Forum sul recente rinnovo dei CCNL dei Metalmeccanici

Michele Faioli introduce un forum sul recente rinnovo del CCNL dei metalmeccanici nel quale intervengono, da diversi punti di vista, Vincenzo Ferrante, Matteo Luccisano e Matteo Verzaro che mettono in luce, tra l’altro, le novità del contratto, le sfide poste dalla digitalizzazione e dal lavoro agile, le prospettive sulla partecipazione dei lavoratori in azienda. Soprattutto dal forum emerge, come scrive Faioli, che il contratto indica una nuova direzione di marcia: meno legge, più contrattazione collettiva.

INTRODUZIONE

Michele Faioli

Nei tre scritti che seguono si segnala un punto essenziale per comprendere l’attuale direzione delle relazioni industriali in Italia, indirettamente dettata dal recente rinnovo del CCNL dei Metalmeccanici. Tale direzione si potrebbe sintetizzare con uno slogan: meno legge, più contrattazione collettiva.

Ma ciò non sarebbe in ogni caso sufficiente per comprendere il fenomeno. Ferrante sottolinea, infatti, che c’è una nuova fase concertativa dove “le pattuizioni intercorse delineano solo un quadro generale, di modo che è importante che a livello aziendale si riattivi il dialogo fra capitale e lavoro”. Luccisano, nella medesima linea, individua nel rinnovo del CCNL dei metalmeccanici una certa “maturità delle parti sociali, che hanno innalzato il contratto collettivo, che regola il lavoro agile in fase di emergenza sanitaria, a forma di partecipazione responsabile delle rappresentanze dei lavoratori in azienda, contro gli effetti (a volte) catastrofici dell’ipertrofismo legislativo”. Verzaro, muovendo dalle modalità applicative dell’esercizio dei diritti sindacali nell’ambito di imprese meccaniche digitalizzate che ricorrono al lavoro agile, specifica che “il legislatore è chiamato ad intervenire sul lavoro agile in una prospettiva non più emergenziale, bensì a lungo termine riformando la disciplina già posta ovvero integrandola con contenuti ed istituti ulteriori ovvero prevedendo un rinvio regolatorio, anche per tali ambiti, a favore della contrattazione collettiva dei sindacati comparativamente più rappresentativi ex art. 51 d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81”.

La domanda da porsi a questo punto è la seguente: è forse giunto il momento, anche per altri settori produttivi, di porre mano a una contrattazione collettiva di nuova generazione, cioè con una incidenza meno salarista, ma decisamente più proiettata verso la costruzione articolata, tra livello nazionale e livello decentrata, di aspetti che attengono ai diritti dei lavoratori nel mercato del lavoro (exp. formazione digitale, mobilità professionale, etc.), oltre che nel luogo di lavoro?

 

C’E’ QUALCOSA DI NUOVO (ANZI D’ANTICO) NEL RINNOVO DEL CONTRATTO DEI METALMECCANICI

Vincenzo Ferrante

Il contratto collettivo nazionale dei metalmeccanici, da poco rinnovato, presenta alcune novità di sicuro interesse per tutto il sistema italiano di relazioni industriali, innanzi tutto, a ragione del momento in cui l’ipotesi di accordo è stata firmata, e cioè nel bel mezzo di una crisi politica di grande respiro, che ha imposto al Paese la ricerca di soluzioni condivise.

Ma anche a guardare al di là del valore simbolico che la firma contiene, come messaggio di disponibilità ad una fattiva collaborazione in vista della ripresa (e come invito alle forze politiche perché sappiano trovare punti di utile convergenza), il contratto contiene novità importanti, su almeno tre fronti.

In primo luogo, sul piano del costo del lavoro, le parti sembrano voler evitare che le possibili perturbazioni dei mercati abbiano ad esporre i lavoratori ad un rischio di perdita salariale: in questo senso, a fronte di tassi inflattivi molti bassi, si introduce un obbligo alla revisione annuale delle retribuzioni, che sembra rinviare alla situazione di quaranta anni fa e alla volontà di evitare anche solo la possibilità che una quota di inflazione sia conseguente alle “aspettative” individuali (e non all’effettiva crescita dei costi di produzione).

In secondo luogo, si mette mano, dopo più di cinquanta anni, al sistema di classificazione del personale, colmando così un gap rispetto ad altre categorie (si pensi ai chimici, al credito, a tutto il vasto settore pubblico) dove operazioni di questo tipo sono state attuate già ben più di venti anni fa.

Il contratto scopre che alcune categorie sono, per così dire, oramai completamente prive di occupanti, perché i profili professionali cui facevano riferimento sono stati spazzati via dal progresso tecnologico. Si procede così ad una riaggregazione su quattro “bande larghe”, che mira ad assicurare, a seconda delle dimensioni delle imprese, una maggiore fungibilità delle prestazioni che il datore può richiedere. Si tratta di un’operazione ancora in fase di approccio, poiché molta parte di essa è lasciata alle singole aziende, sulla base di una serie di tabelle allegate al CCNL stesso. Operazione in certo modo complicata anche dall’ampia area di applicazione del contratto (che non si limita certo alle sole imprese aderenti a Federmeccanica, ma che conosce applicazione anche a realtà lontanissime dalla fabbrica siderurgica).

In terzo luogo, il contratto riprende alcune indicazioni degli anni passati e dell’esperienza della pandemia, per rilanciare la prassi di rapporti bilaterali stabili al livello aziendale, sul piano della salute e sicurezza. Quest’ultima novità è – in certo modo – la più importante, ove si consideri che anche il sistema di classificazione del personale sembra innescare un’operazione di attuazione concertata, al livello delle singole realtà organizzative: in questo modo sembrerebbe trovare concretizzazione l’idea, che fu consacrata dal “protocollo Ciampi” del ’93 e dalla lunga stagione concertativa che lo precedette,  che il profitto dell’impresa è frutto della collaborazione di capitale e lavoro e che, se si vuole competere con le altre realtà europee, bisogna sapere trovare la strada di un dialogo continuo e produttivo sui temi dell’organizzazione del lavoro e del salario.

 

IL LAVORO AGILE NEL RINNOVO DEL CCNL METALMECCANICI: LE NUOVE TRAIETTORIE DELLA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA

Matteo Luccisano

Dopo quasi un anno e mezzo di trattative, FIM CISL, FIOM CGIL e UILM da un lato, Federmeccanica e Assistal dall’altro, hanno concluso positivamente la negoziazione, siglando l’accordo di rinnovo del CCNL dei metalmeccanici, il cui precedente contratto era scaduto alla fine del 2019. Le prime reazioni hanno dimostrato un senso di rinnovata fiducia sul futuro del mondo del lavoro in Italia: basti pensare all’incremento salariale e alle modifiche al sistema di classificazione degli inquadramenti contrattuali come frutto di sforzi enormi da entrambe le parti contrapposte. Lo stesso discorso vale per l’accento posto sulla formazione, con la conferma del diritto soggettivo alle 24 ore di formazione in tre anni per tutti i dipendenti (con estensione ai lavoratori a tempo determinato), e sulla preparazione scolastica, come criterio per il riconoscimento della professionalità.

Il quadro che emerge, dunque, dalle sessanta pagine dell’ipotesi di accordo del 5 febbraio scorso pare ispirato da un approccio del tutto collaborativo fra le parti negoziali, come se avessero confluito verso un interesse comune, o, quantomeno, caratterizzato da punti di partenza che, seppur dissimili, erano in ogni caso fortemente intrecciati. La formazione è uno degli aspetti più evidenti di tale approccio: da una parte, le imprese, per far fronte alle nuove esigenze derivanti dalla crisi e dall’innovazione digitale, avvertono l’esigenza di manodopera sempre più formata; dal canto loro, i lavoratori, per garantirsi retribuzioni più alte e per mantenere l’occupazione, devono misurarsi con una formazione professionale continua sempre più complessa e specifica. La stessa sfida è stata colta dal sistema di relazioni industriali.

Non solo, però, fiducia nel futuro. Il rinnovo del CCNL dei metalmeccanici ha dovuto fare i conti con un contesto sociale, politico e economico particolarmente complicato. Si tratta del primo contratto collettivo di un settore così denso di lavoratori e imprese a essere stato rinnovato in piena pandemia da Covid-19. Questo, se da un lato ha rallentato le trattative, dall’altro ha instillato nelle parti negoziali una consapevolezza nuova, che possiamo definire più matura, in relazione all’esigenze e istituti da disciplinare.

Anzi, un’ulteriore percezione emersa dal rinnovo contrattuale in questione è che l’emergenza sanitaria abbia, in realtà, favorito la negoziazione stessa, più che ostacolarla, contribuendo alla creazione di un humus culturale in cui si sono scontrate, per poi incontrarsi, le opposte esigenze delle parti sociali.

L’esempio lampante è la disciplina del lavoro agile. Questa è la clausola contenuta nell’ipotesi di rinnovo: “Entro la data di stesura del presente ccnl, le parti, in seguito al ricorso diffuso al lavoro agile conseguente alle misure di contenimento della Pandemia Covid19, nel confermare il principio della parità di trattamento dei lavoratori in modalità agile rispetto a quelli che svolgono la prestazione in ‘presenza’ convengono di affidare ad una Commissione Paritetica la definizione di quadro normativo a partire dall’esercizio del ‘diritto alla disconnessione’, dei ‘diritti sindacali’, la tutela della privacy, degli strumenti di lavoro informatici, e del diritto alla formazione”.

Si tratta solo apparentemente di una norma contrattuale breve, come se le parti sociali abbiano scelto di non dare troppa importanza, in questa fase di rinnovo, a disciplinare lo smart-working. Ma non è così. La clausola è densa di significato, è frutto di decisioni che sono esplose in fase emergenziale e – aspetto decisivo – avrà conseguenze molto importanti. Proviamo dunque a spingerci in avanti.

Il lavoro agile è nato normativamente nel 2017, ma non possiamo negare che la pandemia tuttora in corso ha travolto i processi di digitalizzazione delle imprese, modificando addirittura la finalità di tale modalità di svolgimento della prestazione lavorativa. Ecco, dunque, che le parti sociali, inserendo l’inciso “in seguito al ricorso diffuso al lavoro agile conseguente alle misure di contenimento della Pandemia Covid19”, hanno chiaramente inteso che da marzo 2020 il lavoro agile è divenuto una concreta e concordata attuazione di misure di sicurezza negli ambienti di lavoro ai tempi del coronavirus. Si può affermare che, in tempo di crisi sanitaria, la non perfetta coincidenza del luogo di lavoro con la sede dell’azienda, e le misure di flessibilizzazione dell’orario di lavoro, costituiscono l’attuazione piena dei protocolli interconfederali di marzo/aprile 2020. E questo, le parti sociali, lo sanno benissimo, perché il lavoro agile ha risposto più all’esigenza di contrastare e contenere la diffusione del virus negli ambienti di lavoro, che al contemperamento delle esigenze di vita personali con le ore di lavoro.

Si vedano a tal proposito gli innumerevoli accordi di settore in materia. Le parti sociali, però, pur consapevoli dell’importanza del lavoro agile come argine della pandemia, hanno ben compreso che solo dei contratti collettivi a livello territoriale/aziendale possono disciplinare al meglio lo smart-working: per tale motivo (e correttamente) hanno evitato di disciplinarlo appieno nell’accordo di rinnovo.

Pertanto, questo compito, di definizione di una cornice normativa, è stato affidato a una commissione paritetica, che fondi la propria attenzione su diritti contrattuali dei lavoratori (il diritto alla disconnessione, pur troppo spesso travisato nel suo significato), su diritti sindacali (soprattutto qui emerge il tema delle pari opportunità tra lavoratori agili e lavoratori in presenza), sul tema della privacy anche connesso alle modifiche al concetto di controllo della prestazione, e, ancora una volta, sulla formazione legata alla digitalizzazione del lavoro.

Due aspetti prima di concludere.

Da tali brevi considerazioni emerge una grande presa di coscienza sull’importanza del ruolo della contrattazione collettiva, strumento indispensabile per disciplinare nel migliore dei modi in lavoro in smart-working. Al contratto collettivo si richiede di delineare ogni aspetto, tra cui il potere disciplinare, la turnazione per evitare le conseguenze sociali e psicologiche del lavoro agile (soprattutto per i lavoratori più esposti al rischio di contagio), i diritti sindacali, i diritti economici, e tanto altro. Con il faro puntato, al tempo stesso, alla salvaguardia della salute e sicurezza in impianto. Per questo motivo si può affermare che il rinnovo del CCNL dei metalmeccanici dimostra la grande maturità delle parti sociali, che hanno innalzato il contratto collettivo, che regola il lavoro agile in fase di emergenza sanitaria, a forma di partecipazione responsabile delle rappresentanze dei lavoratori in azienda, contro gli effetti (a volte) catastrofici dell’ipertrofismo legislativo.

Se cambia lo scenario storico e socio-economico, devono però cambiare anche gli strumenti con cui la prestazione lavorativa si svolge. Da qui muove, dunque, il pungolo alla commissione paritetica in materia di lavoro agile ad intervenire anche sul “diritto alla formazione”. Nell’ipotesi di rinnovo si parla, infatti, di “alfabetizzazione digitale”: qui le parti sociali hanno colto la tematica della transizione digitale, che costituirà il leitmotiv della contrattazione collettiva dei prossimi anni, accelerato dall’emergenza pandemica e dalle conseguenti limitazioni agli spostamenti. Tuttavia, tutto questo si scontra in Italia con la bassissima diffusione tanto delle competenze digitali, che della necessaria strumentazione informatica. Queste problematiche sono dunque state affrontate dal rinnovo del CCNL dei metalmeccanici, con l’intento di contribuire alla creazione di un lavoratore-cittadino digitale.

 

IL LAVORO AGILE “TORNA” ALLA CONTRATTAZIONE: LA CLAUSOLA DELL’ACCORDO PER IL RINNOVO DEL CCNL DEI METALMECCANICI

Matteo Verzaro

L’ipotesi di accordo per il rinnovo del CCNL per l’industria metalmeccanica e della installazione di impianti siglato da Federmeccanica ed Assital e dai sindacati comparativamente più rappresentativi a livello nazionale (FIM-CISL; FIOM-CGIL; UILM-UIL) lo scorso 5 febbraio 2021 offre, come sempre nella storia dei rinnovi del CCNL Metalmeccanici, molteplici aspetti di innovazione e conseguenti spunti di riflessione. Di particolare interesse, considerato anche il contesto di pandemia in cui l’accordo è stato siglato, è la clausola sul lavoro agile.

Come noto, il lavoro agile (seppur nella sua più fortunata denominazione smart working) ha costituito nell’anno trascorso, ed ancora costituisce per molti lavoratori, la modalità “ordinaria” di svolgimento della prestazione lavorativa subordinata. Ciò è stato reso possibile anche dalle deroghe introdotte dalla normativa emergenziale (art. 90, comma 4, d.l. 19 maggio 2020, n. 34, conv. con modificazioni dalla l. 17 luglio 2020, n. 77) e, in particolare, dal venir meno dell’accordo costitutivo, quale elemento essenziale della fattispecie di lavoro agile secondo la lettera dell’art. 18, comma 1, l. 22 maggio 2017, n. 81. Tale modalità ha prodotto benefici per entrambe le parti del rapporto di lavoro: quale quello della migliore conciliazione dei tempi di vita e di lavoro ovvero quello del risparmio dei costi di funzionamento e manutenzione delle sedi di lavoro. Al contempo, però, sono emersi anche alcuni nodi che la legislazione in materia non aveva del tutto risolto: quale, ad esempio, la distinzione tra limite massimo dell’orario di lavoro e collocazione oraria della prestazione lavorativa o, ancora, il contenuto puntuale del diritto alla disconnessione e i suoi relativi obblighi. È evidente che tali problemi non potevano essere ignorati dalle Parti sociali che hanno deciso, così, di inserire nell’accordo di rinnovo del CCNL Metalmeccanici una specifica clausola programmatica sul lavoro agile. Nella stessa, da un lato, si ribadisce il diritto sancito dall’art. 20, comma 1, l. n. 81/2017 alla parità di trattamento economico e normativo, a parità di mansioni, del lavoratore che opera in modalità agile rispetto al lavoratore che svolge la propria mansione esclusivamente all’interno dell’azienda e, dall’altro, si conviene di affidare ad una Commissione paritetica «la definizione di un quadro normativo» a partire dai seguenti temi: diritto alla disconnessione, diritti sindacali, tutela della privacy, strumenti di lavoro informatici e diritto alla formazione. Occorre notare che l’espressione impiegata è particolarmente chiara nel suo intento: porre regole che disciplinino, nell’ambito delle imprese che diano applicazione al CCNL Metalmeccanici, la modalità agile in maniera puntuale e dettagliata sia con riferimento agli aspetti rimessi dal legislatore alla definizione dell’accordo individuale (si pensi alla disconnessione ex art. 19, comma 1, l. n. 81/2017, o alla tutela della privacy per l’esercizio del potere di controllo per la prestazione resa all’esterno dei locali aziendali ex art. 22, comma 1, l. n. 81/2017), sia a quelli non affrontati dalla legge (quale l’esercizio dei diritti sindacali in modalità agile).

Certamente occorrerà vedere in che modo interverrà la Commissione e quali regole detterà, ma la scelta operata dalla clausola, che definirei “de iure condendo negoziale”, sul lavoro agile consente qualche prima e piccola riflessione sull’evoluzione dell’istituto e sul ruolo – sempre nuovo – che la contrattazione collettiva assume per esso. Dapprima, infatti, si potrebbe muovere dalla considerazione che essendo intervenuta una legge che definisce e regola il lavoro agile non sembrerebbe, almeno in una prospettiva di stretta interpretazione normativa, che gli accordi collettivi possano intervenire a regolare la materia. Le norme sul lavoro agile non prevedono rinvii ai contratti collettivi, ma rimettono gli spazi di disposizione all’accordo costitutivo della modalità agile. Come detto, però, questo elemento è venuto meno, stante il perdurare della deroga ad opera del c.d. decreto Milleproroghe (art. 19, comma 1, d.l. 31 dicembre 2020, n. 183), nel c.d. lavoro agile emergenziale. Si pone, dunque, un primo quesito sull’ambito di operatività della clausola dell’accordo di rinnovo: essa intende intervenire sulla modalità agile emergenziale ovvero su quella canonica secondo le norme della legge n. 81/2017? La risposta sembra, almeno per chi scrive, ricavabile dal testo della medesima clausola sul lavoro agile ove si specifica che l’istituzione della Commissione debba avvenire «entro la data di stesura del presente CCNL». Di guisa che, nonostante il perdurare della pandemia, la Commissione ricoprirà funzioni di respiro ben più duraturo (si spera) della stessa. La definizione delle regole inciderà, così, non solo sulla modalità agile nell’emergenza Covid-19, se ancora in essere al momento della stesura e dell’entrata in vigore del CCNL, bensì anche su quella ordinaria disciplinata dalla legge n. 81/2017. Sicché, la disciplina contrattual collettiva sul lavoro agile produrrà i suoi effetti sulle pattuizioni individuali cui la norma affida l’esclusivo compito regolatorio. Ora, tale accordo di lavoro agile dovrà rispettare la sola norma di legge ovvero anche la disciplina dettata dal nuovo CCNL Metalmeccanici? La soluzione sembra ritrovarsi nella clausola di rinvio dinamico, contenuta nei contratti individuali di lavoro, che estende al singolo rapporto l’efficacia del CCNL: di guisa che le parti saranno, comunque, vincolate a rispettare anche le statuizioni dettate in tema di lavoro agile.

Più complesso il rapporto tra la disciplina contrattual collettiva e quella legale ad oggi vigente. Il CCNL Metalmeccanici andrà, infatti, ad intervenire su ambiti per i quali la legge, da un lato, ne esclude la competenza (v. l’esercizio del diritto alla disconnessione, le cui «misure tecniche e organizzative necessarie» per assicurarne il rispetto sono rimesse, ex art. 19, comma 1, l. n. 81/2017, all’accordo individuale) e, dall’altro, non detta alcuna disciplina (v. l’esercizio dei diritti sindacali in modalità agile). Si porrà in questo caso un problema di deroga “non consentita” della norma legale da parte della contrattazione collettiva? Il quesito potrebbe essere risolto con l’inserimento nel patto di lavoro agile di una clausola di rinvio alle disposizioni del CCNL in merito, superando, così, la possibile “incompetenza” del contratto collettivo ad intervenire in spazi riservati all’accordo individuale. Certamente, anche la contrattazione dovrà muoversi nell’ambito dei limiti che, ad oggi, il legislatore pone all’accordo individuale: non potendo il rinvio, operato dallo stesso alla disciplina del CCNL, eccedere l’ambito dispositivo stabilito dalla legge.

Per quanto concerne, poi, la regolazione in forma agile di materie nelle quali il legislatore non è intervenuto sorge, a mio avviso, un complesso “problema di adattamento” della normativa esistente. I diritti sindacali, come noto, hanno, spesse volte, un preciso ambito di operatività: l’azienda appunto. Per l’assemblea, l’art. 20, comma 1, l. 20 maggio 1970, n. 300 parla di «diritto di riunirsi nella unità produttiva»; per il referendum, l’art. 21, comma 1, l. n. 300/1970 di «ambito aziendale»; per il diritto di affissione, l’art. 25, l. n. 300/1970 di spazi predisposti «in luoghi accessibili a tutti i lavoratori all’interno dell’unità produttiva»; per l’attività di proselitismo, l’art. 26, l. n. 300/1970 la riconosce «all’interno dei luoghi di lavoro». Se per l’assemblea (art. 20, comma 4) e il referendum (art. 21, comma 2) è la legge a consentire ai contratti collettivi di stabilire «ulteriori modalità» e, dunque, tra queste anche la modalità agile, per l’affissione e il proselitismo tale possibilità non è stata prevista dal legislatore che ne ha, invece, circoscritto l’ambito al contesto aziendale. Certamente si potrebbe dire che essendo il lavoratore agile al di fuori dello stesso tale diritto e tale attività possano essere comunque svolti poiché il legislatore ha inteso, con la previsione normativa, garantirne il godimento solo all’interno dei locali aziendali e non impedirne certo la realizzazione al di fuori degli stessi. Sennonché, al di fuori dell’azienda tali diritti come possono essere declinati? Come riuscire ad arrivare all’esterno ai lavoratori agili? Il datore è, così, tenuto a predisporre uno spazio telematico per l’affissione di materiale sindacale? Anche su questi temi pare dovrà intervenire la disciplina che detterà la Commissione prevista dal CCNL Metalmeccanici, ma forse la competenza ad operare è, qui, difficile da rintracciare nel dettato normativo.

Appare evidente, al termine di questa mia limitatissima analisi della clausola sul lavoro agile, che le Parti sociali hanno inteso porre l’attenzione sui molteplici aspetti e problemi che l’uso diffuso della modalità agile a seguito della pandemia ha posto in luce. A questa prospettiva, che sembra ispirarsi a quella certezza che il diritto dovrebbe sempre assicurare, occorre constatare, però, la necessità di una “staffetta” normativa. Il legislatore è chiamato ad intervenire sul lavoro agile in una prospettiva non più emergenziale, bensì a lungo termine riformando la disciplina già posta ovvero integrandola con contenuti ed istituti ulteriori ovvero prevedendo un rinvio regolatorio, anche per tali ambiti, a favore della contrattazione collettiva dei sindacati comparativamente più rappresentativi ex art. 51 d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81. Senza questo intervento normativo di supporto alla contrattazione collettiva, l’operatività delle discipline predisposte dai contratti collettivi, quale appunto quella del CCNL Metalmeccanici, potrebbe essere esposta ai dubbi ed alle caducità che si è cercato di illustrare.

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