Il diseguale impatto della crisi da coronavirus sul mondo del lavoro: Germania, Regno Unito e Stati Uniti a confronto

Abi Adams-Prassl, Teodora Boneva, Marta Golin e Christopher Rauh riferiscono i risultati di un’indagine da loro condotta negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in Germania allo scopo di conoscere l’impatto che la crisi da coronavirus ha avuto sul mondo del lavoro. Dall’indagine emergono risultati marcatamente differenziati sia tra Paesi che tra gruppi di lavoratori all’interno di uno stesso Paese. Inoltre, all’interno di ciascun Paese, la crisi economica ha esacerbato disuguaglianze già esistenti sia di genere che tra lavoratori precari e stabili.

Gli autori di quest’articolo sono: Abi Adams-Prassl, Teodora Boneva, Marta Golin e Christopher Rauh 

L’emergenza sanitaria causata dalla diffusione del coronavirus iniziata nei primi mesi del 2020 ha portato i governi di molti Paesi ad adottare misure restrittive che hanno avuto pesanti ripercussioni sul mercato del lavoro. In questo articolo presentiamo i risultati di uno studio, il Covid Inequality Project, condotto ai fini di documentare gli impatti della crisi da coronavirus sui mercati del lavoro di Germania, Regno Unito e Stati Uniti durante il secondo trimestre del 2020.

Il nostro studio si basa su sondaggi condotti tra Marzo e Maggio 2020 su individui facenti parte della popolazione economicamente attiva dei tre Paesi di riferimento. I dati raccolti provengono da tre sondaggi condotti nel Regno Unito, tre negli Stati Uniti e uno in Germania. In ogni Paese e per ogni sondaggio abbiamo intervistato circa 4.000 individui, per un totale di più di 28.000 partecipanti allo studio. I sondaggi sono stati condotti interamente online attraverso una società specializzata in questo genere di servizi. I criteri di selezione per partecipare allo studio erano un’età maggiore o uguale a 18 anni, essere residenti nel Paese di interesse e aver avuto un lavoro retribuito nei 12 mesi precedenti all’intervista. In tutti i sondaggi, il campione è stato scelto così da essere rappresentativo della distribuzione a livello regionale (o statale) della popolazione adulta (età maggiore di 18 anni) nel Paese di riferimento. Utilizzando i dati raccolti, mostriamo come la crisi da coronavirus abbia avuto impatti profondamente diversi non solo tra Paesi, ma anche su gruppi diversi di lavoratori all’interno dello stesso Paese.

Il primo risultato che emerge dal nostro studio è che le perdite di posti di lavoro nei primi mesi della crisi da coronavirus sono state maggiori negli Stati Uniti e nel Regno Unito rispetto alla Germania, nonostante la tempistica nella diffusione della pandemia sia stata simile nei i tre Paesi e le misure restrittive siano state introdotte in Germania leggermente prima rispetto a Stati Uniti e Regno Unito. Parte della differenza nell’impatto della crisi tra Paesi può essere spiegata dalla maggiore efficacia del consolidato Kurzarbeit, il programma di integrazione salariale tedesco simile alla Cassa Integrazione italiana. La crisi da coronavirus ha però anche esacerbato le disuguaglianze generazionali, di genere e tra lavoratori precari, da un lato, e quelli con contratti lavorativi stabili all’interno dei singoli Paesi, dall’altro. Il resto dell’articolo è dedicato a illustrare i risultati principali raggiunti sull’impatto della crisi su diversi gruppi di lavoratori.

Disuguaglianze per caratteristiche contrattuali e generazionali. La risposta principale alla pandemia è stata la chiusura di scuole, negozi e uffici e l’introduzione di lockdown regionali o nazionali che hanno costretto la maggior parte dei lavoratori ad essere confinati a casa. Per molti, questo ha significato non poter svolgere il proprio lavoro. La Figura 1 mostra la relazione tra la percentuale della propria attività lavorativa che i partecipanti al nostro studio riferiscono essere in grado di svolgere da casa e la percentuale di lavoratori che hanno perso il proprio lavoro tra Febbraio e fine Marzo (linea rossa) o inizio Aprile (linea nera) a causa del coronavirus. Tale relazione è chiaramente negativa: le perdite di impiego sono maggiormente concentrate tra i lavoratori per i quali il tele-lavoro è un’opzione meno praticabile. I nostri dati mostrano anche come i lavoratori con redditi più bassi abbiano una minore possibilità di passare al tele-lavoro e siano quindi stati più duramente colpiti dai lockdown nazionali. Anche una recente analisi del contesto italiano conferma che le occupazioni meno telelavorabili sono maggiormente esposte alla co-occorrenza di rischi di natura occupazionale, reddituale e sanitaria.

Figura 1: Relazione tra abilità di telelavoro e perdita di impiego

Note: La figura mostra la percentuale di partecipanti con un lavoro retribuito quattro settimane prima del nostro sondaggio che hanno perso il lavoro a causa del coronavirus, per diverse percentuali di attività che i lavoratori riferiscono di poter svolgere da casa. Le linee tratteggiate rappresentano intervalli di confidenza al 95%. Fonte: Adams-Prassl, Boneva, Golin e Rauh. “Inequality in the impact of the coronavirus shock: Evidence from real time surveys.” Journal of Public Economics, 2020.

Dal nostro studio emergono anche forti disuguaglianze tra lavoratori impiegati con diverse tipologie contrattuali. I lavoratori con contratti a tempo determinato o remunerati in base ai risultati hanno subito maggiormente gli impatti negativi della crisi sul mercato del lavoro rispetto a lavoratori con contratti a tempo indeterminato o la cui retribuzione è fissa. Anche i lavoratori in proprio sono stati colpiti pesantemente dalla recessione. Inoltre, molti lavoratori hanno subito diminuzioni di reddito a causa della crisi economica. La diminuzione percentuale di reddito da lavoro è maggiore per lavoratori con redditi bassi, come mostrato in Figura 2, ed è elevata anche per coloro che hanno mantenuto l’impiego nei primi mesi della crisi. Il calo dei redditi tra coloro ancora in impiego è più ampio per i lavoratori giovani, così come per i lavoratori in proprio o con limitata possibilità di svolgere la propria attività da casa.

Figura 2: Riduzione media percentuale dei redditi tra gennaio / febbraio e marzo 2020

Note: La linea nera è calcolata suddividendo i partecipanti con reddito medio tra i 10 e i 5000 dollari, sterline inglesi o euro in decili della distribuzione dei redditi per il proprio Paese. L’area grigia rappresenta l’intervallo di confidenza al 95%. Fonte: Adams-Prassl, Boneva, Golin e Rauh. “Inequality in the impact of the coronavirus shock: Evidence from real time surveys.” Journal of Public Economics, 2020.

Disuguaglianze di genere. Se in generale il coronavirus ha avuto conseguenze pesanti sul mercato del lavoro, il nostro studio dimostra anche che le donne sono state colpite in maniera particolarmente pesante dalla crisi economica. Negli Stati Uniti e nel Regno Unito le donne hanno avuto maggiori probabilità di perdere il lavoro durante i primi mesi dell’emergenza da coronavirus. Inoltre, i nostri dati sul Regno Unito evidenziano anche differenze di genere nell’utilizzo del “Coronavirus Job Retention Scheme” (CJRS).

Il CJRS è un programma governativo del Regno Unito proposto il 20 Marzo 2020 e volto a salvaguardare l’impiego e contemporaneamente sostenere finanziariamente le aziende in difficoltà a seguito della crisi da coronavirus, sgravandole in parte dei costi della manodopera non utilizzata. Fino al 1° luglio 2020, le aziende che usufruivano del CJRS avevano l’obbligo di sospendere del tutto l’attività lavorativa dei loro lavoratori iscritti allo schema per un periodo di almeno tre settimane ogni quattro. Questo aspetto distingue le fasi iniziali del CJRS da simili programmi in vigore in altri Paesi, come per esempio la Cassa Integrazione italiana, che prevedono applicazioni più flessibili, da “zero ore” a orari ridotti. I lavoratori sospesi dall’attività percepivano una retribuzione pagata dal Governo e pari all’80% del loro salario, fino a un massimo di £2,500.

Secondo i nostri dati, la probabilità delle donne di essere sospese dalla loro attività lavorativa attraverso il CJRS è stata maggiore rispetto a lavoratori uomini (Adams-Prassl, Boneva, Golin e Rauh, “Furloughing”, Fiscal Studies, 2020). Nella nostra indagine abbiamo anche chiesto ai lavoratori che riferiscono di essere stati sospesi dalla loro attività lavorativa di indicare chi, tra loro stessi e il datore di lavoro, abbia avuto il ruolo principale nell’iniziare la decisione di sospendere l’attività lavorativa. I dati mostrano come le donne dichiarino con maggiore frequenza degli uomini di avere avuto loro stesse il ruolo principale in quella decisione. Tuttavia, tali differenze di genere sono presenti solamente tra lavoratori con figli, e questo è indicativo di come le disuguaglianze di genere rischino di essere amplificate anche a causa delle responsabilità domestiche addizionali sorte in seguito alla crisi da coronavirus e che ricadono principalmente sulle madri (Andrew, Cattan, Costa Dias, Farquharson, Kraftman, Krutikova, Phimister e Sevilla. “The Gendered Division of Paid and Domestic Work under Lockdown”, 2020).

Rilevante è anche il dato sulle differenze di genere relativamente al numero di ore dedicate alla cura dei bambini durante i primi mesi di lockdown (Marzo-Aprile 2020) per individui ancora in attività: in tutti e tre i Paesi nel nostro studio, le madri che potevano lavorare da casa durante il primo lockdown hanno dedicato sensibilmente più tempo ad attività educative e di cura dei figli rispetto ai padri che potevano svolgere il loro lavoro almeno in parte da casa.

Conclusioni. La crisi da coronavirus ha avuto ripercussioni profonde sul mercato del lavoro e l’economia di molti Paesi. I risultati del Covid Inequality Project sottolineano come gli impatti della crisi economica siano distribuiti in maniera diseguale tra diversi gruppi di lavoratori. Lavoratori con minori possibilità di tele-lavoro e con contratti precari sono stati colpiti più duramente. I lavoratori più giovani hanno subito maggiori diminuzioni dei redditi da lavoro. Le donne, e le madri in particolar modo, hanno subito maggiormente il peso della crisi da coronavirus, complici anche le responsabilità domestiche aggiuntive sorte a causa della chiusura delle scuole. Le politiche governative volte a guidare l’economia verso la ripresa dovranno tener conto delle eterogeneità dell’impatto della crisi e dare priorità al supporto di gruppi di lavoratori che hanno maggiormente subito le ripercussioni della pandemia. Infine, è probabile che l’aumento forzato del tele-lavoro abbia ripercussioni di lungo periodo sul mercato del lavoro. Quali siano gli effetti di questo cambiamento al termine della pandemia è un interessante ambito di ricerca per il futuro.

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