Nel 2002, la percentuale era aumentata in maniera considerevole, raggiungendo il 60%.

Il trend crescente nell’uso del velo va di pari passo con la progressiva democratizzazione, e con il rapido sviluppo economico, che hanno segnato la storia del paese negli ultimi trent’anni. Se il velo è davvero simbolo di oppressione, perché sempre più ragazze decidono di indossarlo proprio quando aumentano la libertà di espressione, il livello di istruzione, e il benessere economico? Inoltre, questa significativa diffusione del velo ha avuto origine non tra le donne anziane in aree rurali, ma tra le giovani donne istruite del ceto medio urbano (Smith-Hefner, in The Journal of Asian Studies, 2007). Queste osservazioni risultano quindi in contrasto con le interpretazioni prevalenti dell’uso del velo.

In un’indagine condotta nel 2016 da JakPat, un istituto di sondaggi locale, il 71,4% delle intervistate dichiarava di indossare il velo. Questo risultato è abbastanza simile tra gruppi con diversi livelli di istruzione, e anzi tende ad essere più alto tra le donne più istruite (v. Tab. 1).

La stessa indagine chiedeva alle donne la ragione per la quale avessero scelto di indossare il velo. Contrariamente all’interpretazione convenzionale, la maggior parte delle intervistate ha dichiarato di indossare il velo non perché imposto dal consorte o dai genitori, né per seguire la moda, ma per propria volontà. Anche questo risultato non varia sostanzialmente tra gruppi con diversi livelli di istruzione (v. Tab. 2).

Per avere una visione più completa, ci possiamo servire di un’altra indagine eseguita dal Pew Research Center, un autorevole centro di ricerca internazionale. Una delle voci incluse nel Pew World Muslim Survey del 2012 riguarda l’uso del velo. Nella tabella 3, le intervistate indonesiane sono distinte a seconda che indossino il velo o no. I due gruppi risultano molto simili tra loro, ma tra le donne che indossano il velo la proporzione di donne sposate è minore e il livello di istruzione è mediamente più alto.

Dato che entrambi i sondaggi raccolgono informazioni sul livello di istruzione, è possibile analizzare la relazione tra livello di istruzione e probabilità di indossare il velo, tenendo conto di altre caratteristiche delle intervistate. I risultati, riportati nella tabella 4, mostrano che un alto livello di istruzione è associato con una maggiore probabilità di indossare il velo, in linea con l’ipotesi principale di questo articolo.

Il sondaggio di JakPat contiene anche informazioni sullo status lavorativo delle intervistate, che possiamo utilizzare per individuare regolarità empiriche nella probabilità di indossare il velo. I risultati sono presentati nella tabella 5: la proporzione di donne velate nelle categorie “lavoratrici” e “studentesse” è più alta che tra le inattive. In altre parole, la probabilità di indossare il velo è più alta quando l’intervistata svolge un’attività fuori dalle mura domestiche, in linea con l’ipotesi principale.

Nella mia ricerca, introduco un nuovo metodo per determinare il numero di donne che indossano il velo, che consiste nel contare il numero di studentesse che indossano il velo nelle foto degli annuari delle scuole superiori. In Indonesia le scuole custodiscono volumi contenenti informazioni dettagliate sugli studenti, accompagnate da foto degli stessi di dimensioni 3×4 cm.

Questi dati, che ho raccolto per un campione rappresentativo di scuole in 46 distretti, coprono gli ultimi tre decenni, e sono riportati nella fig.1. In linea con quanto evidenziato dalla ricerca etnografica discussa sopra, il numero di studentesse che indossano il velo aumenta sensibilmente nel corso del periodo di osservazione. Le proporzioni per gli anni più recenti sono simili a quelle stimate dall’istituto JakPat.

Usando questi nuovi dati, mostro che l’aumento nel numero di donne velate è associato alla crescita delle opportunità lavorative per giovani donne a livello di distretto. Dato che la domanda di lavoratrici in alcuni settori è influenzata dall’andamento delle esportazioni, posso utilizzare le variazioni del prezzo internazionale di queste ultime per stimare l’effetto causale delle opportunità occupazionali sull’uso del velo. L’intuizione è che uno shock positivo di domanda in industrie ad alto impiego femminile, come il tessile, determina un aumento nella domanda di lavoratrici, spingendo più donne a indossare il velo per poter uscire di casa e sfruttare le nuove opportunità economiche. La tabella 6 riporta l’associazione positiva tra opportunità di lavoro per giovani donne e percentuale di giovani donne che indossano il velo. L’effetto stimato è di circa 1,8, il che significa che la disponibilità di una nuova opportunità di lavoro è associata a 1,8 giovani donne in più che indossano il velo.

Ulteriori analisi corroborano un’interpretazione causale di questo risultato, ottenuto con il metodo econometrico delle variabili strumentali. In particolare, un aumento delle opportunità di lavoro per gli uomini non influenza la percentuale di donne che indossano il velo. Inoltre, nessun effetto emerge da uno shock positivo nei settori informali: questi lavori, infatti, non richiedono necessariamente di recarsi in un ufficio o in fabbrica.

Ricapitolando, usando tre dataset diversi, i risultati forniscono una risposta alternativa alla domanda “perché le donne musulmane indossano il velo?”. Il velo non è legato a scarsa istruzione, e l’imposizione da parte di coniugi e genitori non è tra le ragioni principali addotte dalle intervistate. L’uso del velo sembra invece essere collegato alla necessità di partecipare ad attività esterne all’ambito familiare, come scuola e lavoro. In particolare, vi è una relazione sistematica, a livello di distretti, tra l’emergere di nuove opportunità lavorative per le donne e l’aumento dell’uso del velo.

Comprendere meglio le ragioni per l’uso del velo ha implicazioni importanti anche per i paesi avanzati, in particolare per le politiche di integrazione. Vietare l’esposizione di simboli religiosi, tra cui il velo, può avere ricadute sociali ed economiche inattese. Una decisione come la messa al bando del velo, anche se pensata con l’intento di liberare le donne di religione musulmana dalle catene delle loro tradizioni, può rivelarsi controproducente, sottraendo loro uno strumento importante per facilitare la loro partecipazione e integrazione nella società.

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