Gli alunni con disabilità nella scuola italiana: la lunga strada verso l’inclusione

Sara Corradini, Claudia Di Priamo e Lucia Martinez esaminano il grado di inclusione degli alunni con disabilità nel sistema scolastico italiano, utilizzando un’indagine annuale dell’Istat che delinea un quadro, seppure incompleto, di questo complesso fenomeno. Le autrici richiamano alcuni punti critici del nostro sistema scolastico e osservano che l’Italia, dal punto di vista normativo, sembra essere all’avanguardia nell’inclusione scolastica ma è ben lontana dall’aver realizzato l'inclusione dell’alunno con disabilità nella vita scolastica.

L’importanza dell’inclusione degli alunni con disabilità all’interno dei percorsi scolastici ed educativi discende dal più esteso diritto di inclusione e partecipazione delle persone con disabilità nella società: tema questo che ha assunto grande rilevanza anche grazie alla ratifica della Convenzione dell’ONU sui diritti delle persone con disabilità (2009). La Convenzione rappresenta infatti un elemento cardine per l’inclusione, poiché promuove una nuova cultura riguardo alla condizione delle persone con disabilità e delle loro famiglie, prefiggendosi lo scopo di “proteggere e garantire il pieno ed uguale godimento di tutti i diritti umani e di tutte le libertà fondamentali da parte delle persone con disabilità, e promuovere il rispetto per la loro intrinseca dignità” (art.1, comma 1).

In quest’ottica la disabilità viene definita come la conseguenza o il risultato di una complessa relazione tra la condizione di salute, i fattori personali e i fattori ambientali che rappresentano le circostanze in cui vive l’individuo: l’intervento della società, dunque, non è solo sulla persona, quanto sull’ambiente in cui la persona vive, perché possa inserirsi pienamente in esso come tutti gli altri (ICF, 2007). Pensare ai contesti come luoghi di inclusione porta quindi a porre attenzione agli ambienti fisici e sociali e alla loro organizzazione a partire anche dal sistema educativo e scolastico. I sistemi scolastici esistenti sono però molto eterogenei e vanno dalla presenza di scuole o di classi speciali all’interno di scuole ordinarie (sistema con distinzione di Olanda e Belgio), alla coesistenza dell’educazione normale con una speciale (sistema misto di paesi come Francia e Finlandia), fino al sistema inclusivo del modello italiano, che prevede la massima inclusione degli alunni con disabilità nel sistema scolastico ordinario.

Porre quindi l’inclusione al centro delle politiche e delle prassi educative, così come accade nel nostro Paese, significa concentrare l’attenzione sulle esigenze diversificate di tutti gli allievi, nel rispetto del principio di pari opportunità e di partecipazione attiva di ognuno. Ma quali sono oggi le reali condizioni del processo di inclusione degli alunni con disabilità in Italia? Quanto sono distanti le pratiche dai principi e dai modelli delineati?

Rilevare e monitorare il fenomeno dell’inclusione scolastica rappresenta un compito complesso poiché gli elementi e le aree da indagare sono numerosi e non sempre facilmente osservabili: l’adeguatezza degli ambienti e degli strumenti a supporto degli alunni; le risorse messe in campo per la costruzione di percorsi individualizzati; il ruolo e la formazione dei docenti per il sostegno; la tipologia di didattica dedicata; la partecipazione.

L’indagine che l’Istat conduce annualmente in tutte le scuole di Italia esplora alcune di queste dimensioni consentendo di cogliere i punti di forza e le criticità del nostro sistema scolastico e fornendo elementi utili per una programmazione mirata all’inclusione.

Accessibilità, didattica e partecipazione come parte del processo di inclusione. Uno dei presupposti fondamentali per la realizzazione del processo d’inclusione scolastica è senza dubbio il superamento di ostacoli e barriere che impediscono la fruizione degli spazi.

Una scuola inclusiva si trova prima di tutto nella necessità di offrire un sistema scevro da barriere permettendo agli studenti con disabilità di accedere liberamente agli edifici scolastici e di muoversi al loro interno. In Italia il dato sull’accessibilità mostra ancora un grave ritardo ed una elevata presenza di barriere: soltanto il 32% delle scuole risulta accessibile per le persone con ridotta capacità motoria, il quadro peggiora se si considera la presenza di barriere senso-percettive che ostacolano gli spostamenti delle persone con limitazioni sensoriali; in questo caso la percentuale di scuole accessibili scende al 18%. Un dato poco confortante con cui sempre più studenti sono costretti a confrontarsi. Negli ultimi anni, infatti, la percentuale di alunni con sostegno nelle scuole italiane ha subito una forte crescita; nell’anno scolastico 2017/2018 essi ammontavano complessivamente a poco più di 272 mila, rappresentando il 3,1% della popolazione scolastica, a fronte del 2,4% registrato nell’anno scolastico 2010/2011: un incremento di oltre il 26%.

I due terzi di questi studenti frequenta la scuola primaria e secondaria di primo grado; per questi ordini scolastici l’indagine approfondisce il quadro epidemiologico e funzionale dei ragazzi consentendo di valutare la capacità della scuola di rispondere ai bisogni degli alunni in relazione alle specifiche esigenze di ciascuno.

Sono ragazzi con problematiche molto diverse, con patologie più o meno gravi cui si associano diversi livelli di autonomia (Figura 1.)

 

Figura 1. Alunni con DISABILIA’ per tipologia di problema nelle scuole del primo ciclo.

Anno scolastico 2017/2018. Valori per 100 alunni con sostegno

La complessità e la pluralità di problemi impone la presenza di figure competenti, capaci di gestire situazioni anche molto complesse, in grado di progettare interventi pedagogici adeguati alle diverse situazioni.

Nelle scuole del primo ciclo, gli insegnanti per il sostegno sono più di 97 mila: il rapporto previsto dalla Legge 244/2007 è di due alunni ogni insegnante per il sostegno, tale rapporto risulta pienamente soddisfatto su tutto il territorio nazionale, tuttavia, a causa della carenza di insegnanti specializzati, una grossa quota di questi docenti viene selezionata dalle liste curriculari (37%), ciò vuol dire che più di un insegnante su tre non ha la formazione adeguata per supportare l’alunno nel percorso scolastico.

A questo elemento di criticità si aggiunge la difficoltà per gli insegnanti di portare avanti un percorso formativo secondo una logica di sviluppo progressivo a causa dei frequenti cambi di docente che avvengono, non solo nel corso dell’anno, ma durante l’intero ciclo scolastico. Nell’ultimo anno la quota di alunni che ha cambiato insegnante per il sostegno rispetto all’anno precedente supera il 41%. In questi casi per il docente risulta difficile instaurare un rapporto di fiducia con l’alunno e svolgere la propria attività nell’ambito di un progetto educativo più ampio finalizzato all’inclusione e alla valorizzazione delle attitudini. Un ulteriore ostacolo ad una didattica mirata è rappresentato dallo scarso utilizzo di tecnologie educative, solo nella metà dei casi, i docenti per il sostegno sono formati per utilizzare la tecnologia a supporto della didattica inclusiva, tecnologia che può rappresentare un elemento di grande aiuto per l’abbattimento degli ostacoli al percorso di apprendimento.

L’insegnante per il sostegno, come abbiamo visto, può contribuire a porre le basi per la promozione e la diffusione di un’educazione alle differenze e di una cultura dell’inclusione, anche attraverso l’acquisizione di metodologie e strumenti didattici da impiegare nella pratica dell’insegnamento, nel rispetto delle pari opportunità e delle diversità. Allo stesso tempo nel processo inclusivo gioca un ruolo fondamentale il gruppo dei coetanei: esso assume una valenza importantissima sul piano relazionale, ma anche su quello educativo poiché l’instaurarsi di rapporti solidali può rappresentare una risorsa ulteriore per una didattica inclusiva.

Anche le Linee Guida per l’integrazione scolastica degli alunni con disabilità del MIUR sottolineano come sia da preferire che l’apprendimento avvenga nell’ambito della classe e nel contesto del programma in essa attuato: sarebbe opportuno infatti che tutta l’attività didattica dell’alunno con sostegno si svolgesse in classe insieme ai compagni e che ci fosse una completa partecipazione a tutte le attività scolastiche comprese le gite di istruzione.

Per tali ragioni l’indagine dell’Istat rileva, come proxy della partecipazione degli alunni con disabilità alla vita scolastica, il tempo da essi trascorso all’interno della classe – con il gruppo dei coetanei – e la loro partecipazione alle uscite didattiche, comprese quelle che prevedono il pernottamento.

I risultati dell’Indagine ci fanno riflettere su come all’aumentare della complessità del problema che riguarda l’alunno, diventi sempre più difficile tener fede alle tesi enunciate. Gli alunni con disabilità che presentano una riduzione dell’autonomia – una difficoltà nello spostarsi, nel mangiare e nell’andare in bagno da soli – trascorrono un numero considerevole di ore di didattica fuori dalla classe (fino a 10 ore medie settimanali). In alcuni casi può essere il modo stesso in cui è organizzata la scuola ad ostacolare questo aspetto dell’inclusione: le postazioni informatiche adattate all’integrazione ad esempio, non sempre si trovano all’interno della classe (43% delle scuole) poiché il loro posizionamento è più frequente in aule specifiche per il sostegno o in laboratori dedicati; questo ancora una volta mette l’alunno con disabilità nella condizione di doversi staccare dal gruppo classe qualora avesse necessità di un supporto tecnologico ai fini della didattica.

Anche la partecipazione alle gite di istruzione non è pienamente accessibile agli alunni con disabilità: se in parte essi riescono a partecipare alle uscite didattiche brevi, la loro presenza diminuisce notevolmente nelle gite che prevedono il pernottamento; in questo caso due ragazzi su tre non partecipano a questa esperienza.

Tra i motivi della mancata partecipazione, tra cui le difficoltà economiche o i problemi di salute, quello che viene indicato con maggiore frequenza è proprio la presenza di un “problema legato alla condizione di disabilità” lasciando trasparire quanto ancora sussistano numerosi problemi nell’organizzazione di attività che riescano a rispondere alle esigenze di tutti gli alunni.

Conclusioni. Il quadro sull’inclusione degli alunni con disabilità nelle scuole italiane che emerge dall’indagine Istat, seppure non del tutto esplicativo di un fenomeno molto articolato e complesso, mette in luce alcuni punti critici del nostro sistema scolastico e offre probabilmente elementi utili per predisporre strategie di intervento finalizzate all’inclusione.

Se dal punto di vista normativo la via italiana sembra essere all’avanguardia sui temi dell’inclusione scolastica – postulando l’importanza di un’azione formativa che si realizzi in comunità educative condivise da tutti gli alunni, attraverso l’impegno di un rilevante insieme di risorse economiche, umane e di natura istituzionale e l’attivazione di processi di collaborazione tra soggetti diversi – dal punto di vista operativo appare ancora lunga e lastricata di ostacoli la strada da percorrere per poter affermare una reale inclusione dell’alunno con disabilità nella vita scolastica.

I dati fin qui analizzati fanno riflettere sulla necessità di intervenire da un lato sugli ostacoli e le barriere che impediscono l’accesso agli spazi e all’apprendimento, dall’altro sul piano culturale, attraverso la diffusione di una cultura dell’inclusione in cui alunni, studenti, genitori e insegnanti possano lavorare in sinergia per realizzare una scuola che non solo accolga le differenze, ma sia in grado di valorizzarle. Un passo importante in questa direzione può essere compiuto investendo sulla formazione specifica di tutti i docenti, che consenta da una parte di sviluppare competenze adeguate per la progettazione di interventi educativi mirati, dall’altra di veicolare una vera cultura dell’inclusione che miri al rispetto e alla salvaguardia dei diritti di tutti gli alunni.

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