Crisi globale e opportunita’ locali. Uno sguardo ai Balcani: Il caso Albania

Parte 1. L’economia albanese e la crisi mondiale

L’Albania è un dei paesi dell’area balcanica (insieme a Bosnia-Erzegovina, Serbia e Montenegro) che hanno raggiunto lo status di potenziali candidati all’Unione Europea (UE).
Nonostante un decennio di crescita economica sostenuta, resta tuttavia tra i Paesi più poveri d’Europa. Questa apparente contraddizione è spiegata dal fatto che l’Albania è stata a lungo il Paese europeo ad economia pianificata meno sviluppato e aperto agli scambi con l’estero e che, dunque, ha iniziato a crescere a partire da un livello molto inferiore di quello dei vicini dell’ ex-Jugoslavia e dell’Europa orientale.
Dal punto di vista macroeconomico si può definire l’Albania di oggi come una piccola economia aperta dipendente per la formazione del PIL da fattori esterni e soprattutto vulnerabile rispetto agli shock provenienti da altri mercati
Negli ultimi 17 anni sono state realizzate importanti riforme strutturali, volte a consolidare le istituzioni democratiche e l’economia di mercato, al fine di promuovere uno sviluppo equilibrato e sostenibile. In questo arco temporale, nonostante la battuta d’arresto del 1997-98 dovuta al collasso del sistema delle cosiddette “piramidi finanziarie” [1], il Paese ha registrato notevoli progressi sia in campo politico (con l’istituzione di un sistema multipartitico e libere elezioni; la membership nell’Alleanza Atlantica), sia in campo economico raggiungendo una relativa stabilità.
I progressi e i dati macroeconomici favorevoli degli ultimi anni, tra cui la crescita costante del PIL intorno al 6% annuo, il contenimento dell’inflazione (stimata al 3,5% nel 2008) e la stabilità del tasso di cambio (perseguita dalla Banca Centrale albanese con tassi di interesse sulla valuta locale relativamente alti e favorita dalle ingenti rimesse degli emigrati), sono tuttavia minacciati dall’impatto e dalle possibili ripercussioni della crisi globale.
La crisi che ha colpito i mercati finanziari mondiali ha inizialmente risparmiato un sistema assai poco strutturato come quello albanese. La mancanza di un sistema borsistico e l’assoluta esiguità di investimenti o esposizioni all’estero hanno infatti messo al riparo il Paese dagli effetti più diretti ed immediati della recessione globale. Tuttavia la presenza di numerosi istituti di credito internazionali, che operano in condizioni di assoluto dominio nel mercato albanese, alcuni dei quali fortemente esposti al crollo del valore dei titoli obbligazionari, ha di fatto “importato” la crisi sotto forma di riduzione della liquidità a disposizione delle imprese locali.
La scarsa liquidità a disposizione del sistema produttivo e’ accompagnata da altri due fattori che stanno fortemente colpendo l’economia reale: la drastica riduzione degli ordinativi dall’estero ed il crollo delle rimesse degli immigrati.
La struttura produttiva del Paese è quasi esclusivamente composta da Piccole e Medie Imprese (PMI) che operano in settori ad alta intensità di lavoro. Aziende tessili e calzaturiere, che rappresentano circa il 60% dell’intero comparto industriale, operano con contratti di subfornitura per imprese europee, soprattutto italiane, importando materie prime e beni semilavorati da processare ed esportando poi prodotti semi lavorati a basso valore aggiunto. I prodotti, finiti e confezionati all’estero, raggiungono poi i mercati mondiali. Il meccanismo illustrato produce una scarsa competitività dei prodotti locali su scala globale e soprattutto rende vulnerabili i comparti produttivi albanesi di fronte a flessioni in alcuni casi anche drastiche negli ordinativi dall’estero. Il crollo della domanda che sta investendo molte aziende italiane ed europee operanti nei settori tradizionali, si sta quindi riversando sull’economia albanese sotto forma di caduta degli ordinativi e ritardi nei pagamenti. L’effetto che si sta già registrando nelle aree più esposte del Paese, in quanto più tradizionalmente legate a certe produzioni e mercati, è quello della chiusura di stabilimenti con conseguente aumento della disoccupazione.
Un effetto potenzialmente piu’ negativo è dato dall’espulsione dal mercato dei lavoratori albanesi emigrati (soprattutto in Grecia e Italia) con il conseguente calo delle rimesse; i flussi di capitale proveniente dall’estero hanno finanziato il disavanzo commerciale albanese per circa il 44% nel 2007 e solo per il 39% nella prima metà del 2008.

Parte 2. Le politiche economiche messe in campo dal Governo ed i “modelli italiani”

Come detto lo sforzo principale del Governo in carica è stato rivolto sino ad oggi a preservare la stabilità macroeconomica, seguendo i dettami del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale.
La Banca d’Albania ha dato una prima risposta alla crisi di liquidità ed al forte deprezzamento dell’EURO, riducendo di mezzo punto percentuale il costo del denaro; il tasso di sconto espresso in valuta locale, è infatti sceso nel marzo 2009, dopo più di un anno, al di sotto del 6,25% arrivando al 5,75%. L’obiettivo è quello dichiarato di favorire i prestiti in LEK, preservando l’equilibrio del tasso di cambio con l’EURO.
Le misure di politica fiscale in corso di attuazione risentono del periodo pre-elettorale [2] caratterizzato dall’espandersi del livello di spesa pubblica e dalla riduzione del carico fiscale. I piani per la costruzione di strade e per il rafforzamento delle infrastrutture esistenti potranno garantire effetti positivi sui livelli occupazionali, con la conseguenza però che l’obiettivo suggerito dal Fondo Monetario Internazionale, di mantenere il disavanzo del budget sotto il 4% del PIL, sarà difficilmente raggiunto nell’anno in corso.
La politica industriale Albanese è programmata dal Ministero dell’Economia, del Commercio e dell’Energia (METE). La congenita difficolta’ nell’accesso al credito e l’assenza di sistemi integrati di filiera sono due priorita’ verso le quali si stanno indirizzando gli interventi del Governo. In entrambi questi ambiti i modelli di riferimento si rifanno ad esperienze di successo tratte dall’Italia e dal suo sistema di PMI. La crisi di liquidita’ infatti non ha fatto altro che accentuare la reciproca diffidenza tra il settore bancario e quello delle PMI. Piu’ che gli alti tassi d’interesse praticati, l’ostacolo principale risiede nelle garanzie richieste per accedere al credito; oltre all’alto valore medio, stimato attorno al 150% dell’ammontare del prestito richiesto, la difficolta’ di valutazione degli asset offerti come collaterali e la loro natura e/o localizzazione portano spesso a casi di rigetto delle domande di finanziamento.
In quest’ambito il Governo Italiano ed il METE stanno realizzando il Programma per lo Sviluppo delle PMI Albanesi. Il Programma, finanziato dall’Italia nell’ambito della Cooperazione allo Sviluppo per circa 30 milioni di Euro, prevede la costituzione di una linea di credito finalizzata all’acquisto di tecnologia di origine italiana (credito di aiuto di 25 milioni di Euro), di un fondo di garanzia (credito di aiuto di 2.5 milioni di Euro), piu’ una componente di assistenza tecnica e supporto al programma (dono di circa 1.7 milioni di Euro).
La linea di credito e’ tesa a ad immettere liquidita’ nel mercato a tassi agevolati e secondo obiettivi di sviluppo delle PMI locali. L’obiettivo dichiarato del fondo di garanzia e’ piu’ specificamente quello di alleggerire il peso delle garanzie richieste dalle banche, costruendo al contempo le basi per un rapporto di fiducia e di dialogo tra istituti di credito ed imprese.
In merito al fondo di garanzia, ad oggi in fase di costruzione, e’ chiaro il riferimento a modelli italiani di successo quali i Confidi; nonostante l’Albania non possa ad oggi contare su un sistema associativo di base ben strutturato, perno su cui si e’ costruita l’esperienza italiana, il METE riconosce nel fondo una chiave per promuovere al contempo il miglioramento dell’accesso al credito e la costruzione di forme di integrazione tra imprese. Su questo stesso obiettivo vanno a convergere altri interventi che, nell’intenzione del Governo dovrebbero portare alla costituzione di consorzi export, parchi industriali, incubatori d’imprese e quindi a veri e propri distretti. La promozione ed il sostegno a diverse tipologie di forme associative, di localizzazione di PMI di uno stesso settore o di modalita’ d’integrazione tra imprese che lavorano lungo la catena del valore di uno stesso prodotto, sono tutti interventi finalizzati ad aumentare il valore aggiunto delle produzioni albanesi. L’obiettivo dichiarato e’ quello di stimolare la produzione di beni finiti “made in Albania” riducendo cosi’ la dipendenza dall’estero.
Anche in questo caso l’Italia e’ vista come il Paese che, per struttura economica e per tradizione, puo’ fornire le best practices a cui ispirarsi. In particolare il modello dei distretti e’ considerato come uno strumento per superare le ataviche diffidenze reciproche che caratterizzano i rapporti tra le PMI albanesi, a fronte della concreta possibilita’ di generare crescita nella ricchezza prodotta per il sistema nel suo complesso.
L’Italia delle PMI dunque come modello da trasferire in Albania per far fronte alla crisi e a suoi effetti sull’economia locale? Le politiche industriali messe in campo dal Governo rispondono alla specificita’ del sistema locale e ad esso devono riferirsi anche per adattare o ripensare i modelli sopra citati. E’ tuttavia possibile affermare che i percorsi di sviluppo intrapresi dalle PMI italiane e gli strumenti tesi a supportarli sono quadri di riferimento a cui l’Albania oggi guarda per impostare le proprie politiche di intervento, atte ad affrontare la crisi e piu’ in generale a migliorare il grado di competitivita’ della propria economia.
Le imprese italiane, dal canto loro, possono trarre enormi benefici da un sistema in crescita come l’Albania. Le opportunita’ per investimenti diretti per la creazione di imprese miste si moltiplicano, grazie anche alle condizioni di stabilita’ economica e politica del Paese. Allo stesso modo, la maggiore accessibilita’ al sistema formale del credito per le PMI albanesi, puo’ avere effetti benefici sugli scambi commerciali. Iniziative di cooperazione quali il Programma per lo Sviluppo delle PMI Albanesi, citato in precedenza, si muovono nella direzione di agevolare gli scambi commerciali con l’Italia e soprattutto il trasferimento di beni strumentali e di tecnologia.
In un periodo di crisi, in cui molte aziende italiane hanno visto crollare i propri ordinativi, l’apertura verso l’estero e le relazioni con i Paesi vicini possono all’avviso di chi scrive rappresentare un fattore strategico per quelle stesse aziende per riposizionarsi e ritagliarsi un ruolo piu’ favorevole nell’ambito dei mercati internazionali. Pertanto, la crescita di Paesi quali l’Albania e degli altri potenziali candidati all’ingresso nell’Unione Europea e dei loro sistemi di Piccole e Medie Imprese sono, a nostro avviso, concrete opportunita’ a cui le aziende ed il Sistema Italia nel suo complesso possono guardare con estremo favore.

[1]Si trattò del fallimento pressoché contemporaneo di numerose società finanziarie che raccoglievano denaro offrendo tassi di interesse elevatissimi utilizzando, per pagarli, i risparmi di coloro che entravano nello schema piramidale per ultimi.
[2]Il 28 giugno prossimo si svolgeranno in Albania le elezioni per il rinnovo del Parlamento nazionale  

 

 
 
 
 
 

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