Granai contro l’inverno dello spirito

Rosarita Digregorio, partendo da alcuni casi concreti verificatisi in una biblioteca della periferia romana, dà conto dei servizi, spesso poco noti, offerti dalla biblioteca pubblica. Digregorio spiega che la promozione della lettura in età precoce è di importanza strategica per il contrasto alla povertà intellettuale e culturale e sostiene che le pratiche di integrazione multietnica e di accoglienza in biblioteca delle nuove solitudini e del disagio rispondono pongono le basi per una società più aperta, più tollerante e più democratica.

M. ha 12 anni e viene dall’Egitto: con la sua numerosa famiglia si è trasferito in Italia per sfuggire povertà e violenza. È tra i più assidui frequentatori della biblioteca comunale Franco Basaglia di Roma, uno dei pochissimi presidi culturali di un’ampia, storica periferia nord della Capitale, Primavalle. M., che sin dalle elementari esce di casa da solo, senza un adulto, in un quartiere dove, ancora di recente, si è sparato per strada, viene in biblioteca per prendere in prestito soprattutto DVD; ne sceglie, con grande cura, per sé, per i suoi genitori, per i suoi fratelli: con l’aiuto dei bibliotecari ha imparato a scegliere i film per genere e per fascia d’età.

La famiglia non possiede un televisore, così guarda i DVD al computer: questo è il motivo di questo costante, lecitissimo, benefico “saccheggio”. Sua madre si è materializzata un giorno al front office, dichiarando di essere venuta appositamente per ringraziare quanti, accogliendo M., in realtà avevano accolto tutta la famiglia. C., invece, è un ragazzo italiano che abita in una delle case popolari dello stesso quartiere, genitori disoccupati o, nei periodi fortunati, operai occasionali. Da bambino, con i grandi occhialoni e i capelli arruffati, passava molti pomeriggi della settimana nella sala ragazzi della stessa biblioteca, portandosi dietro ogni giorno qualche amico diverso.

Anche C., come M., veniva da solo, raramente con la madre, anzi più spesso con la responsabilità di un altro minorenne, la sorellina, affidatagli in virtù del suo essere di età maggiore: una caratteristica della povertà è forse non potersi permettere troppi pensieri sofisticati sulla sicurezza. Questa piccola cricca rumorosa ha attinto a piene mani al patrimonio della biblioteca: soprattutto libri-game, gialli, tanto Geronimo Stilton, moltissimi testi per ricerche di scienza e storia, innumerevoli ore a navigare in Internet alle postazioni della sala multimediale, dove con 5 euro (adesso 10) all’anno si può accedere alla rete per due ore al giorno.

C. è stato utente della biblioteca per tutto il periodo delle superiori – ha per altro studiato presso uno degli istituti tecnici della zona, che, come tutte le scuole del territorio, ha sempre trovato nella biblioteca l’alleato forte nell’approfondimento di temi rilevanti, dalla memoria storica, ai diritti umani, dalla riscoperta dell’arte e del cinema d’autore, all’intercultura; ora C. frequenta la facoltà di fisica e, certamente, con la sua grande vivacità e intelligenza, ma forse anche avendo potuto contare sul sostegno e lo stimolo dei servizi di una biblioteca pubblica, potrà giocarsi l’opportunità di avanzare, socialmente e culturalmente, rispetto alle condizioni familiari di partenza.

La mobilità sociale e culturale è la prima spia di società votate allo sviluppo e alla crescita: poter raggiungere adeguati livelli d’istruzione, migliorare costantemente le proprie competenze, rimuovere o superare gli ostacoli che si frappongono al raggiungimento di una vita piena e consapevole, non sono soltanto significativi traguardi di benessere personale, ma anche virtuosi motori di benessere collettivo, di coesione e solidarietà sociale, di democrazia realmente partecipata.

La biblioteca pubblica aspira ad essere uno dei principali strumenti di azione in questa direzione: come recita il Manifesto Unesco per le biblioteche pubbliche, uscito nel 1995, ma sempre attualissimo nella sua limpida e densa formulazione, “la biblioteca pubblica, via di accesso locale alla conoscenza, costituisce una condizione essenziale per l’apprendimento permanente, l’indipendenza nelle decisioni, lo sviluppo culturale dell’individuo e dei gruppi sociali. Questo Manifesto dichiara la fede dell’UNESCO nella biblioteca pubblica come forza vitale per l’istruzione, la cultura e l’informazione e come agente indispensabile per promuovere la pace e il benessere spirituale delle menti di uomini e donne […]. I servizi della biblioteca pubblica sono forniti sulla base dell’uguaglianza di accesso per tutti, senza distinzione di età, sesso, religione, nazionalità, lingua, o condizione sociale. […]I materiali devono riflettere gli orientamenti attuali e l’evoluzione della società, così come la memoria dell’immaginazione e degli sforzi dell’uomo. Le raccolte e i servizi non devono essere soggetti ad alcun tipo di censura ideologica, politica, o religiosa, né a pressioni commerciali”.

In ritardo rispetto alle aree anglosassoni e nordeuropee e con velocità vistosamente diverse tra nord e sud, le biblioteche pubbliche italiane hanno intrapreso con fatica, vista la scarsa attenzione strategica e fattuale degli interlocutori politici, un percorso di adeguamento a questo ambizioso programma. In questa azione formativa permanente è imprescindibile l’attenzione per la base di partenza di ogni percorso strategico credibile, ovvero l’infanzia. L’Istituzione Sistema Biblioteche Centri Culturali di Roma Capitale e moltissimi sistemi bibliotecari italiani offrono ricchissimi programmi di promozione della lettura per bambini e ragazzi.

Negli anni si è rafforzata e qualificata l’adesione al programma nazionale Nati per Leggere promosso dall’Associazione Culturale Pediatri, l’Associazione Italiana Biblioteche e il Centro per la Salute del Bambino ONLUS, che, sulla scia di analoghe e ben consolidate esperienze internazionali, si propone di avvicinare al libro e alla lettura sin dai primi mesi di vita. Studi scientifici hanno infatti dimostrato che i bambini esposti in modo costante sin da piccolissimi al contatto con i libri e all’ascolto di storie e parole, avranno un migliore sviluppo psico-fisico, più solide capacità emotive e relazionali, scioltezza dell’espressione linguistica, più spiccate abilità cognitive anche nel campo della misurazione e del calcolo. L’approccio precoce al libro come strumento di relazione e di crescita personale e familiare è la più valida alternativa all’abbandono della pratica della lettura in età adolescenziale o comunque più adulta, visto che il solo approccio scolastico, nel medio e lungo termine, si rivela spesso deleterio, in quanto vissuto come imposizione, compito, forzatura totalmente slegata dal fondamentale movente del puro e semplice piacere.

Se, come sostenuto da De Mauro e da tanti studiosi e linguisti, una delle piaghe più sottovalutate della democrazia italiana è l’analfabetismo funzionale dei suoi cittadini, che sanno leggere, scrivere e far di conto, ma stentano a capire i significati profondi di un articolo di giornale, rendendo di fatto inutile per l’esercizio di una cittadinanza consapevole quanto appreso a scuola, è evidente che individui abituati sin da piccoli a maneggiare documenti, immagini e testi assai variegati, via via sempre più articolati, a recepire stimoli linguistici, intellettuali e artistici sempre nuovi ed originali, avranno più possibilità di affrontare in modo adeguato la complessità del nostro vivere comune, immaginando ed elaborando soluzioni e visioni costruttive nella sfera pubblica e privata. Né si deve credere che un’opera formativa di sostegno e rinforzo non sia indispensabile anche nel settore che attualmente sembrerebbe più forte, cioè quello informatico e della fruizione della rete.

Le biblioteche pubbliche si fanno spesso carico, tramite corsi o tutorials personalizzati, di quell’alfabetizzazione informatica volta ad abbattere il cosiddetto digital divide, ovvero l’esclusione di quanti, sia per ragioni anagrafiche, sia per ragioni socio-economiche, non hanno familiarità con le più comuni pratiche digitali, oggi indispensabili, per esempio, per l’accesso ai servizi basilari della Pubblica Amministrazione. E tuttavia sarebbe da potenziare anche l’impegno a supporto della competenza informatica degli stessi ‘nativi digitali’. Numerosi studi infatti confermano che i ragazzi conoscono assai superficialmente hardware e software, che si limitano a una navigazione di pronto consumo, quasi del tutto incapaci di districarsi tra le risultanze dei motori di ricerca e di analizzare la qualità delle fonti dei dati e delle informazioni.

Nel volumetto L’italia che legge, edito da Laterza nel 2010 (ma con dati e conclusioni ancora sostanzialmente invariati), Giovanni Solimine, a partire dall’analisi dalle principali indagini di settore condotte da ISTAT, AIE, CENSIS, EURISCO, IPSOS, rileva come “non soltanto le diverse forme di intrattenimento e consumo culturale non sono in conflitto fra di loro, ma spesso si alimentano e si traino reciprocamente” e che “le diete culturali più povere sono quelle dei cosiddetti ‘marginali’, che si limitano ad un unico consumo fruito in ambito domestico, e cioè alla sola TV” (cfr. il paragrafo 2.6). Le biblioteche al contrario socializzano la cultura, mettono in contatto fasce di popolazione che difficilmente trovano punti di incontro in altri ambienti di natura laica, offrono tempi e spazi per un’interazione che risulta addirittura fondamentale in ambito interrazziale. La spinta all’integrazione multiculturale avviene tramite diversi canali: in maniera strutturata, sia con acquisizione di libri e altri documenti dedicati a culture diverse, sia con progetti, rivolti soprattutto alle scolaresche, pensati per accrescere la conoscenza e il contatto e scardinare la percezione comune dello straniero come elemento problematico e non come portatore di una ricchezza da scoprire, sia con attività mirate all’accoglienza diretta in particolare di migranti e richiedenti asilo.

Apprezzati e sempre più frequentati sono i corsi di italiano per stranieri, dal momento che l’acquisizione della lingua rimane non solo indispensabile per la reciproca comprensione, ma anche per la concreta ricerca di lavoro. La costruzione di interazione e dialogo tra culture diverse avviene tuttavia anche a livello non strutturato, grazie alla possibilità di frequentare le stesse sale, condividere gratuitamente gli stessi servizi, ritrovarsi alle stesse attività spinti da un medesimo interesse. È una conquista piuttosto recente – codificata ormai anche nell’insegnamento universitario e a livello manualistico (si veda sopratutto L’Atlante della biblioteconomia moderna di David Lankes, pubblicato in Italia da Editrice Bibliografica nel 2014) – l’idea che la biblioteca sia più che un’insieme di documenti e di processi di gestione, un telaio di relazioni, uno snodo di scambi di comunità, e che i suoi iscritti non siano tanto utenti, fruitori passivi, ma piuttosto membri, attori attivi anche sul fronte decisionale, come avviene in molte biblioteche anche di piccole comunità, specie nel Nord Italia, in Trentino, per esempio, dove si elegge un vero e proprio Consiglio di Biblioteca, formato da cittadini, amministratori e personale della struttura.

Mancano ovviamente parametri numerici di valutazione, indicatori certi ed univoci per misurare gli effetti positivi di questo spesso silenzioso, eppure costante lavoro relazionale e culturale nelle periferie, ovviamente non solo italiane, eppure è impossibile non pensare che esso abbia costituito nel tempo una forza di contrasto alla violenza e alla disgregazione sociale, capace di rispondere, a suo modo, anche alle emergenze ed urgenze degli anni della crisi. Varie biblioteche hanno attivato sportelli di orientamento, come a Valle Aurelia, sempre a Roma Nord, dove, in collaborazione con NIDIL-CGIL, vengono accolti cittadini, in particolare donne, che hanno bisogno di informazioni e strumenti per muoversi nel mercato del lavoro.

E ancora: le sale lettura prese d’assalto da centinaia di studenti che, quotidianamente, cercano un posto per sfuggire ad ambienti domestici talora conflittuali o fisicamente poco ospitali, in alternativa alle sale universitarie sovraffollate e spesso inadeguate per orari e spazi, testimoniano l’esigenza di luoghi dove mettersi accanto agli altri, nel senso letterale del termine, per motivare sé stessi e dare un senso al proprio impegno. Non è raro infine trovare nelle biblioteche situazioni di disagio estremo: tante, in periferia come nel cuore delle città, quelle che accolgono discretamente insospettabili senza fissa dimora, uomini che, per fallimenti professionali o familiari, si ritrovano senza lavoro e senza casa, e possono, in una biblioteca, trovare ancora dignità, fermandosi a leggere, a vedere un film o sentire un cd, semplicemente a chiacchierare con qualcuno.

Dopo anni di previsioni e riflessioni su un presunto destino di smaterializzazione della biblioteca, si può affermare che, se si tratta di una prospettiva certamente quasi del tutto vera e ineluttabile per i documenti, sempre più ricercati e dunque messi a disposizione in remoto, torna invece prepotentemente alla ribalta l’importanza del luogo fisico come segno e strumento tangibile di coesione, raccordo, contatto tra varie esperienze umane, cantina in cui far fermentare attitudini, relazioni, informazioni e saperi per costruirsi come cittadini e esseri umani.

Schede e storico autori