G8: i primi passi di un processo di concordate riforme

Il G8 è andato meglio o peggio di quanto si potesse pensare? Forse meglio anche se non  immediatamente per gli abitanti dell’Aquila e di Coppito che mentre stavano in tenda hanno visto sorgere una città principesca protetta da sbarramenti posti dintorno a tre chilometri (e della quale tuttavia potranno fra poco – tolti i damaschi e i quadri – usufruire in tremila), ma più in generale per i cittadini del mondo e, in prospettiva, per le sorti  della stessa Aquila. I ventinove capi di Stato e di governo radunati sotto la vecchia sigla del G8 hanno infatti compiuto un discreto lavoro e lo hanno compiuto soprattutto gli sherpa che, a partire dall’ambasciatore Massolo, hanno preparato le carte per i vari incontri. Gli apporti dei vari paesi sono stati diversi, come era naturale che fosse, ma messi da parte gli indubbi accorgimenti diplomatici e falsi propagandistici rivolti all’esterno (secondo la Rai per tre giorni all’Aquila si è avuto solo un monologo del presidente Silvio Berlusconi) sembra che finalmente si sia cominciato a parlare dei nodi veri da affrontare per superare la crisi sia sul piano immediato sia, soprattutto, sul piano strategico, e avviare il passaggio dal fallito “capitalismo imperante” ad un  capitalismo modificato e regolato maggiormente sulle necessità dell’uomo.
Naturalmente sappiamo tutti che siamo appena all’inizio di un lungo processo
 (“abbiamo fatto una buona partenza” ha sintetizzato Obama) e che il G8 non adotta decreti ma linee guida e che toccherà a successive riunioni internazionali e regionali adottare misure concrete che nel giro di alcuni anni trasformino il sistema in cui viviamo secondo quelle linee guida. Ma la determinazione nuova con cui alcuni paesi si sono mossi su terreni finora considerati solo dal punto di vista dei costi (e di ciò va indubbiamente reso merito in primo luogo ad Obama e agli Stati Uniti) può far bene sperare. Il G8 ha di fatto celebrato i funerali del reaganismo (che solo l’Associazione Bancaria Italiana continua a considerare vivo) e ha celebrato anche i funerali di concezioni  che avevano lasciato a piccole minoranze un problema drammatico come quello del clima, avevano cancellato dall’economia l’agricoltura trasformandola in pura appendice dell’industria e avevano cancellato il calcolo del costo delle risorse limitate che il “capitalismo imperante” distruggeva e distrugge per il profitto o il volgare godimento di pochi. Ha celebrato infine anche i propri funerali prendendo atto che il mondo è cambiato e che sono emersi altri protagonisti oltre quelli finora considerati membri di diritto.
La soddisfazione con cui gli africani hanno appreso che gli aiuti che i paesi ricchi destineranno loro non saranno più alimenti confezionati dalle multinazionali o sementi geneticamente modificate, ma sementi e strumenti per far nascere finalmente una agricoltura africana compensano di anni di lotte e di sconfitte di partiti e associazioni di volontariato.  
Importanti e orientate nella stessa direzione indicata dall’enciclica con la quale Benedetto XVI ha voluto marcare uno specifico impegno dei cattolici sono state le risoluzioni adottate per coordinare le iniziative tese ad uscire dalla crisi economica. Un coordinamento per porre in atto nuove regole comuni per finanza ed economia è stato deciso, avallando quanto proposto dai ministri del Tesoro: esso non è ancora nato  – sarà il G20 di Pittsburgh a settembre a farlo – ma è stata cancellata l’idea che si possa  tornare alla situazione precedente la crisi ed è stato indicato come pericolo maggiore per l’immediato l’aumento della disoccupazione. Esso è tale da poter mettere a rischio – è stato scritto – la stessa stabilità sociale.
E’ stata rilanciata la trattativa per la riforma dell’organizzazione mondiale del commercio (Wto) e l’impegno in tale direzione di Cina, India e Brasile fa ben sperare che essa abbia effettivamente sbocchi positivi entro il 2010. E’ stato riaffermato l’impegno contro il protezionismo. E’ stato posto dalla Cina il problema di una moneta internazionale che sostituisca il dollaro.
Per ciò che riguarda il clima – nodo decisivo secondo Obama – non si è raggiunto un accordo generale avendo le potenze emergenti detto che non è possibile stabilire la stessa dieta per paesi troppo “grassi” e paesi ancora magri, ma è stato comunque fissato l’obiettivo di contenere entro i due gradi centigradi il surriscaldamento del pianeta. E’ stato anche deciso di coordinare tutte le forze per arrivare ad avanzate tecnologie capaci di catturare l’anidride carbonica prodotta dagli impianti termoelettrici a carbone (centro della ricerca sarà l’australiana Camberra).
Importante come segnale è stata la decisione di ridurre le testate atomiche e di andare ad un vertice di tutti i Paesi che detengono tali distruttive armi.
Ma vorrei tornare all’Africa perché il nodo africano (con almeno nove milioni di persone che non hanno accesso a fonti di acqua potabile e due milioni di bambini che muoiono ogni anno per carenza di acqua) è qualche cosa di più di un simbolo delle disuguaglianze in parte create e in larga misura aggravate ogni anno dal capitalismo che domina sulle esigenze umane ed è il risultato più drammatico delle contraddizioni e divaricazioni che hanno portato alla crisi.
L’Africa ha avuto in questo G8 una nuova attenzione e ciò riscatta l’assise di altri silenzi. Ho già ricordato il significativo passaggio dall’Africa come destinataria di alimenti all’Africa come destinataria di finanziamenti e strumenti perché possa alimentarsi in primo luogo attraverso il sorgere di migliaia di piccole imprese contadine. Questo passaggio sarà sostenuto – ha deciso il G8 – da una dote di venti miliardi di dollari a favore dei paesi poveri. Tutte le decisioni del G8 diventeranno realtà , lo sappiamo, solo se paesi e popoli eserciteranno il loro controllo e la necessaria pressione, ma mentre il controllo sull’avvio di altre decisioni sarà inevitabilmente più complesso, ciò che è stato deciso per l’Africa può essere controllato. I venti miliardi debbono essere effettivi, occorre subito stabilire chi li gestirà (l’Onu?) e garantire la trasparenza dei loro movimenti e del loro uso. Il mantenimento dell’impegno assunto deve diventare garanzia del mantenimento degli altri impegni. Solo così il G8 gestito dall’Italia potrà essere ricordato non solo come il susseguirsi di ben organizzate cerimonie e discorsi, ma, appunto, come una “buona partenza”.

                                                                               l.b.

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