Il funzionamento della Recovery and Resilience Facility*

Alessandra Cataldi descrive in modo dettagliato il funzionamento della Recovery and Resilience Facility, il meccanismo europeo istituito per sostenere la ripresa economica degli Stati membri dopo la crisi pandemica. Cataldi richiama le caratteristiche principali dello strumento, le sue condizionalità, ne evidenzia gli aspetti di novità rispetto alle tradizionali politiche europee e ricorda che a breve l’Italia riceverà la prima rata dei fondi a lei destinati.

A dicembre 2021 l’Italia ha presentato la prima domanda di pagamento alla Commissione europea per ricevere i finanziamenti messi a disposizione dalla Recovery and Resilience Facility. Il valore della rata è di 21 miliardi e sarà erogata (a breve) non appena concluso il processo di validazione della richiesta. In quanto segue ripercorriamo le caratteristiche del nuovo strumento europeo, evidenziandone le peculiarità.

La Recovery and Resilience Facility, o Dispositivo per la ripresa, è lo strumento di finanziamento introdotto dall’Unione europea per far fronte alle conseguenze economiche della crisi da Covid-19. Istituito nel febbraio 2021 con il Regolamento (UE) 2021/241 e in vigore fino al 2026, mette a disposizione degli Stati membri 312,5 miliardi di sovvenzioni a fondo perduto, da rimborsare attraverso il bilancio della UE, e 360 miliardi di prestiti (a prezzi 2018), che saranno rimborsati direttamente dagli Stati beneficiari. Rispetto agli altri interventi attuati per fronteggiare la crisi, si connota come meccanismo perequativo e di solidarietà tra Stati membri, rappresentando un elemento decisamente nuovo all’interno dell’architettura europea.

Il Dispositivo per la ripresa è finanziato attraverso nuove risorse reperite dalla Commissione europea sui mercati con l’emissione di titoli, collocati a condizioni più favorevoli di quelle sostenute dalla maggior parte degli Stati membri sui propri titoli di debito. La Commissione europea può già emettere titoli sui mercati per erogare prestiti nell’ambito di altri programmi specifici, ma l’entità delle risorse reperite attraverso il Dispositivo non ha precedenti.

Le emissioni obbligazionarie della Commissione sono garantite da tutti gli Stati membri attraverso il bilancio della UE e aumentando la differenza tra i contributi che la UE può chiedere agli Stati membri (massimali delle risorse proprie) e i fondi spesi (massimali di pagamento del bilancio a lungo termine). È quindi aumentata la capacità da parte della Commissione di contrarre prestiti sui mercati utilizzando come garanzia il bilancio della UE.

Inoltre, il bilancio della UE (che non può operare in deficit) servirà anche per il rimborso delle sovvenzioni a fondo perduto e, a tal fine, è stato deciso di introdurre nuove entrate. Attualmente, i contributi versati dagli Stati membri alla UE sono rappresentati dalle risorse proprie, vale a dire: i dazi doganali; una quota trattenuta sull’IVA; un contributo proporzionale al Reddito nazionale lordo degli Stati membri (che costituisce la voce di entrata più rilevante). A ciò si aggiungono i versamenti delle imposte del personale della UE, i contributi da parte di Paesi terzi per specifici programmi, le multe e gli interessi pagati dagli Stati membri che commettono infrazioni in materia di concorrenza.

Per finanziare il Dispositivo per la ripresa sono state incrementate dal 2021 le risorse che potranno essere chieste direttamente agli Stati membri come contributo proporzionale al Reddito ed è stato introdotto un contributo nazionale legato ai rifiuti di imballaggio in plastica non riciclata. Inoltre, sono state proposte ulteriori entrate: una risorsa basata sulle emissioni inquinanti; un prelievo digitale; una risorsa sulle transazioni finanziarie e un nuovo contributo sul settore societario.

I prestiti a ciascuno Stato membro non possono superare il 6,8% del Reddito nazionale lordo (RNL) del 2019, mentre le sovvenzioni sono calcolate attraverso un meccanismo in due fasi che considera sia elementi strutturali (catturati da indicatori del mercato del lavoro quali il tasso disoccupazione) che congiunturali (l’impatto asimmetrico dello shock sul PIL). Nel dettaglio, il 70% viene calcolato sulla base della popolazione, dell’inverso del PIL pro capite e del tasso di disoccupazione di ciascuno Stato rispetto alla media dell’Unione (2015-2019); il 30% viene calcolato sulla base della popolazione, dell’inverso del PIL pro capite e, in pari proporzioni, della variazione del PIL reale nel 2020 e della variazione aggregata del PIL reale durante il periodo 2020-2021. Sono poi previste delle soglie massime per evitare una eccessiva concentrazione delle risorse fra Stati membri.

I fondi (Figura 1) sono erogati previa approvazione da parte della Commissione europea e del Consiglio di un programma dettagliato di riforme ed investimenti, il cosiddetto Piano nazionale di ripresa e resilienza. Fatto salvo un prefinanziamento del 13%, i pagamenti vengono effettuati dalla Commissione a rate fino al 2026, con un massimo di due rate all’anno, man mano che lo Stato membro procede nell’attuazione del Piano e solo in seguito al raggiungimento di determinati traguardi e obiettivi, dettagliati nel Piano stesso.

Figura 1: Sovvenzioni e prestiti della Recovery and Resilience Facility, novembre 2021, miliardi di euro

Fonte: Commissione europea 

La percezione dei fondi, quindi, è legata ad una stretta condizionalità. Questa fa riferimento, in primis, alle tipologie di riforme ed agli investimenti finanziabili, che non possono riguardare spese ricorrenti e devono concentrarsi in sei ambiti: transizione verde; trasformazione digitale; crescita sostenibile e inclusiva; coesione sociale e territoriale; salute e resilienza economica, sociale e istituzionale; politiche per l’infanzia e i giovani. Alla transizione verde e alla trasformazione digitale devono essere destinate, rispettivamente, almeno il 37% e il 20% delle risorse del Piano.

In linea con gli obiettivi ambientali, nessuna misura deve arrecare un danno significativo all’ambiente (ai sensi del Regolamento (UE) 2020/852). Inoltre, riforme e investimenti devono essere definiti anche in risposta alle indicazioni di policy formulate ciclicamente dalla Commissione agli Stati membri (nell’ambito del Semestre europeo) e in linea con gli obiettivi del Pilastro europeo dei diritti sociali e di sviluppo sostenibile dell’ONU. Il Piano per la ripresa e la resilienza dovrebbe, poi, indicare il contributo previsto per l’uguaglianza di genere e le pari opportunità. Complessivamente, il Piano deve avere un impatto duraturo sullo Stato membro interessato e deve contribuire a rafforzare il suo potenziale di crescita, migliorando la coesione e la convergenza all’interno dell’Unione.

Vi è, inoltre, una condizionalità legata all’uso corretto dei fondi, onde evitare frodi, corruzione, conflitti di interesse o duplicazioni di finanziamenti; rilevante è anche che sia ragionevole e plausibile la stima dei costi per l’attuazione delle misure del Piano.

Infine, vi è una condizionalità macroeconomica, riferita alla governance economica: il Regolamento sulla Recovery and Resilience Facility prevede (all’Articolo 10) che il Consiglio, su proposta della Commissione europea, possa sospendere in modo totale o parziale i pagamenti qualora uno Stato membro non abbia adottato misure efficaci per correggere il disavanzo eccessivo. Tale condizionalità macroeconomica sarà, però, operativa quando rientrerà pienamente in vigore il Patto di stabilità e crescita, la cui applicazione è stata temporaneamente ammorbidita con l’emergere della crisi pandemica, poiché è stata riconosciuta una grave recessione economica dell’Unione nel suo complesso.

Le prime obbligazioni nell’ambito del Dispositivo sono state emesse, per un valore di 20 miliardi, dalla Commissione europea il 15 giugno 2021 con quella che è stata la più grande emissione obbligazionaria istituzionale in Europa, la più grande transazione istituzionale a singola tranche e il più grande importo che la UE abbia mai raccolto in un’unica transazione. Il sostegno economico fornito dalla Recovery and Resilience Facility è, infatti, senza precedenti.

Il beneficio netto strettamente economico va valutato considerando che la quota di prestiti a tassi agevolati andrà rimborsata dai Singoli Stati (non prima del 2027) e che la quota di sovvenzioni andrà confrontata con i contributi che gli Stati membri saranno chiamati a versare al bilancio UE. Ad ogni modo, la portata storica del Dispositivo sta soprattutto nella sua novità. A livello politico, infatti, l’Unione europea fa un passo avanti verso il coordinamento delle politiche fiscali, dimostrando di poter mettere in piedi strumenti di debito comune per far fronte agli shock esogeni e aventi una funzione di stabilizzazione.

I mercati hanno accolto il nuovo strumento con entusiasmo: le prime obbligazioni hanno visto una domanda superiore all’offerta di ben sette volte. La sfida, al momento, consiste nell’effettiva attuazione delle misure di sostegno alla ripresa e alla crescita, con le quali gli Stati membri dovranno confrontarsi nel prossimo futuro. Dal successo di tale attuazione potrebbe dipendere anche il futuro assetto europeo: benché il Dispositivo per la ripresa sia stato concepito come strumento temporaneo, fra i principali policy makers a livello europeo c’è già chi suggerisce una sua trasformazione in meccanismo permanente.

 

*I contenuti di questo articolo esprimono le posizioni dell’autrice e non dell’istituzione di appartenenza.

 

 

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