Il Sud traina il Nord

Qualche meraviglia hanno suscitato i dati pubblicati dall’ISTAT relativi all’andamento per Regioni delle esportazioni italiane. Il dato era atteso con curiosità nel momento in cui la svalutazione dell’euro nei confronti del dollaro ha reso Italia ed Europa più competitive sul mercato internazionale.

Ebbene nell’andamento delle esportazioni italiane nel primo trimestre del 2010, tutte le ripartizioni territoriali fanno rilevare incrementi nelle esportazioni rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Ma gli aumenti più rilevanti si sono avuti nell’Italia insulare (Sicilia e Sardegna +51,8 per cento), nel resto del Sud (+ 7,6 per cento), nell’Italia centrale (+ 7,7 per cento) contro un più modesto 6,8 per cento dell’Italia nord orientale e un ancor più modesto 4,1 per cento delle regioni più avanzate d’Italia e cioè dell’Italia nord occidentale.

La dinamica congiunturale, valutata sulla base dei dati trimestrali depurati della componente stagionale, evidenzia, nel primo trimestre 2010 rispetto al trimestre precedente, variazioni positive delle esportazioni per tutte le ripartizioni territoriali, ma appare singolare che il Centro-Sud abbia battuto nettamente il nord e che sia proprio l’Italia settentrionale ad abbassare la media nazionale al 6,6 per cento.

Il dato più misero si ha per il Veneto, regione tradizionalmente esportatrice e che ora registra un aumento del solo 1,6 per cento. Ed è proprio su tale risultato che si è soffermata l’attenzione della Confindustria attribuendo la responsabilità del dato negativo “al nanismo” delle medie imprese venete. Affermazione singolare per una regione che ha, tra l’altro, il centro di raffinazione di Porto Marghera (la raffinazione di prodotti petroliferi è quella che ha fatto compiere il balzo alla Sicilia) e i centri industriali di Verona, Schio, Valdagno e che è anche una regione dove la “cooperazione” tra medie industrie nei servizi e acquisti ha o, almeno, aveva raggiunto un buon livello.

Sembra necessario scavare dunque un po’ di più e meglio nei risultati del Nord per capire se Lega e PDL hanno compreso e sostenuto ricerca, innovazione, imprenditorialità o si sono invece attardate nello sventolio di false bandiere e nell’agitazione antiunitaria.

Quel che è certo è che tutta l’economia del Nord registra un ritardo nel cogliere le occasioni – almeno queste – che la congiuntura offre e che offre soprattutto in direzioni di grandi mercati nuovi (ma ben noti a Venezia). Al di là di ciò appare chiara l’assenza di obiettivi strategici adeguati ad un mercato internazionale che sta cambiando con grande velocità e che certamente non ha per cardini né l’Albania né la Libia, non ostante l’apporto di quest’ultima al nostro approvvigionamento energetico.

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