Dal procedimento ai procedimenti legislativi. Come muta l’attività di produzione normativa nella proposta di riforma costituzionale

Emiliano Sciarra descrive le rilevanti trasformazioni dei procedimenti legislativi che si vorrebbero introdurre con il ddl legge costituzionale n. 88 del 15 aprile 2016. Sciarra traccia una descrizione dei nuovi iter legis, a partire dalla titolarità della funzione legislativa condivisa tra Camera dei Deputati e Senato, dalla quale emergono evidenti contraddizioni riguardanti i proclamati obiettivi di funzionalità e necessità cui risponderebbero le nuove modalità di esercizio della funzione legislativa.

Il progetto di riforma contenuto nel disegno di legge costituzionale pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.88 del 15 aprile 2016 contiene, tra gli altri aspetti, una profonda modifica dell’esercizio del potere normativo, che verrà presentata in modo essenziale ma completo attraverso una puntuale scissione dei tratti salienti, al fine di consentirne una miglior comprensione con l’assetto attualmente (ancora) vigente.

Un primo interessante aspetto riguarda proprio la titolarità della funzione legislativa che, sulla base del testo riformato dell’articolo 55 comma 3 della Costituzione, risulta assegnata alla sola Camera dei Deputati mentre, al comma successivo, è riconosciuto al Senato della Repubblica un ruolo partecipativo concorrente “nei casi e secondo le modalità stabiliti dalla Costituzione”.

Da tale elemento è possibile muovere per individuare la sfumatura dell’odierno procedimento legislativo parlamentare, in una molteplicità di varianti endoprocementali sulla base della particolare materia oggetto di disciplina. Si avranno così leggi definibili “monocamerali” od anche “bicamerali eventuali” e “leggi bicamerali” o “necessariamente bicamerali”, in considerazione del peso decisivo che la Camera dei Deputati assumerà in merito alla loro approvazione.

Il discrimen fondamentale sotteso all’attivazione di una delle anzidette sfumature dell’iter legis, ossia bicamerale necessario o monocamerale, è dunque individuato ratione materiae per ogni singola proposta di legge, a presidio di cui si inserisce un ulteriore elemento che, il novellando art. 70 comma 1 Cost., individua nell’oggetto proprio.

Tale elemento, in assenza di ulteriori specificazioni del legislatore costituzionale, si presenta come un Giano bifronte giacché al contempo può esser chiamato a svolgere la funzione di vero e proprio interruttore di attivazione del meccanismo bicamerale paritario, quindi di parametro di legittimità costituzionale, suscettibile di generare il corrispondente vizio in caso di leggi dal contenuto eterogeneo. Infine ove tale criterio non permetta di superare eventuali incertezze nella scelta del procedimento attivabile, la scelta spetterà ai Presidenti delle due assemblee parlamentari tramite lo strumento dell’intesa.

Tali premesse risultano indispensabili ai fini della descrizione delle singole varianti endoprocedimentali in cui trova attuazione il procedimento legislativo riformato, in particolare considerando che la summa divisio tra procedimento deliberativo bicamerale e monocamerale si ramifica ulteriormente, quantomeno riguardo al secondo del quale vengono previste diverse forme, ovvero, quella ordinaria, rinforzata e di bilancio definite all’articolo 70 commi 2, 4 e 5 del progetto di riforma.

Seguendo l’ordine stabilito è possibile dapprima soffermare l’attenzione su quello che è il procedimento “necessariamente bicamerale”, in cui è previsto l’esercizio collegiale e paritario, tra le due camere parlamentari, della funzione legislativa. Detto iter, che allo stato attuale costituisce l’unico mezzo attraverso cui la legge può acquisire veste formale, assume nell’ottica della riforma il carattere di eccezionalità essendo praticabile solo per una cerchia di atti tassativamente individuati dal comma I del succitato articolo 70, tra i quali vale la pena citare: le leggi di revisione della Costituzione e altre leggi costituzionali, per le quali, tra l’altro, si mantiene il procedimento aggravato ex. art. 138 Cost. non oggetto di modifica; le leggi di attuazione delle disposizioni costituzionali concernenti le minoranze linguistiche, i referendum popolari, nonché disciplinanti l’attuazione delle altre forme di consultazione popolare; le leggi che determinano l’ordinamento, la legislazione elettorale, gli organi di governo e le funzioni fondamentali dei Comuni e delle Città Metropolitane; la legge che stabilisce le norme generali, le forme e i termini della partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione Europea; la legge volta a determinare i casi di ineleggibilità e di incompatibilità con l’ufficio di senatore, come pure la legge volta a regolare l’attribuzione dei seggi e l’elezione dei membri del Senato tra i consiglieri regionali ed i sindaci (prevista dall’art. 57 comma 6 Cost. della riforma).

Proprio nell’ambito della legislazione elettorale risulta opportuno sottolineare una variante all’iter legis bicamerale paritario, determinata dall’introduzione di un giudizio preventivo ed eventuale di legittimità costituzionale, che risulta incidere profondamente sulla fase della promulgazione. Invero come definito dallo art. 73 comma 2 Cost. della riforma, il Capo dello Stato è inibito dal promulgare una legge elettorale di Camera e Senato nei primi dieci giorni dall’approvazione in quanto, entro tale termine, a richiesta di 1/4 dei deputati o 1/3 dei senatori, può essere attivato un giudizio di legittimità costituzionale preventivo, che sospende la fase della promulgazione fino alla pronuncia della Corte costituzionale, la quale deve avvenire entro trenta giorni dalla trasmissione degli atti. Quindi, sulla base di quanto espressamente disposto nel testo della riforma, in caso di pronuncia di illegittimità costituzionale la legge elettorale approvata non potrà esser promulgata.

La colorazione di eccezionalità del procedimento bicamerale paritario pone in risalto il carattere ordinario assunto dal procedimento legislativo monocamerale, che diviene così fulcro centrale e generale per l’approvazione di ogni disegno di legge, il cui oggetto proprio non risulti ricompreso tra quelli oggetto di deliberazione bicamerale paritaria.

Più in particolare la procedura monocamerale si caratterizza per il ruolo nevralgico assegnato alla Camera dei Deputati, alla quale è presentato il testo di legge da approvare, la cui prima lettura avviene a seguito di una prodromica istruttoria effettuata imprescindibilmente in Commissione. Ove la Camera approvi, il testo è immediatamente trasmesso al Senato, determinando l’innesco di una nuova fase che potremmo definire a “doppio binario”, giacché appare suscettibile di determinare un duplice ordine di conseguenze. Una prima trova manifestazione se, entro dieci giorni dall’avvenuta trasmissione, sempreché lo richiedano un terzo dei suoi componenti, l’assemblea senatoria decida di esaminare a sua volta il testo normativo approvato. Ebbene in tal caso il Senato avrà a disposizione un ulteriore termine di trenta giorni “per deliberare proposte di modificazione del testo” ma sugli emendamenti o sulle richieste presentate dai senatori sarà la Camera dei Deputati a pronunciarsi in via definitiva, a maggioranza semplice, con una seconda lettura nella quale potrà accogliere o meno le modifiche o le osservazioni formulate dal Senato.

Alternativamente a tale conseguenza può accadere che il testo di legge approvato dalla Camera transiti senza ulteriori discussioni alla fase successiva di integrazione dell’efficacia, ciò quando non venga presentata alcuna richiesta d’esame dalla minima compagine senatoria, oppure quando sia decorso inutilmente il succitato termine deliberativo di 30 giorni per la formulazione delle osservazioni.

La funzione centrale e sostanzialmente decisoria di ultima istanza riservata alla Camera dei Deputati nel procedimento monocamerale ordinario, viene in parte ridimensionata nella variante rinforzata, che trova applicazione per l’approvazione di leggi finalizzate all’attuazione della cosiddetta clausola di supremazia la quale, all’art.117 comma 4 Cost. del progetto di riforma, consente espressamente allo Stato di intervenire in materie non riservate alla sua competenza esclusiva, quando una tale avocazione sia richiesta ai fini della tutela dell’unità giuridica od economica della Repubblica, ovvero dell’interesse nazionale.

Orbene, in primo luogo va rilevato che per simili leggi è previsto un esame obbligatorio (non a mera richiesta) del Senato da intraprendere nello stesso termine di dieci giorni dalla trasmissione, tuttavia l’aspetto di maggior rilievo risiede nella forza passiva degli emendamenti approvati dal Senato a maggioranza assoluta dei suoi componenti. Invero in tali casi la Camera dei Deputati, nella seconda lettura, può decidere di non conformarsi alle osservazioni senatorie solo con il consenso della maggioranza assoluta dei propri componenti.

La seconda variante del procedimento ordinario è costituita dall’iter monocamerale di bilancio, riferito all’approvazione del bilancio preventivo e del rendiconto consuntivo, che differisce dalla forma ordinaria sia per un aspetto procedurale, incentrato nella sottoposizione automatica all’esame del Senato senza necessaria previa richiesta, sia in relazione al termine entro cui l’assemblea senatoria deve pronunciarsi, che viene dimezzato a 15 giorni.

Altri aspetti di particolare interesse nell’ambito del riformando iter legis riguardano poi il cosiddetto voto a data certa, che testimonia un accentuato ed ingerente ruolo del governo sull’operato della Camera dei Deputati, quindi le modifiche relative ai soggetti legittimati all’iniziativa.

In merito al primo va detto che, nell’ambito del procedimento monocamerale ordinario, viene attribuito all’esecutivo, dall’art. 72 comma 7 Cost. della riforma, il potere di suscitare la deliberazione della Camera dei Deputati, entro cinque giorni dalla richiesta governativa, relativamente all’iscrizione prioritaria di un disegno di legge, indicato come essenziale per l’attuazione del programma di governo, all’ordine del giorno. Ove la Camera deliberi detta iscrizione prioritaria sarà chiamata a pronunciarsi in via definitiva entro il termine di settanta giorni, decorrenti dalla deliberazione di cui sopra. La riforma attribuisce anche al Senato, previa deliberazione a maggioranza assoluta, il potere di chiedere l’esame di un dato disegno di legge alla Camera che, in tal caso, dovrà pronunciarsi entro sei mesi dalla delibera senatoria.

Relativamente alle modifiche intercorse nella fase di iniziativa, va menzionata la soppressione del CNEL e l’innalzamento a 150.000 firme del quorum necessario per la proposta di legge popolare, accompagnato dalla previsione del vincolo per la Camera di pronunciarsi sulla medesima entro tempi certi.

In conclusione a tale sommaria esposizione non si può omettere la proposizione di una brevissima riflessione in relazione ai possibili cambiamenti nell’iter legis, con specifico riferimento a due principali parole chiave: funzionalità e necessità. In relazione alla prima sorge il dubbio relativamente al procedimento attivabile ove un testo di legge abbia un contenuto di ampiezza tale da involgere più oggetti e non venga raggiunta l’intesa dai Presidenti delle camere parlamentari, rischiando così la paralisi della stessa funzione normativa centrale; sul fronte della necessità, desta perplessità la scelta di disporre una esasperata ramificazione del procedimento legislativo, giustificandola con l’esigenza di velocizzare l’approvazione delle leggi, quando in anni recenti sono stati operati diversi tentativi, in ispecie quello operato con il meccanismo introdotto dall’art. 14 della legge n. 246 del 2005, finalizzati a ridurre il peso di una eccessiva proliferazione legislativa, mentre per altro verso sarebbe stato più opportuno agire sul versante dell’applicazione effettiva delle leggi attraverso lo snellimento e la semplificazione dell’apparato burocratico.

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