Il grande esempio di un piccolo uomo sardo

Marina Cicolini ci fa conoscere la storia di Ovidio, anziano agricoltore/allevatore sardo protagonista di una vicenda giudiziaria per molti versi inusuale che nasce da un non frequente episodio di resistenza alle lusinghe della ricchezza. Ovidio possiede nelle vicinanze della spiaggia di Tuerredda, nel sud ovest della Sardegna, una piccola casa e una stradina che collega la piccola casa alla spiaggia. Un giorno qualcuno ha deciso che quella spiaggia fosse il luogo ideale per costruire un lussuoso resort. Ma Ovidio non la pensava così…..

Non sono venuta qui per caso. Il desiderio di conoscere Ovidio, la sua storia, ammirare la spiaggia di Tuerredda mi ha indotto a venire qui, nell’estremo Sud della Sardegna, con Sara. Volevo stringere la mano ad un uomo speciale: un agricoltore, allevatore sardo che mi ricorda un pochino mio zio che purtroppo non è più con noi. Non è stato così semplice incontrarlo. Egli, come mio zio, come molti uomini che hanno condotto un’esistenza difficile, faticosa, vergata di sacrifici è un uomo schivo, un po’ rude, un po’ diffidente, un po’ sarcastico.

Grazie a Piero, il proprietario dell’agritour dove risiedo, e Consolata la splendida nipote che aiuta Ovidio ho avuto la possibilità d’incontrarlo. Ovidio vive da sempre nella sua casina vicino alla spiaggia di Tuerredda. Condivideva la casa con un fratello che soffrì per molti anni di una grave menomazione fisica, Ovidio se ne fece carico. Ormai ha raggiunto un’età avanzata ma la sua parola, la sua attenzione, il suo pensiero semplice, onesto, chiaro risultano intatti, affascinanti.

Trascorre gran parte delle giornate solo, col suo bastone, col suo cane, i gatti, seduto su una panca di pietra sulla soglia della sua casina. Ancor oggi coltiva l’orto, è vigile, fiero.

Il silenzio lo avvolge, trapassa le sue giornate, è culla di pensieri, ricordi. Solo Consolata e pochi altri lo interrompono. Per me non è semplice comprendere ciò che dice, si esprime solo nel suo dialetto, ma Consolata e Piero mi aiutano.

Anche per lui è difficile dialogare con me, non parla molto, risponde con frasi brevi, chiare. La diffidenza non lo abbandona, almeno inizialmente, si meraviglia che sia andata a cercarlo.

Non pare rendersi conto né provare alcun interesse per aver catalizzato sulla sua persona tanto interesse. Mi incuriosisce molto la storia della causa giudiziaria che lo ha occupato.

Più di cinque anni fa costruttori di tutto riguardo, nomi notissimi a livello nazionale e forse internazionale ed una banca decisero di venire proprio qui per costruire un resort come viene chiamato. In pratica un sacco di case a pochissimi passi dalla splendida spiaggia di Tuerredda. Ci si chiede come ciò sia stato possibile viste le leggi che qui, mi dicono,- per fortuna, aggiungo io – sembrerebbero escludere  questa facoltà.

Sta di fatto che molte, molte costruzioni vennero tirate su con oggettivo dispregio del territorio ed un’architettura brutta.  Dicono che l’idea fosse quella di riservare la spiaggia di Tuerredda ai soli fortunati ospiti del resort. Dicono che il resort nel suo insieme – la Cassazione ha decretato che si tratta di  un progetto unitario – avrebbe potuto accogliere una grande moltitudine di persone.

Costruirono anche a venti metri dalla casina di Ovidio e sopra una stradina di sua proprietà, la stradina che da sempre lo aveva condotto alla sua abitazione. Costruirono con arroganza, dispregio, egli dice. Fece così ricorso.

Loro volevano risarcirlo, sbrigarsela velocemente, dargli un altro passaggio, lo avrebbero riempito di montagne di soldi. Se poi avesse voluto cedere anche quei benedetti cinque ettari di terreno e la sua vecchia casina  avrebbe potuto vivere il resto della sua vita con i migliori lussi, anche la sua nipote ne  avrebbe tratto sicuro beneficio, mai più lavoro solo una vita piena di agi per loro e per molte generazioni.

Ma Ovidio non voleva questa montagna di soldi; coerentemente con il suo stile di vita, il suo spirito e la  sua anima, non li voleva. Fece così ricorso contro la costruzione di edifici proprio sulla strada, la strada che collega il suo stazzo alla spiaggia.

Iniziò così una vicenda giudiziaria che, almeno finora, lo vede vincitore. La Corte di cassazione a sezioni riunite, alcuni mesi fa ha respinto il ricorso presentato dalla società che voleva costruire il resort e questa sentenza viene dopo quelle analoghe del Tar e del Consiglio di Stato.

In questa lunga vicenda giudiziaria mi racconta che altri hanno provato ad insinuarsi, ad approfittarne aumentando così le spese e l’impegno in sede giudiziaria. Per portare avanti questo impegno è stato prezioso l’appoggio sincero di una esponente di un’importante associazione ambientalista. Il carico, la pressione, le spese sarebbero stati eccessivi per Ovidio e Consolata.

Le molte costruzioni del resort sono ancora li recintate chiuse abbandonate, violentano il territorio, da molti anni. Chissà cosa ne sarà. La popolazione del luogo si è divisa molti approvano la legittima difesa dei propri diritti messa in atto da Ovidio, altri lo criticano, sostengono che con la sua azione ha frenato lo sviluppo.

Io penso, come molti, che, in nome dello sviluppo, qui si potrebbero fare moltissime altre cose. Per esempio aiutare le persone che vivono in questo paradiso a attrezzarsi per offrire piccoli luoghi di alloggio e ristoro e creare le infrastrutture adeguate e i trasporti per accedere alle spiagge. Tanto lavoro, tante opportunità per molti che potrebbero collaborare tra loro in una rete cooperativa. Gli enti localidovrebbero favorire, incentivare questo sviluppo paziente. Banche locali cooperative, etiche dovrebbero esserne il braccio finanziario. Seguendo questo modello non si diventerebbe straricchi, ma molti potrebbero vivere dignitosamente del proprio lavoro. Molti diventerebbero piccoli imprenditori e potrebbero godere di un guadagno paziente.  La pazienza di chi sa seminare, come Ovidio, semi preziosi in questa terra arida dove non piove quasi mai e sa attendere, aver fede nei frutti che verranno. E poi i frutti arrivano e sono straordinari. E questo sviluppo rispetterebbe il territorio, permetterebbe di lasciare alle future generazioni il paesaggio – che non ci appartiene – nelle condizioni in cui lo abbiamo trovato.

Ovidio mi dice “ l’uomo ha sempre desiderato arricchirsi ma oggi esistono troppe persone che venderebbero la loro anima per il danaro, questo non va bene.” E scuote la testa. Poi inizia una conversazione con la nipote e Piero di cui intuisco davvero poco. Sta esprimendo la sua contrarietà al fatto che persone del luogo che sono qui da generazioni vendano la terra e le case a persone oimprenditori che arrivano da lontano e diventano proprietari di grandi estensioni di terreno. Scuote la testa…muove il bastone esprime il suo dissenso.

Guarda con tristezza la costruzione vicina alla sua casetta coi suoi piccoli vivaci occhi. Chissà se riuscirà a vedere la fine di questa vicenda giudiziaria. Ovidio, se lo vogliamo ascoltare, ci insegna che nella nostra vita c’è qualcosa di molto più importante della corsa al massimo profitto. Ci insegna che l’accumulazione e la continua crescita del danaro dei beni in mano a pochi non è cosa buona. Ovidio e la sua nipote ci insegnano che vi sono valori, principi che pur traducendosi in rinunce, sacrifici rendono la nostra vita degna. Sono valori, principi irrinunciabili, senza prezzo.

Ovidio e Consolata, come molti altri, non solo ce lo dicono ma, messi alla prova, ne danno testimonianza concreta. C’è bisogno di questo più di tutto, di esempi concreti, di persone coraggiose, che sanno rinunciare. Sono queste le persone da emulare, quelle che dovrebbero meritare più di ogni altro il nostro rispetto.

Ovidio ci ha lasciate con un saluto, un dolce sorriso, dandoci l’illusione che, in fondo, la nostra visita gli abbia fatto piacere. Grazie. Lunga vita, Ovidio!

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