Il mercato delle acque in bottiglia in Italia*

1 Qualche numero globale     

Il ricorso alle acque in bottiglia [1] potrebbe essere giustificato – almeno per la prima necessità umana che è quella di dissetarsi – dalla necessità di sopperire alla scarsità di acqua potabile o di infrastrutture per trasportarla fino all’utente finale. Si dovrebbe quindi riscontrare una correlazione tra scarsità d’acqua e consumo di acque in bottiglia, almeno per quei paesi aridi ma con disponibilità di ricchezza tali da poterne sostenere i costi di imbottigliamento, trasporto e distribuzione dando per scontato che i paesi più poveri dove maggiore è la scarsità di acqua potabile non possono sostenerne i costi. Dai dati pubblicati dalla Beverage Marketing Corporation [2], invece, risulta che questa correlazione non è del tutto scontata. In termini di consumi totali, infatti, nei primi dieci posti (vedi tabella 1) vi sono i paesi più industrializzati o comunque paesi dove la disponibilità di acqua potabile, se si eccettuano determinate aree, non risulta essere una criticità.

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Sono dati in valori assoluti ma utili a dare contezza della quantità del fenomeno, soprattutto in relazione all’incremento registrato dal 2002 al 2007. In tutti i paesi, infatti, il fenomeno è in crescita anche se, al netto degli Stati Uniti, l’incremento è particolarmente significativo nei paesi di nuova industrializzazione come Messico, Brasile e soprattutto Cina.

 

2 Il mercato in Italia

Sempre guardando il dato assoluto, si può vedere come l’Italia sia il paese maggior consumatore d’Europa. Il peso delle acque minerali e in bottiglia nel paniere degli acquisti per alimentazione degli italiani si può meglio apprezzare guardando al consumo pro-capite. Come risulta infatti dal grafico 1, gli italiani sono i terzi consumatori al mondo di acqua in bottiglia. Con 204,8 litri pro-capite bevuti nel 2007, risultano i primi consumatori tra i paesi industrializzati. Un mercato probabilmente non giustificato in quanto le caratteristiche quantitative e qualitative dell’offerta di acqua per fini potabili sono sicuramente migliori dei primi due paesi consumatori (Emirati Arabi e Messico).

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Il grafico mostra l’andamento dei consumi pro-capite dal 2002 al 2007. Tranne in Francia dove vi è un’inversione di tendenza e in Arabia Saudita dove i consumi restano sostanzialmente stabili, in tutti gli altri paesi si registra un incremento. E solo il maggiore aumento dei consumi pro-capite negli Emirati Arabi (dove però bisogna tener presente che la popolazione è di poco più di 4 milioni di abitanti) e nel Messico hanno consentito che il primato dei consumi pro-capite di acque in bottiglia non restasse dell’Italia come invece si era registrato nel 2002.

L’importanza del fenomeno del mercato delle acque minerali in Italia è confermato anche dall’indagine ISTAT sugli aspetti della vita quotidiana delle famiglie. L’istituto di statistica rileva che l’88,6 per cento delle persone di 14 anni e più dichiara di bere acqua minerale, quota che risulta in lieve aumento rispetto al 2001 quando era di circa l’87 per cento. A livello di ripartizione territoriale, nel Nord-Ovest si concentra la più alta quota di persone che bevono acqua minerale (92,8 per cento) mentre la quota più bassa si registra nel Sud (83,7 per cento) [3].

Questi dati rilevano come sia alta la disponibilità degli italiani a pagare un servizio di cui già dispongono. Infatti, la copertura del servizio idrico integrato ormai raggiunge la quasi totalità delle utenze domestiche con costi relativamente contenuti rispetto alla media degli altri paesi. L’acqua offerta, poi, ha buone performance qualitative garantite da un sistema di controlli efficiente e ormai consolidato. La qualità dell’acqua che sgorga dai rubinetti di ogni casa non giustifica pertanto un ricorso così massiccio al consumo di acqua in bottiglia, presente sul mercato ad un prezzo molto più alto rispetto a quella del servizio idrico, senza contare la difficoltà a prelevare un prodotto dai punti vendita dedicati in sostituzione di quello direttamente disponibile dal rubinetto di casa.

La disponibilità a pagare le acque in bottiglia in Italia sostiene un mercato le cui cifre sono ragguardevoli. Relativamente alle sole acque minerali – che sono parte dell’insieme delle acque in bottiglia – dalla tabella 2 risulta che al 2007 si contavano 321 marche per un giro di affari complessivo di 2.5 miliardi di euro [4].

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La tabella mostra pure come le più vendute siano le acque lisce naturali, cioè quelle che per percezione al gusto più si avvicinano all’acqua di rubinetto.

Questo ricorso all’acqua in bottiglia in sostituzione dell’acqua di rubinetto può essere spiegato ancora una volta con i risultati dell’indagine sulla vita delle famiglie dell’ISTAT, dove il 35,4 per cento degli intervistati a livello nazionale dichiara di non fidarsi dell’acqua del rubinetto [5]. Tuttavia, anche questa percezione, se analizzata a livello di singola regione come riportato nel grafico 2 in alcune aree del paese non mostra correlazioni dirette con lo sviluppo del mercato delle acque minerali. Si è visto dai dati di Mineracqua, l’associazione degli imprenditori del settore, come il mercato sia più sviluppato nel Nord-Ovest che nel Mezzogiorno, dove però più alta è la percentuale di intervistati che non si fidano di bere acqua del rubinetto. Inoltre, dall’indagine ISTAT si può rilevare, al netto dell’Emilia Romagna, una certa correlazione a livello regionale tra la percezione di inaffidabilità del servizio (irregolarità percepite nell’erogazione di acqua) e la percezione di bassa qualità della stessa. Unica eccezione è costituita dalla Campania, dove a fronte di una percezione di inaffidabilità del servizio tra le più alte, è relativamente bassa e comunque inferiore alla media del Mezzogiorno la percentuale di intervistati che non si fidano di bere acqua di rubinetto. E questo nonostante le dichiarate emergenze di inquinamento diffuso in quel territorio.

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Il ricorso all’acqua in bottiglia, non trova quindi in Italia motivazioni razionali che ne giustifichino un così largo uso. Evidentemente è un mutamento delle abitudini alimentari avvenuto piuttosto recentemente. Si stima infatti che il consumo di acqua in bottiglia sia aumentato dal 1980 ad oggi del 310 per cento circa. Un mutamento delle abitudini non giustificato certamente dalla qualità delle acque che sgorgano dai rubinetti di casa. Queste, come già detto, hanno sistemi di controllo consolidati la cui rintracciabilità dovrebbe essere più affidabile di quelle delle acque in bottiglia. Da non trascurare, inoltre, è l’impatto sull’ambiente che ha questa nuova abitudine alimentare. Come riportato nella tabella due la maggior parte delle acque viene commercializzata in imballaggi di plastica. Ai costi ambientali per la produzione di questi imballaggi sono da aggiungere i costi per il riciclo o lo smaltimento del vuoto, senza contare l’impatto sull’atmosfera che lo spostamento merci dal nord verso il sud del paese, prevalentemente effettuato su gomma, causa.

 

3   Conclusioni

L’analisi mette in luce come sia diffuso in Italia il consumo di acque in bottiglia. Ciò pone degli interrogativi non solo sull’impatto, non banale, sull’ambiente (si è detto della quantità di imballaggi da smaltire e del carico sulle emissioni di CO2 prodotto dalla commercializzazione) ma anche sulla tutela della risorsa idrica. Il mercato delle acque in bottiglia, infatti, evidenzia una disponibilità a pagare del consumatore in netta contrapposizione con le resistenze a introdurre per il servizio idrico integrato una tariffazione efficiente che tenga conto anche del consumo della risorsa idrica stessa. Queste resistenze, probabilmente dovute alla diffusa convinzione che l’acqua “del rubinetto” essendo un bene fondamentale debba essere quasi a libero accesso, stanno rallentando la riforma del servizio idrico integrato e la conseguente applicazione di tariffe eque, ponendo le utenze italiane tra gli ultimi posti in Europa per spesa annua sostenuta per il servizio idrico integrato [6]. Come dire non si è disposti a pagare per l’utilizzo dell’acqua potabile un costo equo che garantisca anche la riduzione degli sprechi e si preferisce comprare acqua in bottiglia ad un costo di gran lunga più alto rispetto a quella del rubinetto di casa.   

 

Bibliografia

Beverage Marketing Corporation, The Global Bottled Water Market, 2007

Beverfood, Acque minerali e sviluppo sostenibile, 2008

Bevitalia, Acque minerali, bibite e succhi, soft drinks Italy, Annuario 2008-2009 in collaborazione con Mineracqua, 2009

Federutility, Bluebook I dati del servizio idrico integrato in Italia, 2009

ISAE, Scenari di medio e lungo termine per lo sviluppo sostenibile, documento di discussione maggio 2009

ISTAT – settore Famiglie e Società, La vita quotidiana nel 2007 – Indagine multiscopo annuale sulle famiglie, 2007

Ministero dello Sviluppo Economico – Dipartimento per lo Sviluppo e la Coesione Economica, Indicatori regionali di contesto chiave e variabili di rottura, aggiornamento ad aprile 2009

 


Il presente articolo è parte delle riflessioni svolte nel Documento di discussione “Scenari di medio e lungo termine per lo sviluppo sostenibile” elaborato dall’ISAE, dall’Istituto Universitario di Studi Superiori di Pavia e dal Laboratorio Economia dell’Ambiente dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata in corso di pubblicazione.

 

[1] Con il termine acque in bottiglia si vuole indicare non solo le acque minerali che come noto rispondono a determinate caratteristiche organolettiche, ma manche tutti gli altri tipi di acqua imbottigliata (es. acqua di fonte, acqua naturale semplice, gasata artificialmente, demineralizzata, ecc.).

 

[2] Cfr: Beverage Marketing Corporation, The Global Bottled Water Market, report 2007.

[3] Cfr: ISTAT, Settore Famiglia e società, La vita quotidiana nel 2007 Indagine multiscopo annuale sulle famiglie “Aspetti della vita quotidiana”

[4] Anno 2007 Cfr: Bevitalia, Acque Minerali, Bibite & Succhi Soft Drinks Italy, Annuario 2008–2009 in collaborazione con Mineracqua

[5] Cfr: ISTAT, Settore Famiglia e società, La vita quotidiana nel 2007, cit. 

[6] Cfr. Federutility, Bluebook I dati del servizio idrico integrato in Italia, 2009.

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