Edicole al centro delle comunità

Martina Bacigalupi di fronte al dilagante fenomeno della chiusura delle edicole si chiede se si tratti di una questione di sostenibilità economica e di mercato o anche sociale, legata alla perdita di luoghi identitari all’interno delle città. Dopo avere descritto lo scenario di questa trasformazione, Bacigalupi riflette sul fenomeno della rigenerazione urbana partendo da alcuni esempi di edicole che hanno ripensato la propria offerta con spirito innovativo, qualificandola in diverse direzioni ed in particolare quella culturale.

Le edicole rappresentano un punto fermo nella nostra geografia urbana, luoghi di riferimento che tracciano la mappa dei nostri quartieri. A poco a poco, però questi luoghi hanno perso la loro funzione e, successivamente anche la loro consistenza: una lenta emorragia che giorno dopo giorno le vede scomparire.

I numeri sono impietosi: secondo la FIEG (Federazione Italiana Editori Giornali), le edicole sono circa 11.000 ma venti anni fa erano oltre 36.000, una moria pari a quasi il 70%.

L’edicola in cui ci si recava a comperare il giornale non esiste più, probabilmente perché non si comprano più i giornali, almeno quelli cartacei. Sei milioni e 800 mila copie al giorno vendute nel 1992, 1 milione e 800 mila copie nel 2018: in 25 anni si sono persi 5 milioni di copie vendute al giorno. Meno copie, ma anche meno lettori, che evidentemente stanno abbandonando la carta stampata e anche quella “digitale”: secondo il 16° Rapporto Censis sulla comunicazione gli italiani che leggono i quotidiani siano passati dal 67% nel 2007 al 37,3% nel 2019. È la dimostrazione di una crisi definitiva della domanda di lettura? È questa la causa della sparizione delle edicole? E ancora, le edicole sono in crisi come punti vendita oppure è l’identità stessa dell’edicola che si sta indebolendo?

 Edicola bazar, Si è svolta a fine gennaio la prima notte bianca delle edicole. Il Sindacato dei giornalai (Si.Na.Gi.) ha scelto questo format per cercare di sensibilizzare la cittadinanza e il mondo politico sull’importanza di questi chioschi nell’ambito sociale, culturale e democratico italiano e, più prosaicamente, per sostenere l’appello al Presidente della Repubblica e al Presidente del Consiglio per destinare alle edicole una parte consistente del finanziamento pubblico per l’editoria.

La sostenibilità economica di questo tipo di impresa è il vulnus attorno a cui ruotano tutte le riflessioni.

Il segretario nazionale del Si.Na.Gi Giuseppe Marchica conferma il dato sotto gli occhi di tutti: nei piccoli centri ci sono meno chiusure perché la vendita di giornali è sempre abbinata a commerci diversi, mentre nelle grandi città la moria è continua.

In questi anni, le edicole, per evitare la chiusura, hanno iniziato a vendere souvenir, giochi, biglietti di autobus, figurine, trasformandosi in una sorta di bazar che poco ha a che fare con un punto di offerta “culturale”. Lo scotto da pagare per arrivare a fine giornata è però molto alto poiché si è instaurato un meccanismo perverso in cui la sostenibilità economica è basata sulla vendita di oggetti privi di identità e ben lontani dall’approfondimento culturale, con un gioco al ribasso che ha eroso il riferimento valoriale del chiosco.

Edicola come luogo identitario. Le edicole rappresentano una componente del tessuto urbano e non solo che si sta sgretolando troppo velocemente. Le edicole svolgono una funzione di interesse pubblico: nei piccoli paesi rappresentano un presidio sociale come le poste e il bar, mentre nelle città, rappresentano un punto di riferimento del quartiere, un luogo in cui ritrovare il senso di città e di comunità.

Oggi si parla molto di rigenerazione urbana quale processo necessario a restituire alla collettività beni immobili non utilizzati o abbandonati per incidere positivamente sui livelli di inclusione sociale e di integrazione delle città.

E in questa riflessione, fa male veder chiudere ferramenta, calzolai, mercerie, librerie indipendenti e appunto le edicole. Secondo quanto riportato dalla studio “Demografia d’impresa nelle città italiane”, realizzato dall’Ufficio Studi di Confcommercio prendendo in considerazione 120 Comuni italiani, tra il 2008 e il 2019 il numero di esercizi di commercio al dettaglio in sede fissa è diminuito del 12,1%, pari a circa 70mila in meno. Sono aumentati, invece, il numero di alberghi, bar e ristoranti (+16,5%). In particolare, il report di Confcommercio sottolinea come siano colpiti principalmente i negozi dei centri storici, causando una desertificazione commerciale delle aree urbane centrali. Si svuotano i centri storici di servizi, ma soprattutto di socialità e vita civica e della loro identità.

Chi si propone di rigenerare i territori sa che deve invertire questa tendenza, e punta a farlo valorizzando quei luoghi al centro di scambi e di relazioni – come le edicole – che rappresentano dei “punti di contatto” capaci di generare esternalità positive per la vita delle comunità e di dare risposta a nuovi bisogni sociali.

Innanzitutto le edicole sono luoghi di abitudini consolidate della quotidianità, dove le persone vanno regolarmente, spesso acquistando lo stesso giornale che l’edicolante si ricorda puntualmente quale sia.

Perché il giornalaio ha un rapporto di conoscenza e fiducia con le persone, è l’amico di quartiere che conosce in anticipo il quotidiano che stai cercando o che ti sa aiutare nella scelta.

Inoltre i chioschi non hanno porte: sono aperti sulla strada o sulla piazza, sono finestre sulla vita della comunità. Le persone che ci lavorano dentro conoscono gli angoli delle vie, osservano la gente che passa, sono sempre presenti così da rappresentare una sicurezza.

Quando un’edicola chiude, un quartiere, un borgo, una piazza si impoveriscono di quel capitale relazionale di cui la vita collettiva avverte il bisogno, si svuotano di quella socialità insita negli spazi dove la comunità si ritrova.

Rigenerare le edicole. Le strade intraprese da alcune edicole per ridefinire il proprio ruolo sono diverse e il fermento è notevole.

Da Milano è nata l’idea di lavorare sull’estetica dell’edicola, nella convinzione che il chiosco dei giornali non sia un luogo a fine vita ma semplicemente uno spazio bisognoso di evolversi per diventare più contemporaneo e attraente. Così il brief dato ai 7 architetti invitati a partecipare al concorso «L’Edicola del futuro» (curato da Luca Molinari Studio, sulla base del progetto di Nemo Monti con il Corriere della Sera) ha chiesto di immaginare una piccola casa, accogliente e funzionale, memore della tradizione ma aperta alla tecnologia, rispettosa dell’ambiente e attenta a far stare bene chi la abita.

Da Parigi arriva Lulu dans ma rue, un diverso format di chiosco-edicola ideato dall’economista Charles-Edouard Vincent. Si tratta di un’iniziativa nata nel 2016 con l’obiettivo di risolvere i piccoli problemi degli abitanti del quartiere: la consegna di un pacco, trovare qualcuno che ti tenga le chiavi o ti porti la spesa a casa.

«Bricolage, ménage, coup de main et bonne humeur» (Fai da te, pulizia, darsi una mano e buon umore) dice Vincent. Un moderno “portierato di quartiere” a sostegno di quelle relazioni di buon vicinato che creano comunità e aumentano la qualità della vita di un quartiere.

Qui si ricostruisce l’identità dell’edicola investendo sulla sua vocazione “sociale”, fino a farne un luogo di presidio delle relazioni civiche e di servizi ad alto impatto sul benessere collettivo.

Infine, una strada ancora diversa è quella che si sta intraprendendo a Perugia con Edicola 518, uno spazio di 4 metri quadrati trasformato in un centro culturale vivo e inserito pienamente nella vita della città: non semplice punto vendita di riviste e giornali, ma anche micro-libreria, micro-galleria d’arte, location per eventi culturali e luogo di incontro e confronto cittadino.

Tre percorsi diversi, il primo legato all’estetica, il secondo alla funzionalità dei servizi e il terzo alla capacità di essere centro di scambio culturale che mostrano come le edicole (e gli edicolanti) non si sentano vittime sacrificali di un destino che pare segnato.

C’è chi scommette sulla carta, La spinta alla ribellione tocca vette ancor più elevate quando le edicole, ripensandosi, puntano direttamente alla carta stampata.

I dati sulle abitudini di consumo sconsiglierebbero i più avveduti a puntare con decisione in questa decisione, ma c’è chi ha scelto di fare una scommessa controcorrente.

A Milano è stata inventata l’edicola mobile, trasformando un’Ape della Piaggio in un chiosco itinerante per “inseguire” i lettori e vendere i giornali in giro per la città.

Il progetto si chiama Quisco, ossia chiosco in spagnolo, ed è stato ideato da Andrea Carbini sicuro che ci sia ancora una domanda d’informazione, basta andarla a intercettare nelle strade e luoghi di passaggio, laddove i giornali non vengono più distribuiti. Rispetto al modello francese, quindi, si trascura il presidio del territorio e le relazioni di quartiere per innalzare il servizio di vendita arrivando praticamente “a domicilio”.

E per contrastare un contesto in cui le vendite di giornali non saranno mai massive, il modello di business basa la sua efficacia anche sul fatto che l’edicola mobile non paga né tasse né utenze e può presidiare zone diverse in pochissimo tempo facendosi trovare dove ce n’è più bisogno.

A Roma, invece, c’è chi ha scelto di investire sul prodotto cartaceo di qualità, in cui l’edicola non rappresenta solamente un negozio al dettaglio, ma diventa un vero agorà culturale.

Per realizzare quest’operazione, nel settembre 2018 è entrato nell’arena col ruolo di edicolante addirittura un think tank di geopolitica internazionale, Eastwest diretto da Giuseppe Scognamiglio.

L’idea di acquistare un chiosco nacque in risposta a una doppia criticità: la scarsa distribuzione di giornali internazionali e la constatazione che ai distributori mancava la professionalità necessaria per raccontare e promuovere un prodotto di nicchia, com’è la stampa internazionale.

Acquisire un chiosco ha permesso di distribuire in prima persona la rivista che EastWest edita e di valorizzare i propri prodotti editoriali, creando un luogo in cui promuovere i contenuti scientifici e culturali di elevata qualità editoriale e costruendo una domanda culturale nuova.

A distanza di un anno e mezzo dall’apertura, si può affermare che il chiosco di Eastwest sia diventato un punto di riferimento per stranieri, ricercatori e per gli abitanti romani interessati ai temi della politica internazionale del quartiere Prati.

A differenza dei casi precedenti, l’operazione di rivitalizzazione dell’edicola realizzata da Eastwest non è legata all’importanza del luogo fisico o alle relazioni sociali di quartiere quanto al rafforzare la qualità del servizio offerto. Un obiettivo che è stato possibile raggiungere investendo sulle risorse umane all’interno del chiosco: all’edicola ci lavorano due dipendenti laureati, uno in lingua araba e l’altro in marketing e social media. Si tratta di personale scelto per la solida preparazione, che conosce approfonditamente il prodotto che sta vendendo ed è capace di raccontarlo, descriverlo e consigliarlo ai clienti, indicando gli argomenti e le caratteristiche di ciascuna rivista o libro in vendita.

Una seconda linea d’azione del think tank è stata finalizzata a trasformare l’edicola in un luogo di incontro e di dibattito, trasformandosi in un’agorà della politica internazionale in cui gli appuntamenti informali diventano momenti di aggregazione. Nell’ultimo anno, per esempio, è stato promosso “l’incontro del sabato mattina”, in cui piccoli gruppi di persone e curiosi di passaggio, bevendo un caffè, si trovano a dibattere sugli scenari della geopolitica.

Il prossimo passo sarà ripulire e ristrutturare le aiuole accanto all’edicola per creare uno spazio con wi-fi in cui presentare libri e riviste come fosse un piccolo auditorium di quartiere.

L’edicola partigiana

L’edicola acquistata dal think-tank EastWest ha una storia che risale all’immediato dopoguerra e si lega a doppio filo con la storia partitica nazionale.

La licenza, infatti, fu acquistata e poi donata quale segno di gratitudine da Pietro Nenni e Palmiro Togliatti alla partigiana Tosca Casadio, che si era distinta nel contrastare con coraggio i rastrellamenti ai danni della comunità̀ ebraica della zona Prati e Trionfale, probabilmente offrendo un riparo allo stesso Togliatti.

In conclusione, c’è chi reagisce, e con spirito innovativo, al rischio di definitiva scomparsa dell’edicola dal panorama delle città. Dall’esito di queste reazioni dipende il volto, e non soltanto il volto, che le città avranno in futuro.

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