E’ necessario ridurre le ineguaglianze. Le indicazioni del Fmi per uscire dalla crisi

Nel corso degli ultimi cinquant’anni ho parlato male così tante volte del Fondo monetario internazionale che non mi sembra vero di poterne finalmente parlare bene. Il merito della svolta è del nuovo managing director del fondo, Dominique Strauss-Kahn, formatosi alla prestigiosa scuola dell’ENA, professore di economia al Paris Institute for political studies e poi ministro dell’economia nel governo socialista francese presieduto da Lionel Jospin governo che darà ai francesi la copertura medica universale. Kahn non ha detto in verità cose nuove. Siamo in molti ad averle già ascoltate e ripetute. Ma la novità sta nel fatto che esse sono fatte proprie e lanciate al mondo dal più autorevole seggio economico, quello che Roosevelt e Churchill hanno costruito pensando al futuro del mondo. Assumendo il suo incarico a capo del Fondo, Strauss-Kahn aveva già dichiarato che la stabilità finanziaria non va perseguita sacrificando crescita ed occupazione. Ora ha dichiarato, parlando a nome del fondo, nel quale siedono per l’Italia Tremonti e Draghi, che la occupazione e l’eguaglianza sono le pietre angolari della stabilità politica e della pace. Ciò sta al centro del mandato del Fmi e deve essere messo al centro dell’agenda politica. Circa le misure da assumere il Fmi ha indicato le seguenti. Rafforzare il potere contrattuale collettivo (i paesi con salari più flessibili come gli Usa se la sono passata peggio rispetto alla economie dell’Europa  settentrionale). Così come stanno le cose, argomenta Strauss-Khan, con quasi un quarto del reddito complessivo e il 40% della ricchezza statunitense nelle mani dell’1 per cento posto all’apice della piramide di coloro che percepiscono un reddito, l’America è molto meno una terra di opportunità, perfino rispetto alla vecchia Europa.
Le soluzioni da adottare? Rafforzare il potere contrattuale collettivo, ristrutturare i mutui, utilizzare il bastone e la carota per fare si che le banche riprendano ad erogare prestiti, ristrutturare le politiche fiscali e della spesa per stimolare l’economia tramite investimenti a lungo termine, mettere in atto politiche sociali che garantiscano opportunità per tutti.
La deregulation finanziaria negli Stati Uniti è stata la causa principale della crisi scoppiata nel 2009 e la liberalizzazione del mercato dei capitali e del mercato finanziario altrove hanno certamente contribuito a diffondere lo shock made in Usa in tutto il mondo. La crisi ha dimostrato che i mercati liberi e senza vincoli non sono efficienti né stabili. Non svolgono neanche un’azione positiva nel fissare i prezzi  (basta pensare alla bolla immobiliare) compresi i tassi di cambio. L’Islanda ha dimostrato che reagire alla crisi  imponendo controlli sui capitali può aiutare i paesi, compresi i piccoli, a gestirne l’impatto.
E’ un peccato che le indicazioni di Strauss-Kahn abbiano trovato poco o nessun rilievo in Italia in quegli stessi quotidiani che aprivano il giornale a piena testata quando il  Fmi era il diretto portavoce dei governi americani. Contiamo sui giovani e sul loro passaparola informatico.

P.S.  Strauss-Kahn ha pagato duramente per le sue parole che hanno turbato i miliardari americani. Accusato di stupro ai danni di una cameriera dell’albergo che lo ospitava è in prigione negli Stati Uniti. A lui il saluto dei disoccupati del mondo

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