E Obama arrivò

Lo schermo e l’appoggio che Bush ha per otto anni offerto alla prepotenza e all’ignoranza, alle guerre dichiarate e non dichiarate, all’intolleranza e ineguaglianza, alla violazione dei diritti umani e civili, alla protezione di interessi ristretti, è caduto. Ed è caduto per merito di Barack Obama e di un popolo che ha ritrovato finalmente un sentire comune attorno agli ideali di Lilcoln e di Marthin Luther King. Perché due sono stati i protagonisti dell’insediamento del nuovo presidente: l’afroamericano Obama e un popolo, non piegato dalla crisi, che ha espresso la volontà di operare per cambiare profondamente il corso delle cose. In primo luogo negli Stati Unit. Era da tempo che gli americani non si incontravano in così gran numero per gridare insieme, , in modo determinato e sereno che un’epoca si è chiusa e per dare credibilità alla speranza di un nuovo corso. E che lo abbiano fatto insieme,discendenti di bianchi e di meri, di asiatici e di indiani, religiosi e non credenti, ha rafforzato la portata e il significato del loro messaggio.

Qualcuno ha osservato che forse la retorica del discorso di Obama non è stata all’altezza del grandioso rito che si è celebrato davanti al Campidoglio. E’ stato invece un grande discorso pieno di cose concrete che, forse, eravamo disabituati ad ascoltare da quando abbiamo cessato di incontrarci in grandi e articolati partiti, capaci di esprimere leaders responsabili e capaci. Nel discorso di Obama non abbiamo certo già trovato le soluzioni dei difficili problemi che sono esplosi, ma abbiamo trovato un metodo ed una proposizione di temi tale da poter sperare che nelle sedi dovute le soluzioni siano cercate con l’ingegno e l’impegno necessari. Non a caso, a poche ore dall’insediamento, Obama ha sospeso tutti i processi militari in corso a Guantanamo, ha congelato tutti i provvedimenti di Bush ancora non approvati dal Congresso, ha preso contatto con i militari in Iraq e Afghanistan.

Era ed è inevitabile che l’attenzione maggiore degli analisti si sia concentrata su ciò che Barack Obama ha detto a proposito della crisi economica. “ Lo stato dell’economia richiede un’azione , forte e rapida e noi agiremo non solo per creare nuovi posti di lavoro ma per gettare le nuova fondamenta della crescita. Costruiremo le strade e i ponti, le reti elettriche e le linee digitali che alimentano i nostri commerci e ci legano gli uni agli altri. Restituiremo alla scienza il suo giusto posto e useremo le meraviglie della tecnologia in modo da risollevare la qualità dell’Assistenza sanitaria e abbassarne i costi. Imbriglieremo il sole e i venti e il suolo per alimentare le nostre auto e mandare avanti le nostre fabbriche .E trasformeremo le nostre scuole, i college, e le università per venire incontro alle esigenze dei tempi nuovi. Possiamo farcela e lo faremo.”” Quel che i cinici non riescono a capire è che il terreeno gli è scivolato sotto i piedi. Gli argomenti politici stantii che ci hanno consumato tanto a lungo non sono più applicabili. La domanda che formuliamo oggi non è se il nostro governo sia troppo grnde o troppo piccolo ma se funzioni o meno : se aiuti le famiglie a trovare un lavoro decentemente pagato, cure accessibili, una pensione degna….E coloro che gestiscono i soldi della collettività saranno chiamati a risponderne, affinché spendano in modo saggio… perché solo allora potremo restaurare la vitale fiducia tra il popolo e il suo governo…la crisi ci ricorda che il mercato può andare fuori controllo e la nazione non può prosperare a lungo quando il mercato favorisce solo i ricchi.”. Questi i passi più specifici sulla crisi economica e sulle risposte da dare, risposte che, come si comprende subito, non possono essere per Obama solo “rattoppi” dell’esistente.

Ma sarebbe sbagliato ricercare la risposta alla crisi solo in alcuni passi specifici. In realtà tutto il discorso di Obama è rivolto ad indicare i compiti che occorre affrontare sul piano etico, su quello della politica interna e internazionale per uscire dalla crisi in cui l’America e l’intero mondo sono per insipienza precipitati. Per uscire dalla crisi non basta far fronte all’emergenza ma occorre innovare profondamente in tutti iu campi, da quello della sicurezza a quello dei rapporti tra paesi. Quando Obama proclama la necessità della” memoria”, la necessità di un ritorno agli ideali e ai princìpi non indica solo scelte di politica interna od estera. Indica condizioni per uscire dalla crisi. “ A quelle nazioni come la nostra che godono di una relativa ricchezza, noi diciamo che non si può sopportare l’indifferenza verso chi soffre fuori dai nostri confini,né noi possiamo continuare a consumare le risorse del mondo senza considerare gli effetti. Perché il mondo è cambiato e noi dobbiamo cambiare con esso.”

L’accenno ai valori e agli ideali, e dunque il discorso sulla fedeltà a grandi obiettivi strategici da non smarrire mai, è una costante del discorso di Obama che coglie uno dei problemi più acuti lasciati aperti da Bush o da lui aggravati come lo scontro con il modo musulmano per segnare e sottolineare la rottura con il passato. “Noi siamo una nazione di cristiani e musulmani,ebrei e induisti e non credenti. Noi siamo formati da ciascun linguaggio e cultura disegnata in ogni angolo di questa Terra e poiché abbiamo assaggiato l’amaro sapore della guerra civile e della segregazione razziale siamo emersi da quell’oscuro capitolo più forti e più uniti noi non possiamo far altro che credere che l’America…deve giocare il suo ruolo nel far entrare il mondo in una nuova era di pace”. “Per il mondo musulmano noi indichiamo una nuova strada, basata sul reciproco interesse e sul mutuo rispetto”. “ E’ venuto il momento di riaffermare il nostro spirito tenace, di scegliere la nostra storia migliore, di portare avanti quel dono prezioso, l’idea nobile passata di generazione in generazione: la promessa divina che tutti siamo uguali, tutti siamo liberi e tutti meritiamo una possibilità di perseguire la felicità in tutta la sua pienezza”. Uguaglianza e libertà, sono beni assoluti:per uscire dalla crisi occorre non dimenticarlo. E non dimenticarlo significa anche agire e non confidare solo nell’iniziativa dell’altro, per quanto autorevole e ben inspirato.

Il “carpe diem” di fronte ad un domani incerto può a volte valere per il singolo. Una comunità non può essere, con Orazio, “minimum credula postero”, perché una comunità muore come tale se giorno per giorno non delinea e non costruisce il proprio futuro.

Schede e storico autori