I contributi per la scuola

Il diritto allo studio è sancito dalla Costituzione italiana e per garantirlo i cittadini pagano le tasse. Ma le entrate non bastano e allora sono stati inventati a partire dal terzo anno delle scuole secondarie  i “contributi volontari” per le scuole – quelli per la carta igienica si pagano a parte – che in teoria dovrebbero essere destinati a innovazione tecnologica. Non si tratta di cifre trascurabili, dato che in vari casi si superano i 200 euro a scolaro.

Decisamente la cosa non piace a molte famiglie tanto più che manca qualsiasi rendicontazione ufficiale delle somme spese. Ci assicurano che molte delle scuole di cui la Gelmini difende il ruolo, sopravvivono solo così. Ma se così è perché non inserire nell’8 per mille pagato con l’IRPEF il contributo per le scuole pubbliche? Almeno le scuole pubbliche laiche sarebbero portate alla parità con le scuole private cattoliche e l’utilizzo del contributo potrebbe essere ottimizzato cercando di favorire le scuole più povere. Si  avrebbero molte più garanzie di trasparenza e non si formerebbe la categoria dei “finanziatori della scuola del figlio”. Nè, di contro, la sottoclasse di coloro che non hanno soldi per contribuire. Confidiamo nei successori della Gelmini perché si avvii anche qui un ritorno alla Costituzione

l.b.

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