Europa scopre la politica fiscale. Breve descrizione di un percorso di cambiamento

Massimiliano Tancioni prendendo spunto da un allegato tecnico alle raccomandazioni sulla politica economica dell'Euro-zona del dicembre scorso riflette sulla possibilità che sia in atto un radicale cambiamento di visione nella Commissione Europea: la politica fiscale può essere efficace anche in senso espansivo. Tancioni fornisce una breve descrizione del possibile cambiamento di prospettiva ponendo in relazione l'evoluzione della letteratura scientifica con quella delle posizioni della Commissione.

E Ciàula si mise a piangere, senza saperlo, senza volerlo, dal gran conforto, dalla grande dolcezza che sentiva, nell’averla scoperta, là, mentr’ella saliva pel cielo, la Luna…                 (L. Pirandello, Ciàula scopre la luna, 1907, in Novelle per un anno)       

La lettura del documento tecnico allegato alle raccomandazioni di politica economica della Commissione Europea (CE) del 17 dicembre scorso ed in particolare alcuni suoi passaggi sulla dimensione dei moltiplicatori fiscali, ha indotto in chi scrive un irresistibile richiamo alla novella pirandelliana. Con le dovute proporzioni letterarie, in questo contributo cercherò di fornire alcuni elementi per la comprensione del cambiamento di prospettiva che sembra essere in atto.     

La “nuova visione” della Commissione Europea sui moltiplicatori fiscali non è nuova. Il presupposto del possibile cambiamento di posizione della Commissione Europea (CE) è la contingenza: la consapevolezza del rallentamento in atto della dinamica macroeconomica europea, caratterizzata da crescenti incertezze sul piano commerciale e finanziario. I tecnici della CE riconoscono che sotto le condizioni macroeconomiche attuali, che peraltro emergono in corrispondenza di una politica monetaria persistentemente espansiva ma vincolata, un ulteriore shock negativo renderebbe ineludibile il ricorso alla leva fiscale in direzione anticiclica.

Il messaggio principale contenuto nell’allegato tecnico in analisi è infatti che – sotto certe condizioni congiunturali e di politica monetaria – interventi fiscali discrezionali tempestivi, temporanei e mirati possono risultare efficaci sia per la stabilizzazione ciclica che per la sostenibilità finanziaria pubblica. La rilevanza del documento, richiamato in maggior dettaglio da Civil Servant in questo numero del Menabò, risiede nel fatto che i tecnici della Commissione scoprono (o ammettono) che il moltiplicatore fiscale è una grandezza eterogenea nella sua composizione, nel contesto macroeconomico, nello spazio geografico e rispetto al periodo di tempo di manifestazione degli effetti. Può quindi essere positivo e sostanzialmente maggiore dell’unità.

Tale scoperta o ammissione è sintetizzata in una tabella contenuta in un Box del documento tecnico in analisi. Si tratta dei moltiplicatori fiscali ottenuti simulando la risposta ad un anno del prodotto a shock fiscali di durata biennale su specifiche poste di bilancio, assumendo diverse condizioni di politica monetaria. I valori riportati per i moltiplicatori specifici sono medie di risultati ottenuti attraverso la simulazione di sette modelli istituzionali (due accademici). Tutti condividono la struttura dinamica, stocastica, di equilibrio generale (DSGE) di media-larga scala. L’evidenza riprodotta, ottenuta in presenza di accomodamento monetario a due anni (con retroazione monetaria nulla), segnala moltiplicatori fiscali sensibilmente maggiori all’unità per consumi pubblici, investimenti pubblici e trasferimenti mirati a soggetti vincolati nella liquidità (per i quali il legame tra reddito disponibile corrente e spesa è pieno). I moltiplicatori sono invece inferiori all’unità per i trasferimenti non mirati a famiglie e imprese e per le diverse fattispecie di tassazione.

L’elemento ironico è che la CE non ha prodotto le simulazioni che oggi sembra adottare, pur avendovi contribuito, con i suoi modelli, circa dieci anni fa. L’evidenza di cui prende consapevolezza, come la luna per Ciàula, era già lì, fuori dalla miniera: i moltiplicatori riportati sono infatti quelli ottenuti in una ricerca pubblicata nel 2012 sull’American Economic Journal: Macroeconomics  (Coenen et al., 2012), peraltro già disponibile in versione preliminare in un Working Paper del Fondo Monetario Internazionale (FMI) del marzo 2010. In sintesi:

“…The most important result is that there is considerable agreement across models on both the absolute and relative sizes of different types of fiscal multipliers. Three other conclusions stand out. First, the size of many multipliers is large, particularly for spending and targeted transfers. Second, fiscal policy is most effective if it has some persistence and if monetary policy accommodates it. Third, permanent fiscal stimulus has significantly lower initial multipliers, and reduces output in the long run.

Il documento, firmato da 17 autori in corrispondenza dei diversi modelli utilizzati (tra i quali due sono della CE), è ispirato dalla consapevolezza che la forte recessione indotta dalla crisi finanziaria rendeva urgente una valutazione dell’efficacia delle diverse opzioni fiscali, anche in vista dei limiti che l’azione di politica monetaria aveva o avrebbe incontrato. La dimensione globale suggeriva l’utilizzo di strutture modellistiche diverse, che per ragioni di comparazione dovevano condividere la stessa ispirazione teorica. L’eccezionalità della fase congiunturale richiedeva inoltre che la modellistica di riferimento garantisse una certa flessibilità nell’impostazione di specifici scenari di contesto, rilevanti per il momento congiunturale.

I moltiplicatori fiscali nella letteratura scientifica e nelle prescrizioni della Commissione: tratti evolutivi. Il WP del FMI del 2010, preso a riferimento dai tecnici della CE nella versione 2012, non è un contributo isolato, nel metodo e nei risultati. Sono infatti numerosissimi gli studi scientifici che hanno cercato di valutare l’efficacia della politica fiscale condizionatamente alle diverse fasi congiunturali, alcuni richiamati su queste pagine in diverse occasioni. Si noti che questo approccio metodologico è invece, per definizione, assente in studi condotti su dati sezionali di paesi o su orizzonti temporali che non includono la situazione di trappola della liquidità (ad esempio, Alesina e Ardagna, 2010).

L’evoluzione dei risultati dell’analisi scientifica, prima e dopo la crisi, è riassunta in modo non esaustivo nella tabella 1, che riprendo ed aggiorno da un mio contributo al dibattito del febbraio 2013. La rassegna considera solo gli studi effettuati attraverso l’utilizzo dei due principali approcci all’analisi macroeconomica quantitativa, entrambi basati sulla simulazione stocastica di shock fiscali. Il primo utilizza modelli strutturali a forte ancoraggio teorico (DSGE); il secondo si basa su forme ridotte stimate, (debolmente) “strutturalizzate” (SVAR) attraverso l’imposizione dei soli vincoli teorici strettamente necessari all’identificazione della componente discrezionale delle manovre fiscali.

 Tabella 1. Evoluzione dei moltiplicatori fiscali nella letteratura scientifica  

 

La tabella mostra che i moltiplicatori fiscali sono caratterizzati da ampia variabilità, connessa al metodo di analisi, alle realtà economiche e agli intervalli temporali presi in considerazione. È utile sottolineare che la dipendenza dal metodo è dovuta in primo luogo al fatto che il moltiplicatore fiscale non è una grandezza direttamente osservabile. Esso sintetizza gli effetti di uno shock fiscale sulle variabili macroeconomiche costituenti il prodotto aggregato: a diverse ipotesi teoriche sulle relazioni tra tali grandezze, e sulla base del loro ruolo nell’identificazione dei modelli empirici, corrispondono necessariamente risultati diversi. In secondo luogo, le relazioni che definiscono il moltiplicatore non sono costanti rispetto alla fase ciclica. Larga parte degli studi effettuati dopo la crisi adotta infatti tecniche di analisi in grado di considerare le potenziali non linearità connesse a una o più variabili di stato. Per la tecnica SVAR, ciò ha permesso di distinguere la dimensione stimata dei moltiplicatori rispetto al regime/i in cui la politica viene implementata (SVAR-CR). Per la tecnica DSGE, l’approccio alla non linearità adottato con maggiore frequenza è quello della considerazione di due regimi di politica monetaria, in cui uno definisce il regime monetario vincolato (DSGE-TL). L’evidenza prodotta mostra un sensibile aumento dei moltiplicatori stimati nelle fasi di crisi.

L’evoluzione della posizione ufficiale della CE sui moltiplicatori fiscali può essere individuata considerando le raccomandazioni emerse nelle procedure per deficit eccessivo (PDE). In tali raccomandazioni vengono stabiliti due scenari macroeconomici, uno a normativa invariata e uno che considera l’effetto del consolidamento fiscale richiesto, rendendo così immediata la derivazione dei moltiplicatori fiscali assunti. Un recente studio della BCE analizza le PDE attivate nel periodo 2009-2015 su un campione di 24 paesi europei, per un totale di 47 raccomandazioni. La tabella 2 ne riassume i moltiplicatori fiscali impliciti.

I dati riprodotti in tabella evidenziano che la posizione della CE si è evoluta nel corso del tempo, passando da valori medi prossimi a un quarto dello sforzo fiscale nei primi anni dopo la crisi a valori prossimi a due terzi in quelli più recenti.

Tabella 2 – Evoluzione dei moltiplicatori fiscali assunti dalla CE nelle PDE

Purtroppo non è possibile stabilire quanto questa evoluzione sia connessa al lento oscillare dell’investigazione scientifica nelle decisioni adottate al livello politico europeo e quanto essa non derivi da ragioni di opportunità politica contingenti, o dalla necessità di evitare ulteriori “errori”. Ciò che è evidente è che l’adozione di moltiplicatori complessivi dell’ordine dello 0.7-0.9 non rappresenta un dato troppo distante dall’analisi empirica scientifica, quando riferita alle manovre fiscali nel suo complesso.

Il punto essenziale da cogliere, e da sostenere nel dibattito politico, è che nel documento tecnico allegato alle prossime raccomandazioni sembra emergere la consapevolezza che la questione della politica fiscale non può essere approcciata in modo ideologico. L’efficacia del consolidamento fiscale non è la stessa delle manovre di espansione fiscale, certi strumenti hanno efficacia diversa rispetto ad altri e, soprattutto, non esiste una efficacia valida per tutti in ogni condizione e tempo di manifestazione degli effetti. In questi casi, la ragionevolezza non è una media.

L’analisi scientifica sull’efficacia della politica fiscale non è riuscita a produrre una misura esatta dei moltiplicatori, ma ha certamente fornito un’idea della complessità e delle eccezioni che caratterizzano l’azione di politica economica. L’incertezza è d’altra parte un aspetto tipico e irrinunciabile delle scienze non sperimentali, che forse varrebbe la pena tener sempre presente nei processi di scelta pubblica. Ci aiuterebbe quanto meno a non confondere l’etica con la tecnica.

Otello: Ma qual è la verità? È quello che penso io de me, quello che pensa la gente, o quello che pensa quello là lì dentro…

Jago: Eh… Cosa senti dentro di te? Concentrati bene, cosa senti, eh?

Otello: Sì, sì… si sente quarcosa che c’è…

Jago: Quella è la verità… Ma ssssst, non bisogna nominarla, perché appena la nomini non c’è più…

(P.P. Pasolini, Che cosa sono le nuvole?, 1967)

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