Il consumatore pigro e la concorrenza nel mercato dell’elettricità e del gas

Marcello Basili e Maurizio Franzini dopo avere ricordato che la “mano invisibile” della concorrenza per produrre esiti favorevoli al benessere sociale necessita di varie condizioni, tra le quali la razionalità e la perfetta informazione dei consumatori, si chiedono se questa condizione sia soddisfatta, e come potrebbe esserlo, nei mercati del gas e dell’elettricità dove, proprio con l’obiettivo di realizzare i vantaggi attribuiti alla concorrenza, è prevista l’eliminazione del Regime di Maggior Tutela del consumatore e la piena liberalizzazione.

E’ praticamente certo che Adam Smith abbia tratto dal Macbeth di Shakespeare(and with thy bloody and invisible hand) l’espressione “mano invisibile” della quale fece ripetuto uso nelle sue opere, nella History of Astronomy, nella Teoria dei sentimenti morali e, notoriamente, nella Ricchezza delle Nazioni.  In questa opera egli sostiene che chi possiede capitali preferisce investirli nel proprio paese e ciò ha conseguenze positive per i suoi connazionali sebbene questo esito non rientrasse nelle motivazioni della sua scelta. Responsabile di questo positivo e non intenzionale risultato è, appunto, la “mano invisibile” che, curiosamente, non viene invece esplicitamente menzionata nel passaggio normalmente associato ad essa, quello in cui si afferma che per il benessere sociale non è necessaria la benevolenza del macellaio, del birraio e del fornaio. La “mano invisibile” spinge, dunque, a comportamenti che sono benefici per tutti, anche se chi li attua è interessato solo e soltanto a se stesso.

Con lo svilupparsi della teoria economica , la “mano invisibile” ha finito per essere intesa come una virtù del mercato e della concorrenza: individui mossi dal desiderio di ottenere i maggiori benefici materiali – i profitti, nel caso dei produttori – verrebbero “costretti” dalla “mano invisibile” a comportarsi come se si preoccupassero degli altri. La  concorrenza spingerebbe a offrire i prodotti migliori ai prezzi più bassi, e tutto ciò contribuirà a elevare il benessere sociale malgrado né il birraio né il fornaio o il macellaio avessero questo obiettivo.

Le condizioni necessarie affinché la “mano invisibile” eserciti la sua azione moltiplicativa del benessere non vengono sempre adeguatamente considerate. Tra di esse vi è la capacità dei consumatori di perseguire con razionalità, senza troppi costi e nella pienezza delle informazioni, i propri interessi.  In  genere si assume che queste condizioni siano soddisfatte e che la loro violazione sia, al più, un evento casuale.  Non è, però questa l’opinione di Akerlof e Shiller i quali nel loro recente libro (Phishing for Phools, di cui ci siamo occupati sul Menabò), sostengono che – soprattutto nei complessi mercati dei nostri giorni – il consumatore perfettamente informato e razionale sia un’eccezione  con la conseguenza che il mercato e la concorrenza conducono sistematicamente a esiti ben peggiori di quelli promessi dalla “mano invisibile”.

Un’occasione per riflettere su questi temi e anche per chiedersi cosa occorrerebbe fare per aiutare i consumatori a far funzionare la “mano invisibile” è offerta dal DDL Concorrenza, approvato dalla Camera a ottobre e ora all’esame della Commissione Industria del Senato, che prevede l’abolizione dal 1 gennaio del 2018 – o dal 1 luglio secondo la relazione di Luigi Marino (Ap) e Salvatore Tomaselli (Pd) –  del Regime di Maggior Tutela attualmente in vigore nel mercato retail del gas e dell’energia elettrica e la conseguente completa liberalizzazione.

La liberalizzazione del mercato retail dell’energia è stata avviata con il  DL 79/1999 (cosiddetto Decreto Bersani)successivamente è stata estesa ai clienti domestici ed è stato introdotto il Regime di Maggior Tutela destinato agli stessi clienti domestici e alle piccole imprese. La liberalizzazione del mercato del gas è stata introdotta con il DL 164/2000 ed è stata completata nel 2003. Nel mercato del gas il legislatore ha previsto la separazione delle attività di vendita e di distribuzione a prescindere dal numero dei “punti di consegna serviti”, mentre nel mercato dell’energia tale separazione è imposta alle imprese distributrici che servano più di 100.000 clienti finali.

Nel Regime di Maggior Tutela il servizio di approvvigionamento è fornito dall’Acquirente unico a un prezzo fissato dall’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il servizio idrico (Aeegsi) sulla base delle tariffe di rete, degli oneri generali e dei costi di commercializzazione applicati dai venditori sul mercato libero, a cui si aggiunge il costo dell’acquisto dell’energia sui mercati all’ingrosso. In questo modo l’Aeegsi “si assicura che i prezzi di maggior tutela non spiazzino le offerte (economicamente efficienti) del mercato libero”. Attualmente circa 3/4 dei consumatori di energia elettrica e 4/5 dei consumatori di gas sono ancora nel Regime di Maggior Tutela.

La struttura del mercato dell’energia per i clienti domestici è fortemente concentrata: la quota di mercato del primo operatore (ENEL) è  del 50% delle vendite e quelle dei  primi tre supera il 72%. Nel mercato del gas prevale il Monopolio Locale, in cui gli incumbent continuano a essere i fornitori principali del servizio.

Per ciò che riguarda i prezzi di fornitura l’Aeesgi osserva che nel mercato dell’energia elettrica, nonostante un tasso di switching superiore alla media europea (7,6% contro il 5,6%), “nel 2013 i prezzi medi rilevati nel mercato libero, con riferimento alla sola quota relativa ai costi di approvvigionamento, vendita e margine di commercializzazione, risultano superiori a quello del servizio di maggior tutela di un intervallo compreso tra il 15% e il 20%” (Aeegsi 2015).  Nel mercato del gas lo switching (5,5%)è in linea con la media europea, mentre “il confronto dei prezzi applicati nel mercato libero e nel servizio di tutela evidenzia che il ricorso al mercato libero per i clienti aventi diritto alla tutela, ad eccezione dei clienti domestici con elevati consumi, si è rivelato in media più costoso rispetto al servizio di tutela” (Aeegsi 2015).

Va ricordato che nella bolletta elettrica sono presenti i costi di approvvigionamento e commercializzazione, quelli liberalizzati, ma anche altre voci (oneri passanti) che hanno una struttura progressiva. Quindi nel caso di mercato libero il prezzo di fornitura è deciso dai provider, mentre nel mercato tutelato è l’Aeegsi che fissa ogni trimestre un corrispettivo da aggiungere al costo di acquisto pagato dall’Acquirente Unico (tariffa).

Ricapitolando: i passaggi al mercato libero sono una frazione limitata e oltre ai problemi connessi al funzionamento del meccanismo di migrazione (doppia fatturazione dal vecchio e nuovo fornitore), implicano prezzi di fornitura più elevati; inoltre, per effettuarli, occorre impegnarsi in una complessa comparazione delle offerte.

La nostra impressione è che tale complessità ancorché spesso riconosciuta non sia adeguatamente considerata e, soprattutto, non siano affrontati tutti i problemi che essa pone all’individuazione della soluzione migliore per la fornitura di questi servizi.

Sulla questione è interessante esaminare la posizione espressa dal Presidente dell’Antitrust, Pitruzzella, in un articolo apparso sul Sole 24 Ore  del 27 ottobre 2015 di commento alla  segnalazione del 4 luglio del 2014 in cui l’Autorità che egli preside richiedeva il superamento del regime di maggior tutela affinché si realizzassero le condizioni per lo sviluppo “di un mercato effettivamente concorrenziale che porterà le imprese venditrici a competere per conquistare quote crescenti di consumatori, spingendo alla riduzione dei prezzi…ma soprattutto diversificando le offerte in funzione delle reali esigenze di ciascuna categoria di consumatori “.   Pitruzzella si occupa delle obiezioni mosse al provvedimento, in gran parte incentrate sull’esistenza di asimmetrie informative e sulla complessità delle offerte avanzate dai ri-venditori, ma le considera facilmente superabili con l’istituzione di un portale telematico presso l’Aeegsi che consenta ai consumatori di confrontare le diverse offerte. Inoltre ritiene che la difesa del regime di maggior tutela, responsabile di bloccare il processo di liberalizzazione,si basi sul riconoscimento al consumatore “del diritto alla pigrizia” implicito nella scelta di affidare a un’Autorità pubblica il compito di amministrare il consumo elettrico, senza che il consumatore debba “perdere tempo a ricercare l’offerta migliore”.

La questione è rilevante ma, a nostro parere, non può essere interamente ricondotta a un problema di “pigrizia del consumatore”, come sembrano provare le considerazioni che seguono.

Di recente (dicembre 2015) proprio l’Antitrust ha comminato sanzioni per l’attivazione di forniture non richieste (6 milioni di multa a Enel, Acea, Eni, Hera, GDF Suez Energie, Green Network e Beetwin). Alla base di questo provvedimento, come segnala la stessa Autorità, c’è la violazione del Codice del Consumo (alterazione della libertà di scelta del consumatore nei contratti porta a porta e di teleselling a causa della mancata conoscenza delle condizioni contrattuali e di informazioni adeguate dell’identità dell’operatore) e la presenza di asimmetrie informative dovute alla complessità delle offerte commerciali di energia elettrica e gas.

Il tema è esattamente quello delle asimmetrie informative e della complessità intrinseca delle offerte commerciali che rendono il consumatore soccombente nei confronti dei rivenditori di energia e gas.

L’esistenza di informazioni incomplete e di molteplici alternative non facilmente comparabili determina il fenomeno conosciuto nell’economia comportamentale come choice overload. Questo fenomeno è stato osservato in processi decisionali molto diversi tra loro: dalla scelta di snack food a quella di piani di risparmio. In tutti i casi in cui esiste un elevato numero di alternative o quando è molto difficile effettuare  l’esame delle possibili alternative o, infine, quando le informazioni sono incomplete o imprecise, la scelta del consumatore non è guidata da un processo di ottimizzazione (massimizzazione dell’utilità), seppur in condizioni di razionalità limitata, ma da regole sub-ottimali che includono, secondo la terminologia anglo-sassone, framingeffect, anchoringeffect, procastination effect, endorsementeffect ecc. e che in genere si concludono con l’applicazione di default rules, cioè di regole automatiche.

La scelta del regime di maggior tutela è una default choice, quindi è sub-ottimale, ma le condizioni per superare questa situazione senza consentire ai rivenditori di energia di realizzare extra guadagni sono onerose per i consumatori, sia in termini di costi opportunità (tempo di ricerca del contratto migliore) che di costi diretti (il costo medio del mercato libero è a oggi più elevato).

Quindi potrebbe accadere che, nonostante la continua riduzione dei prezzi all’ingrosso dell’energia, i prezzi al dettaglio aumentino a causa di asimmetrie, distorsioni e fallimenti del mercato.

Come mostrano M. Basili e S. Vannucci (“Height-ranking and choice overload in partially ordered sets”, Entropy, 2015) l’Aeegsi dovrebbe impegnarsi per rendere facilmente comparabili i piani di consumo elettrici introducendo,per esempio, semplici criteri ordinali e definendo le offerte degli operatori in termini di caratterizzazioni di questi attributi (es. molto grande, grande, intermedio, moderato, piccolo, molto piccolo); inoltre, dovrebbe  richiedere che ciascun pacchetto di offerte di ogni singolo rivenditore abbia un grado minimo di diversità comparabile. In tal modo gli operatori dovrebbero offrire piani di consumo effettivamente diversi tra loro e i consumatori potrebbe paragonare i pacchetti di offerte a due a due e ordinarli rispetto al loro grado di diversità, che non ha nulla a che vedere con il numero di alternative che contengono.

Resta poi il problema del monitoraggio dei consumi che, soprattutto nel caso dell’elettricità, è cruciale per la scelta delle fasce orarie e quello delle condizioni di migrazione ad altri piani di consumo e ad altri operatori. Fenomeni come questi non sono ancora stati risolti in un mercato ben più maturo come quelle della telefonia dove i piani di consumo sono relativamente più semplici da comprendere, ma dove la persistente applicazione di default rules induce scelte sub-ottimali tra diverse decine di piani alternativi disponibili per ciascun operatore.

Tutti questi elementi portano alla conclusione che l’abbandono del regime di maggior tutela dovrebbe essere effettuato dopo un’analisi più attenta dei problemi che la concorrenza – la “mano invisibile” – incontra ad operare in questi mercati.  Dare soluzione ad essi non è semplice e per questo l’analisi comparata dovrebbe essere effettuata tenendo conto del “meglio” che ciascuna soluzione può dare nelle specifiche condizioni e non di principi che la realtà, con le sue insidie, rischia di condannare a una poco virtuosa astrattezza.

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