I divari di ricchezza tra uomini e donne in Italia: i risultati di un recente studio

Francesco Bloise esamina un recente studio di Giovanni D’Alessio, basato sull’indagine sui bilanci delle famiglie della Banca d’Italia, sui divari di ricchezza tra uomini e donne in Italia. Ricostruendo la ricchezza individuale a partire da quella familiare e da numerose altre informazioni, lo studio mostra che i divari tra uomini e donne sono elevati nel caso della ricchezza finanziaria e meno pronunciati, ma sempre importanti, per le attività immobiliari. Inoltre, i divari di ricchezza netta, pur molto elevati, sembrano in diminuzione negli ultimi 25 anni.

Molto spesso le differenze di benessere tra gli uomini e le donne, intese in termini strettamente economici, sono analizzate guardando al così detto gender wage gap, cioè al divario tra le retribuzioni degli occupati di diverso genere. Questo approccio fornisce un’indicazione sintetica delle differenze di genere connesse alla partecipazione al mercato del lavoro, ma non considera altre possibili cause di disparità nello status economico quali il possesso di proprietà immobiliari o finanziarie.

Per valutare in modo più completo i divari di benessere economico tra gli uomini e le donne è, dunque, opportuno guardare alla loro ricchezza netta, cioè alla somma di tutte le attività reali e finanziarie in loro possesso, al netto dell’indebitamento.

La ricchezza netta, rispetto al reddito annuo percepito in un dato anno, è un indicatore più preciso dello status economico permanente perché è influenzata dai risparmi cumulati durante tutto l’arco della vita lavorativa e dalle donazioni e eredità ricevute nel corso del tempo.

Adottando questo approccio si incontra un serio problema di misurazione: lo stock di ricchezza è generalmente riferito, nelle diverse indagini nazionali e internazionali, alla famiglia come un tutto. In particolare, l’indagine sui bilanci delle famiglie (IBF) della Banca d’Italia fornisce informazioni molto dettagliate sulle diverse componenti della ricchezza reale e finanziaria, ad esclusione di quella pensionistica (ovvero allo stock di pensioni che ci si attende di ricevere in vecchiaia, anche sulla base di quanto si è versato di contributi), ma soltanto a livello familiare. Dunque, non è possibile avere un quadro preciso dei divari di ricchezza tra uomini e donne, perché ci si dovrebbe concentrare su un campione estremamente ristretto e non rappresentativo della popolazione: quello dei single.

In uno studio recente, Giovanni D’Alessio della Banca d’Italia ha però ricostruito la ricchezza individuale degli italiani, partendo dai dati a livello familiare riportati nell’IBF, e analizzato i divari di genere nel possesso di attività reali, finanziarie e nell’indebitamento. La ricostruzione della ricchezza netta a livello individuale è stata effettuata utilizzando una molteplicità di informazioni riportate all’interno dell’IBF, utili a selezionare i metodi più efficaci per attribuire attività (reali e finanziarie) e indebitamento ai singoli componenti della famiglia.

La tabella 1 mostra le metodologie utilizzate da D’Alessio per stimare la ricchezza individuale a partire da quella familiare. Per quanto riguarda la ricchezza immobiliare, ad esempio, l’attribuzione è stata effettuata utilizzando le informazioni sulla proprietà individuale degli immobili. Nel caso di un solo proprietario, la ricchezza immobiliare è stata attribuita interamente a questo; nel caso di più intestatari, invece, il valore è stato ripartito tra di essi in egual misura. Con lo stesso metodo sono stati attributi anche i debiti associati all’acquisto di immobili da parte dei singoli proprietari.

Passando alle aziende, le informazioni riguardanti il numero di ore di lavoro prestate dai diversi componenti della famiglia all’interno dell’azienda e/o il reddito guadagnato da ciascuno sono state utilizzate congiuntamente per produrre una stima della ricchezza aziendale individuale. Con lo stesso metodo di imputazione sono stati attribuiti anche i crediti e i debiti commerciali collegati alle imprese possedute. Le attività finanziarie in titoli e depositi, invece, sono state ripartire tra i diversi componenti della famiglia sulla base di informazioni riguardanti il numero di possessori di titoli e depositi all’interno della famiglia, e di ulteriori dati riguardanti il rapporto di parentela con la persona di riferimento, l’età e il reddito individuale dei diversi componenti. Infine, tutte le restanti componenti della ricchezza – come gli oggetti di valore o i crediti (debiti) da (verso) le altre famiglie – sono state attribuite in parti uguali ai vari componenti.

 

Tabella 1

Sulla base dello schema appena presentato, è possibile innanzitutto valutare la disuguaglianza della ricchezza netta individuale e compararla con quella familiare o pro-capite. La figura 1 confronta l’andamento della disuguaglianza della ricchezza netta misurata attraverso l’indice di Gini, che, com’è ben noto, assume il valore di 0 nel caso di perfetta uguaglianza e il valore di 1 nel caso in cui un solo individuo (o famiglia) detiene tutta la ricchezza del Paese. Come si vede, la disuguaglianza della ricchezza netta individuale è estremamente più elevata di quella della ricchezza familiare e pro capite; il corrispondente indice di Gini è costantemente al di sopra di 0,75 in tutto il periodo considerato. La disuguaglianza tende leggermente a diminuire quando si considerano soltanto gli individui adulti, che con l’età possono accumulare più attività reali e finanziarie, al netto dei debiti.

 

Figura 1

La figura 2 mostra che i divari di ricchezza netta tra uomini e donne sono ben evidenti e mediamente dell’ordine del 25%. In particolare, la ricchezza posseduta dagli uomini nel periodo più recente supera quella delle donne di circa il 10%, se si considerano gli individui più giovani, e di circa il 40% se si considerano gli individui più anziani. Da uno dei pochi studi effettuati utilizzando informazioni sulla ricchezza individuale, risulta che in Francia nel 2010 il divario tra donne e uomini era “soltanto” del 10%.

La figura 2, mostra anche l’andamento del divario di ricchezza nel corso del tempo, distinguendo tra le diverse classi di età. In tutti i periodi analizzati, i divari tendono a crescere con l’età ma sembrano in diminuzione nel corso del tempo, soprattutto nel caso degli individui meno giovani. Ad esempio, il divario tra uomini e donne di età superiore ai 65 anni è diminuito da un valore medio di circa il 60% nel periodo 1991-1998, a circa il 40% nel periodo 2008-2016.

Figura 2

Con riferimento ai divari per tipo di attività posseduta si nota che, nel periodo più recente, il divario di genere è estremamente più contenuto nel caso della ricchezza immobiliare (figura 3) rispetto alle attività finanziarie (figura 4). Nel periodo 2008-2016 i divari nella ricchezza immobiliare tendono ad oscillare tra lo 0% e il 40% e quelli nella ricchezza finanziaria tra il 20% e il 60%.

Figura 3

Queste differenze possono essere spiegate dalla combinazione di due diversi fattori. Innanzitutto, in Italia la proprietà immobiliare è estremamente più diffusa rispetto a quella finanziaria. In aggiunta la proprietà immobiliare in molti casi è condivisa dai coniugi, mentre la ricchezza finanziaria accumulata durante la carriera lavorativa tende ad essere detenuta su base individuale, perché legata maggiormente ai redditi da lavoro percepiti. Per questo motivo, i divari nei redditi da lavoro, nei tassi di disoccupazione e di attività tra donne e uomini tendono ad influire indirettamente anche sui divari di ricchezza finanziaria.

Figura 4

Un ultimo aspetto interessante dello studio di D’Alessio riguarda l’analisi della percentuale di coppie in cui la ricchezza viene suddivisa in egual misura tra i due partner rispetto alla quota di coppie in cui uno la ricchezza non è equamente distribuita. Dalla tabella 2 si nota come, in generale, è aumentata nel corso del tempo la quota sia di donne, sia di uomini che detengono una ricchezza maggiore rispetto al partner, e si è naturalmente ridotta la quota di coppie in cui la ricchezza è suddivisa in maniera equa tra i partner. Inoltre, la tabella 2 mostra che sono le coppie più povere di ricchezza a condividere maggiormente la ricchezza familiare rispetto alle coppie che si situano nella coda alta della distribuzione. Questi risultati potrebbero essere legati all’evoluzione nel tempo di aspetti culturali riguardanti la condivisione delle risorse economiche o alla volontà dei più ricchi di proteggere, dal punto di vista legale, la propria ricchezza individuale. Inoltre, nel caso delle coppie più ricche, la quota di ricchezza finanziaria – che generalmente è più concentrata di quella immobiliare a livello individuale – risulta più elevata rispetto alle coppie più povere.

In conclusione, lo studio innovativo di D’Alessio sulla ricchezza individuale degli italiani mostra che i divari di ricchezza tra uomini e donne sono estremamente elevati in Italia, soprattutto nel confronto con altri Paesi per cui sono disponibili dati sulla ricchezza individuale, come la Francia. I divari sembrano inoltre maggiori a riguardo della ricchezza finanziaria che generalmente è detenuta soprattutto dagli uomini. All’interno di questo quadro poco incoraggiante, una nota di ottimismo viene dall’apparente tendenza dei divari (sia nella ricchezza complessiva sia nelle sue componenti) a diminuire nel corso del tempo. D’altro canto, lo studio di D’Alessio mostra che vi è una generale tendenza all’individualizzazione della proprietà nel corso del tempo e che la condivisione della ricchezza all’interno della coppia rimane importante soltanto nelle famiglie più povere.

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