Il governatore e la crisi

Anche se la prudenza e la  cura di  non marcare differenze con la Presidenza del Consiglio hanno consigliato al Governatore della Banca d’Italia toni molto misurati, il punto sulla crisi fatto da Draghi  all’assemblea del 29 maggio 2009 è stato chiaro: “non è ancora possibile individuare con certezza una definitiva inversione ciclica: si prevede che la crescita riprenderà nel 2010. L’attesa generale per i prossimi mesi è di riduzioni di occupazione, di reddito, accompagnate dal permanere di volatilità sui mercati finanziari, con riflessi negativi sui consumi e sugli investimenti…compito delle politiche economiche è attenuare la spirale negativa tra disoccupazione e consumi.” E ancora: “In Italia la crisi mondiale determinerà,secondo le previsioni, più aggiornate , una caduta del PIL di circa il 5 per cento quest’anno, dopo la diminuzione di un punto nel 2008”. “ I recenti segnali di affievolimento della fase più acuta della recessione provengono dai mercati finanziari e dai sondaggi d’opinione più che dalle statistiche dell’economia reale. Il ritorno ad una crescita duratura richiede che l’economia internazionale si riprenda stabilmente, che la debolezza del mercato del lavoro non si ripercuota ancor più duramente sui consumi interni, che si rafforzi la struttura del nostro sistema produttivo”. “ Il passaggio dei prossimi mesi sarà decisivo: una mortalità eccessiva che colpisca per asfissia finanziaria anche aziende che avrebbero il potenziale per tornare a prosperare dopo la crisi è un secondo, grava rischio per la nostra economia”.

Che fare, dunque? Draghi ha dato atto agli organismi internazionali, all’Europa e al governo italiano di aver attuato misure di temporaneo sollievo (che tuttavia hanno raggiunto solo una parte dei cittadini) e ha indicato una serie di misure che banche e imprese dovrebbero attuare e di cui una più incisiva vigilanza, anche internazionale,  sulle regole e sulla loro applicazione  può accrescere l’incisività. L’Italia tuttavia non può permettersi di limitarsi al temporaneo e ad un ritorno della crescita al “basso  sentiero degli ultimi decenni” con “produttività stagnante, bassi investimenti, bassi salari, bassi consumi, tasse alte.” Una risposta incisiva all’emergenza è possibile solo se accompagnata da comportamenti e da riforme che ci consentano di uscire dalla crisi più forti di prima. “ Il completamento degli ammortizzatori sociali, la ripresa degli investimenti pubblici, le azioni di sostegno della domanda e del credito avranno gli effetti sperati solo se coniugati con riforme strutturali”.
Non si dimentichi che il rischio per l’Italia è di ritrovarsi dopo la crisi non solo con più debito pubblico, ma con un capitale privato, fisico e umano, depauperato dal forte calo degli investimenti e dall’aumento della disoccupazione. Contro tale prospettiva occorrono misure immediate anche se con effetto differito, senza rinvii ad ulteriori atti normativi e a decisioni amministrative.

                                                                                            l.b.

ps: Il governatore Draghi è tornato sul tema della crisi parlando a Berlino il 16 giugno u.s. come presidente del Financial stability board International sottolineando  l’urgenza di disegnare strategie di uscita dalla crisi e ha sollecitato un forte impegno per attuarle. La sottolineatura non sembra tuttavia che sia stata intesa da coloro che pensano che dalla crisi stiamo già uscendo e che,  in ogni caso, dalla crisi si uscirà tornando al modello antecedente la crisi.

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