Dalla democrazia a bassa intensità a quella ad alta intensità: quale ruolo per il sorteggio?

Ugo Pietro Paolo Petroni alla luce della crisi della partecipazione democratica e del governo rappresentativo si chiede, nella prima delle due parti del suo contributo, se il sorteggio possa rappresentare una via di uscita. Petroni ricorda che il sorteggio, già utilizzato nella democrazia ateniese, ha avuto un posto di rilievo in alcune esperienze democratiche antecedenti le rivoluzioni americane e francesi e dà conto della sua recente riscoperta in alcuni paesi a sostegno di significative iniziative di democrazia partecipativa che, però, hanno ricevuto scarsa attenzione.

Nel mondo occidentale la crisi della democrazia spesso si accompagna ad una profonda sfiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni e delle élite politiche democratiche. Le istituzioni della democrazia rappresentativa soffrono, in numerosi paesi, di un crescente deficit di legittimità ed efficacia ed emergono forme di populismo e di leaderismo oligarchico, che indeboliscono la rappresentanza sociale e politica, nelle sue molteplici forme. D’altro canto, come ha osservato un attento studioso delle metamorfosi del governo rappresentativo in età moderna (Bernard Manin, Principi del governo rappresentativo, 2010) si è consumato il passaggio dalla democrazia dei partiti alla “ democrazia del pubblico”, nella quale televisione, sondaggi e marketing trasformano sempre più la politica in un permanente spettacolo mediatico.

In questo contesto appaiono necessarie e urgenti innovazioni capaci di trasformare in profondità la rappresentanza e di sviluppare la democrazia partecipativa. Come ha auspicato in un caloroso appello di qualche anno fa il vescovo di Faenza e Modigliana (Mario Toso, Riappropriarsi della democrazia, 2014) occorre trasformare l’intensità della democrazia “da bassa ad alta”. La democrazia a bassa intensità convive con elevati tassi di povertà e con crescenti diseguaglianze, quella ad alta intensità dovrebbe aspirare a essere davvero rappresentativa, partecipativa, maggiormente solidale e inclusiva.

Il percorso che conduce dall’una all’altra non è facile da individuare ma merita attenzione la proposta, avanzata da numerosi studiosi nell’ultimo trentennio, di reintrodurre il sorteggio nella politica proprio allo scopo di rivitalizzare la democrazia partecipativa contro la democrazia mediatica.

Si parla di reintroduzione perché prima della nascita dello Stato moderno, Atene, Roma e le repubbliche di Venezia e Firenze hanno utilizzato il sorteggio quale metodo democratico per attribuire cariche pubbliche. Il sorteggio ha avuto un ruolo chiave nella democrazia ateniese al tempo di Pericle (V secolo a.c.) per assegnare quelle cariche e per selezionare la rappresentanza politica. Infatti, all’elezione, considerata un metodo aristocratico, si faceva ricorso, in un numero assai ridotto di magistrature (100 su 700).

Qualche anno fa un politologo americano (Terrill Bouricius, in Journal of Public Deliberation, 2013) ha messo in luce due principi importanti della democrazia ateniese, proponendone una reinterpretazione come democrazia rappresentativa non-elettiva.

Il primo principio è l’isonomia, secondo cui tutti i cittadini hanno uguali diritti politici. Il secondo è l’isegoria, cioè il diritto di ogni cittadino di parlare all’Assemblea del popolo e di avanzare proposte che presuppone la possibilità condividere le informazioni e non soltanto di votare.

Inoltre, caratteristica qualificante della democrazia ateniese era il frazionamento del potere e la sua gestione da parte di una pluralità di corpi deliberanti che, come si è detto, venivano selezionati tramite sorteggio.

Bouricius si è chiesto quali siano in chiave moderna le lezioni da trarre dai principi dell’isonomia e isegoria e dal funzionamento di corpi deliberanti separati e ha individuato la risposta in un moderno modello di sorteggio – che presenta elementi di grande interesse – applicabile a livello locale, nazionale e internazionale,.

Nel XVII e XVIII secolo il confronto tra il metodo del sorteggio e quello delle elezioni fu oggetto di intenso dibattito tra gli studiosi.

Montesquieu, indicò come regola universale, indipendente dalla specifica cultura di una nazione, quella secondo cui la democrazia si accompagna all’estrazione a sorte e l’aristocrazia alle elezioni. Egli era consapevole che con l’estrazione a sorte potessero essere selezionati individui incompetenti e perciò parlò di «sistema difettoso» ma era convinto che due caratteristiche la rendessero necessaria in una democrazia.

La prima é che essa non umilia né fa cadere in disgrazia coloro che non vengono scelti per ricoprire una carica; poiché costoro sanno che la sorte avrebbe potuto anche scegliere loro. La seconda é che evita l’invidia e la gelosia nei confronti di coloro che vengono scelti. Inoltre, l’estrazione a sorte si accorda con il principio del1’eguaglianza, dal momento che conferisce a ogni cittadino una probabilità «ragionevole» di esercitare una funzione pubblica. E l’eguaglianza stava a cuore più di ogni altra cosa ai fautori della democrazia di quell’epoca.

Scriveva infatti Montesquieu,: «L’amore della repubblica, in una democrazia, è quello della democrazia; l’amore della democrazia è quello dell’uguaglianza» (Montesquieu, L’Esprit des lois ,1748).

Con il consolidarsi dello Stato moderno e soprattutto con l’avvento della rivoluzione francese e americana il sorteggio è scomparso dalla scena politica. Esso, infatti, fu abbandonato, perché ritenuto non in grado di selezionare i “migliori”, cioè l’ aristocrazia elettiva, propugnata dai rivoluzionari del XVIII secolo.

Le elezioni si sono così imposte quale unico strumento fondante la rappresentanza politica e il sorteggio è stato esclusivamente confinato nell’ambito delle giurie criminali (in Francia, Inghilterra e Stati Uniti).

Negli ultimi decenni, però, il sorteggio è stato di nuovo utilizzato all’interno di varie forme di democrazia partecipativa quali le assemblee e giurie cittadine, le consensus conferences e in modo particolare i sondaggi deliberativi. In questo contesto, una differenza importante rispetto al XVIII secolo è la possibilità di effettuare il sorteggio su un campione statisticamente significativo dell’intera popolazione.

I dispositivi partecipativi fondati sul sorteggio assicurano risultati migliori dei classici sondaggi perché, a differenza di questi ultimi, non chiedono ai cittadini di rispondere istantaneamente, a domande sulle quali possono non essersi mai interrogati e di cui possono non avere mai discusso con altri. I dispositivi partecipativi fondati sul sorteggio superano tale limite, connaturato alle modalità di raccolta istantanea “della voce” dell’opinione pubblica. Attraverso audizioni e sessioni informative di gruppo essi rendono la pubblica opinione più consapevole, più informata e capace di deliberare correttamente.

Negli ultimi tre lustri temi importanti quali la riforma della legge elettorale e le modifiche costituzionali sono passati al vaglio di Assemblee di cittadini scelte mediante sorteggio. Ad esempio, in Canada (più precisamente, in British Columbia e in Ontario) nel 2004 si sono avute esperienze deliberative sulla riforma della legge elettorale, una questione sulla quale i cittadini comuni, a differenza dei politici, possono bene deliberare senza preoccuparsi del rischio che il nuovo sistema possa danneggiarli.

La procedura è iniziata spedendo degli inviti a un campione di cittadini selezionati a caso dalle liste elettorali (15.800 nella British Columbia, 12.000 in Ontario). Dopo aver invitato i candidati interessati a una sessione informativa, é stato quindi designato tramite sorteggio un campione rappresentativo rispettivamente di 160 e 103 cittadini. Si é previsto in entrambe queste esperienze che i membri dell’Assemblea avessero una ripartizione equilibrata in funzione dell’età, del sesso e di altri criteri. Nella British Columbia e in Ontario i cittadini sorteggiati hanno mostrato di essere capaci di prendere decisioni sensate e razionali, valendosi anche dell’aiuto di specialisti. Purtroppo, però, la loro proposta di legge elettorale non venne confermata dalla successiva fase referendaria: in British Columbia, il 57,7 % dei cittadini votò a favore, una percentuale alta, ma insufficiente per poco a raggiungere la soglia stabilita del 60%. In Ontario, invece, il risultato è stato deludente perchè solo il 36,9 % dei cittadini ha espresso un voto favorevole (Yves Sintomer, Il potere al popolo, Giurie cittadine, sorteggio e democrazia partecipativa, 2008).

Nel 2010 in Islanda e nel 2013 in Irlanda l’estrazione a sorte ha avuto un ruolo importante in due progetti diretti a modificare la Costituzione (il testo integrale in Islanda, otto articoli in Irlanda).

In Islanda, tenendo conto degli insuccessi referendari registrati dalle esperienze canadesi, la legge costituzionale ha previsto l’elezione di un’Assemblea Costituente di venticinque rappresentanti eletti (quindici uomini e dieci donne).

L’elezione di tali rappresentanti è avvenuta scegliendo tra 522 candidature, tratte all’interno di un’Assemblea nazionale composta da 1000 persone, estratte a sorte.

Durante la redazione della proposta di modifica della Costituzione, ogni settimana, quest’Assemblea ha pubblicato su un sito internet le versioni provvisorie degli articoli della Costituzione. L’iniziativa si è arricchita con una forte apertura ai cittadini attraverso l’utilizzo di Facebook, Twitter e altri media. Nel referendum del 20 ottobre 2012 essa è stata approvata dalla cittadinanza islandese con i due terzi dei voti validi.

In Irlanda la Convenzione sulla Costituzione, fin dall’inizio dei lavori (gennaio 2013), ha coinvolto nell’Assemblea sessantasei cittadini nonché, allo scopo di avere maggiori chance di successo, trentatré politici.

I sessantasei cittadini sono stati scelti tramite sorteggio da un campione rappresentativo della popolazione, stabilito in base all’età, alla residenza e al sesso.

Le decisioni della Convenzione erano semplici raccomandazioni, che dovevano essere prima approvate dalle Camere del Parlamento irlandese, poi esaminate dal Governo e infine sottoposte a referendum.

Il Governo irlandese ha assolto il suo compito rispondendo a sei delle nove raccomandazioni formulate e sottoponendone due a referendum.

Queste esperienze appassionanti d’innovazione democratica, hanno ricevuto poca attenzione da parte dei principali media continentali e del nostro Paese. La spiegazione potrebbe essere che questi processi deliberativi coinvolgono normali cittadini seduti intorno a tavole rotonde, che discutono con in mano foglietti di carta colorata e pennarelli. E come tali violano il requisito essenziale per l’audience nella democrazia mediatica: la spettacolarità.

* Questo articolo si compone di due parti. La seconda sarà pubblicata sul prossimo numero del Menabò.

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