Il Reddito di cittadinanza: questioni irrisolte

Laura Spampinato richiama l’attenzione su alcuni aspetti problematici e piuttosto trascurati del Reddito di Cittadinanza. Fra questi richiama i vincoli di spesa: come si può affrontare una spesa inattesa se solo un massimo di 100 euro è distribuito in contanti e come vivere nell’eventuale periodo di rinnovo del beneficio, se occorre spendere nel mese tutto ciò che si riceve? Spampinato ricorda, altresì, i rischi, anche per la salute, che derivano dall’inattività e dall’atteggiamento diffuso di considerare la povertà frutto di un fallimento personale, additando nuove vie per l’attivazione.

Iniziamo da alcune specifiche questioni.

Il diciannovesimo mese. Durante i primi 18 mesi di riscossione del sostegno non è possibile mettere da parte qualcosa per poter affrontare il diciannovesimo, in cui non viene erogato nulla a termini di legge, in quanto Inps controlla che l’intera cifra mensile venga spesa completamente, pena una decurtazione successiva. Pertanto, in attesa di poter presentare nuova domanda per i 18 mesi successivi, il beneficiario si trova nella condizione di dover chiedere aiuto a parenti/amici per sopravvivere, e non in tutti i casi è possibile ricevere tale aiuto. Che senso ha questa interruzione? Se permangono condizioni per il rinnovo, dovrebbe bastare una comunicazione entro il diciottesimo mese in modo da far proseguire il beneficio per successivi 18 mesi, senza traumi. Poi ci sarà da affrontare il problema del termine dei secondi 18 mesi, che dovrebbero segnare la fine di ogni sostegno, con devastanti conseguenze. È già adesso un pensiero che porta pena e paura ai beneficiari.

L’importanza di fare qualcosa. La percezione che ha la maggior parte di familiari, amici, conoscenti, compaesani, concittadini, è che lo stato di inattività sia colpa da addebitare al beneficiario, che approfitta pigramente del denaro ricevuto senza dare nulla in cambio, mentre gli altri si spaccano la schiena per guadagnare quasi la stessa cifra. Questo atteggiamento, abbastanza comune, che crea grave danno all’autostima, aumentando così l’intensità del male della depressione. Tale malattia porta al deterioramento delle capacità di apprendimento, sia teorico che pratico, insito in ogni attività lavorativa. Più tempo passa in questa situazione, più ci si ammala e peggiorano i rapporti con le altre persone.

Al Patto deve seguire un’azione immediata, e cioè adesione ad un corso formativo o di aggiornamento professionale, o a qualche forma di attività da svolgere anche da casa se non è possibile fuori (restrizioni Covid, disabilità, difficoltà logistiche). In questo modo l’atteggiamento degli altri cambia, di conseguenza cresce l’autostima e si riavvia il circolo virtuoso. Inoltre, dopo lunghi anni passati senza impegni lavorativi, è bene prevedere una ripresa graduale di ritmi e carichi, e questa viene facilitata dalle 16 ore settimanali di disponibilità indicata per legge ma raramente messa in pratica dai Comuni.

Riguardo la firma del Patto, nessuna differenza è stata notata firmandolo con le regole del Rei e quelle del Rdc in caso di disabilità. È stato chiesto all’Assistente Sociale da un beneficiario Rei passato a Rdc, di poter fare qualcosa, borse lavoro ad es. , ma la risposta ricevuta è stata di curarsi e basta, non essendo disponibile alcun percorso di questo o altri generi.

Potrebbe dipendere dai territori, in alcuni possibile e in altri no, ma bisogna fare in modo che opportunità vi siano per gli abitanti di ogni luogo, grandi città e paesi. Nessuno deve trovarsi tagliato fuori. Lo stato di salute dipende molto dalla serenità con cui guardiamo al giorno che viene. Non si pensa che molti di coloro che vivono con il solo Rdc combattono ogni giorno con la depressione legata allo stato di inattività e subiscono altresì violenza psicologica da parte di chi rimprovera loro tale stato. Sia gli attacchi sui social, carta stampata e in tv, minacciando continuamente di porre fine all’erogazione del Rdc, come forma di punizione per tutti a fronte di abusi di qualcuno, sono vissuti con tanta paura da famiglie intere, ripercuotendosi su umore e togliendo il sonno per la preoccupazione.

Il ruolo dell’ANCI. Non tutti i Comuni sono grandi e organizzati con Assessorati ad hoc o capaci di prendere iniziative. Anci deve agire fornendo precise indicazioni su come avviare iniziative di coinvolgimento di tutti i beneficiari, considerando le potenzialità, esperienze pregresse, capacità residue, di ciascuno. Tali azioni, in concreto le 16 ore settimanali di disponibilità dichiarata nel Patto, dovrebbero riguardare anche percorsi formativi, sempre utili, oltre ad attività di supporto alla Comunità locale, a cui siamo diventati tutti molto più sensibili in questi tempi terribili. Facendo qualche semplice calcolo economico, il Rdc sarebbe ripagato con 16 ore settimanali di servizio utile.

Come pagare le spese più impegnative. Facendo l’esempio di un beneficiario che riceve 500 euro mensili, di cui solo 100 in contanti, cosa succede se gli si guasta la caldaia o cade un avvolgibile della finestra o si rompe il frigorifero? Rimane al freddo e con acqua gelida, senza ricambio dell’aria, senza poter conservare il cibo. Chi fa credito, artigiano o negozio, per pagamento a rate con una carta rdc? Impossibile. Un rimedio a garanzia bisogna trovarlo. Mettiamoci fantasia e ne guadagnerà l’economia.

Il metodo Inps sa per ogni codice fiscale da quanto non sono versati contributi per la futura pensione. Se un 50enne non lavora da 10 anni non può aspettare fino a 67, senza far nulla, che arrivi la pensione di cittadinanza, quindi va filtrato dal database chi si trova in tale situazione e chiamato (anche disabili non gravi che non hanno diritto ad alcun tipo di sostegno dopo i 18 +18 mesi di Rdc). Alla chiamata deve seguire l’attivazione in qualche modo, e di cose da fare ce ne sono moltissime per rendersi utili, anche compagnia a persone sole, anche per telefono. Ci vuole un’analisi dei bisogni nel territorio e molto senso di responsabilità e solidarietà, ma il metodo deve essere severo per garantire a tutti lo stesso livello di partecipazione. Come per i vaccini, prima i più deboli, quindi coloro che fanno più fatica a rientrare in attività regolarmente retribuite, fino a raggiungere tutti. Non mi preoccupo dell’imposizione a fare qualcosa (sono sicura che ciascuno prova soddisfazione nell’essere coinvolto in modo solidale) ma che lo stimolo giunga realmente a tutti, senza discriminazioni.

Osservazioni basate su esperienza personale. La figura del Navigator, tanto contestata, suggerisce quali percorsi si possano fare per arrivare ad una meta, se vi siano salite, scale, barriere, in modo che ci si prepari adeguatamente per l’incontro con i datori di lavoro.

Sono stata un Navigator ma allora ci chiamavamo Orientatori. Questi professionisti sono preparati per affrontare tematiche che vanno dai luoghi dove ricevere la formazione richiesta dal mercato, alla ricerca di aziende nel territorio dove inserire disoccupati, fino all’eventuale assistenza per l’avvio di attività in proprio. Impossibile farne a meno. Cito dei casi del mio passato, quando ero appunto Navigator senza darmi questo nome. Nel 1998 fui responsabile di un Centro di orientamento comunale composto da me soltanto e ideai la collaborazione di 4 stagisti Legge Treu per movimentarlo al massimo: raggiungere e dare da fare qualcosa a tutti gli utenti del Servizio, disoccupati ma anche inoccupati, cioè molto giovani e senza esperienze, era il pensiero con cui mi alzavo ogni mattina. A una ragazza che voleva andare all’estero ma non aveva i mezzi, trovai collocazione tramite Agenzia tedesca presso una famiglia come baby sitter. Dopo un mese preferì andare a lavorare in un bar autonomamente e imparò la lingua. Quando uscivano nel sito regionale i Corsi gratuiti, appendevo i manifesti, cercavo nel mio archivio a chi proporli, telefonavo e davo le indicazioni per iscriversi. E i prestiti d’onore, anche, non solo proposti ma aiutando a compilare la domanda con il piccolo business plan che ciascuno aveva appena abbozzato, e spesso confuso, nella testa.

Nel 2005, avviato lo Sportello Assistenti Familiari comunale, mi capitò di dover cercare una famiglia che accogliesse la sera stessa una badante che era stata buttata per strada dall’anziana che l’aveva assunta, purtroppo demente e molto intransigente. Fortunatamente richieste per la convivenza ne avevo tante e subito risolsi. Insomma si può spaziare, se viene data libertà di agire con la motivazione di dare una soluzione ad ogni specifico problema e rispettare, possibilmente, ogni aspirazione.

Si dialogava in twitter giorni fa su sistemi per favorire l’incontro di domanda e offerta di lavoro. Nel 2000 entrai in un Centro locale per l’impiego in Canada e trovai una macchinetta dove mi sedetti a simulare una ricerca di lavoro. Ne stampai qualcuna in forma di guichet, cioè bigliettini. C’era scritto tutto molto chiaramente: orari, durata del contratto, compenso orario, a chi rivolgersi e requisiti richiesti. Oggi ci sono le App e non è difficile imparare ad usarle per approcciare i datori di lavoro. Osservate, ad es.: https://www.guichetemplois.gc.ca/trouverunemploi

Il Navigator può insegnare come usare il navigatore per la ricerca di lavoro, ma non solo: corsi, ore da mettere a disposizione per servizi e sostegno all’interno della comunità in cui si vive, facendo lievitare opportunità di incontro con possibili futuri datori di lavoro, e non distinguendo nettamente fra chi invitare o no per le attività da distribuire perché è bene far sentire liberi di aderire anche i disabili non gravi, che spesso si sentono soli.

Non è vero che il lavoro manca. C’è scarsità di offerte congrue, cioè pagate il giusto, in modo regolare. Non sempre per cattiva volontà del datore ma perché non ce la fa. Nel settore della cura, la cosiddetta badante – Assistente Familiare -, ha pur diritto di riposare, e se l’anziano è allettato, c’è bisogno di sostituirla, pagando ulteriori giornate. Quanti possono permettersi di pagare tutto perfettamente in regola? Un po’ si elude. In Ospedale le nottate, quando avete un parente ricoverato e avete bisogno di andare a casa, le fanno persone che pagate tutte in modo regolare? Nessuno può scagliare la prima pietra. Si devono trovare dei sistemi. Se si chiama un beneficiario di Rdc, che magari ha anche esperienza nel settore, si possono contare quelle ore come beneficio collettivo (le Banche del tempo usavano i blocchetti, mi ricordo, per gli scambi di ore). Come fa Uber, poi, si può rispondere a messaggio facendo un complimento.

Conclusione. Psicologi del lavoro e dell’organizzazione, Orientatori Navigator, Formatori, Esperti di Selezione del personale, di Marketing dei Servizi per l’impiego, di Politiche attive per il lavoro, Sociologi, Filosofi, Economisti, Statistici, Ricercatori, e soprattutto beneficiari di Rdc, devono confrontarsi per migliorare il sistema.

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