Covid-19: una sfida anche per il Terzo settore

Roberto Rossini prende in esame il decreto Cura Italia sulla pandemia del Corona virus dal lato del Terzo settore italiano e nota che dalle disposizioni dello stato emergenziale emergono pericoli e interrogativi per il terzo settore: la tutela dei lavoratori e la tutela dei soggetti presi in carico proprio da tale settore; le risorse finanziarie e organizzative per ripartire al momento del “rientro”. Il rischio è che in una condizione nazionale di maggiore fragilità sociale, in cui il terzo settore di ambito socio-sanitario potrebbe svolgere uno straordinario compito di servizio, esso si sia indebolito.

Premessa. Il Terzo settore (TS) italiano è una grande realtà sia per numeri sia la sua qualità composita e complessa. In quanto a numeri stiamo contando quasi un milione di lavoratori e un numero di volontari almeno cinque volte superiore, con un 4% di produzione del Pil nazionale. Ma il TS è ancor più grande se consideriamo le finalità perseguite: equità, solidarietà e giustizia sociale, sussidiarietà, sviluppo sostenibile. Nonostante tutto questo vi è una narrazione ancora alquanto limitata, a parte alcuni importanti esempi, consolidati o prestigiosi. Ma rimane un settore terzo, che viene dopo, la cui produttività è investita nel quotidiano incalcolabile delle relazioni umane. È un settore per il quale tempo, denaro e produzione seguono leggi assai diverse da quelle del mercato, perché la vita e le relazioni si considerano irriducibili alle logiche del mercato. E meno male, visto che oggi il grande pericolo dell’ecosistema sociale è proprio la distruzione dei legami tra persone, l’affievolimento della cura del legame. Alla società della cura abbiamo dedicato fiumi di inchiostro, in questi anni. Nel frattempo le progettazioni politiche ed economiche hanno ridotto spazi e valori sociali. Ne prendiamo atto in questi giorni. Per sostenere la sanità pubblica è stata necessaria una straordinaria produzione di provvedimenti derogatori, date le carenze ormai strutturali. Per i servizi sociali è andata peggio. Non solo a causa della riduzione delle risorse – tendenza che ha segnato l’intero sistema di welfare nell’ultimo decennio ampliando così la schiera dei poveri e degli esclusi – ma anche per la gerarchizzazione del lavoro sociale, causa ed effetto della crescita delle disuguaglianze, perché dimostra – anche solo per piccoli fatti – come gli operatori pubblici del sociale abbiano uno status superiore a quello dei lavoratori operanti presso soggetti privati. Un gap che sembrerebbe paradossale nella società di oggi: stesso lavoro, diverse tutele. Ma, a parte questo, dobbiamo ormai prendere atto che l’emergenza sociale accompagna l’emergenza sanitaria. I provvedimenti del governo, implicitamente, denunciano il disinvestimento di questi anni. Si pensi alle colf, ai lavoratori e alle lavoratrici precari, agli educatori, ai volontari, e perfino ai lavoratori in grigio e in nero, che cerchiamo di nascondere sotto il tappeto assieme agli stranieri irregolari ma funzionali all’economia. È una situazione complicata, dal punto di vista sociale. Come risponde il TS? Quali misure sono state emanate a suo favore? Vediamo alcune misure che ci sono e altre che ancora mancano.

Le misure adottate. A seguito della dichiarazione dello Stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei ministri lo scorso 31 gennaio, diversi e a più livelli sono stati i provvedimenti succedutisi nel tentativo di contenere il diffondersi dell’epidemia. Il TS è stato chiamato in causa in più decreti, anche se spesso si è dovuto inseguire il Governo chiedendo di modificare i provvedimenti e di adeguarli ed estenderli anche al TS, purtroppo dimenticato in prima istanza. Si era molto preoccupati per gli ammortizzatori sociali e per le misure a garanzia della continuità dei servizi. In entrambi i casi la normazione d’emergenza ha riconosciuto ed esteso i trattamenti di cassa integrazione salariale in deroga, per la durata della sospensione del rapporto di lavoro e comunque per un periodo non superiore a 9 settimane anche a chi opera nel TS.

In merito alla sospensione delle attività erogate dalle strutture a carattere socioassistenziale, socioeducativo, polifunzionale, socio-occupazionale, sanitario e sociosanitario, rivolte a persone con disabilità, si dispone la possibilità per l’Azienda sanitaria locale – in accordo con gli enti gestori dei centri diurni sociosanitari e sanitari – di attivare interventi in favore delle persone con disabilità ad alta necessità di sostegno sanitario, nel caso in cui però la tipologia delle prestazioni e l’organizzazione delle strutture stesse consenta il rispetto delle misure di contenimento che sono state previste. L’articolo 48 del Cura Italia, infine, riferisce in merito alle prestazioni individuali domiciliari, prevedendo che durante la sospensione dei servizi educativi e scolastici, sociosanitari e socioassistenziali erogati dai centri diurni per anziani e per persone con disabilità, le Pubbliche Amministrazioni forniscano prestazioni in forme individuali, domiciliari, sia a distanza che negli stessi luoghi dove si svolgono normalmente i servizi, senza ricreare aggregazione e garantendo il rispetto degli standard di sicurezza. Con questa norma, che consente di “rimodulare” i contratti già in essere, si cerca di dare non solo continuità ai servizi ma anche ai lavoratori, scongiurando così il rischio di sospensione (e quindi l’attivazione dell’ammortizzatore sociale).

C’è poi il capitolo proroghe, anche questo importante. Sul piano amministrativo il provvedimento ha disposto una proroga dei termini di adeguamento alle disposizioni previste dal T.U. in materia di TS (D.lgs. 117/2017), differendone il termine al 31 ottobre 2020. Così come si prevede che, per l’anno 2020, le Onlus, le organizzazioni di volontariato iscritte nei registri regionali e delle Province autonome e le APS iscritte nei registri possano approvare i propri bilanci entro il 31 ottobre 2020, nel caso in cui la scadenza del termine di approvazione ricada all’interno del periodo emergenziale.

Sul piano finanziario è stata disposta la sospensione dei versamenti delle ritenute, dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l’assicurazione obbligatoria anche a categorie di soggetti operanti nel TS, tra cui i soggetti gestori di servizi scolastici per l’infanzia, di servizi didattici di primo e secondo grado, ed in generale qualunque tipo di scuola; i soggetti che svolgono attività di assistenza sociale non residenziale per anziani e disabili; le Onlus e le organizzazioni di volontariato iscritte negli appositi registri, che esercitano in via esclusiva o principale una o più attività di interesse generale. I versamenti sospesi saranno effettuati in un’unica soluzione entro il 31 maggio 2020, senza applicazione di sanzioni ed interessi, o anche attraverso rateizzazione fino ad un massimo di 5 rate mensili di pari importo a decorrere dal mese di maggio. Infine, sul piano fiscale si prevedono incentivi per le erogazioni liberali in denaro e in natura a sostegno delle misure di contrasto dell’emergenza epidemiologica. La disposizione introduce ai fini Irpef, e per il solo anno 2020, una detrazione del 30% delle erogazioni liberali a favore dello Stato, delle Regioni, degli enti locali territoriali, di enti o istituzioni pubbliche, di fondazioni e associazioni legalmente riconosciute senza scopo di lucro, in quanto compatibili con le disposizioni vigenti in tema di erogazioni liberali in favore degli enti del TS. Anche questa ci pare una cosa interessante.

Le misure attese. Tutte queste misure sono importanti. Però ci si aspetta anche qualche passo oltre. In generale potremmo dire che ci pare poco sviluppato un approccio che punti ad un maggior coordinamento degli interventi e una loro co-progettazione con i soggetti – come gli enti locali – che concretamente operano nelle attività di assistenza alle persone in una condizione di fragilità e marginalità: anziani soli, famiglie in difficoltà economica, disabili, minori in comunità, migranti, senza fissa dimora. In realtà occorre dare sostegno alla costruzione di reti sociali, che sono un baluardo indispensabile per fronteggiare le situazioni sociali più gravi. Nella rete vi sono anche soggetti sociali fragili essi stessi. Per esempio è necessario un immediato sostegno economico per i gruppi di volontariato, affinché, in questa delicata fase di emergenza non manchi la loro presenza e il necessario contributo al volontariato locale.

Per le attività svolte o coordinate dalle reti associative di cui all’art. 41 comma 2 del D.lgs 117/2017, è opportuno chiedere un immediato sostegno economico per esempio attraverso l’istituzione di un fondo ad hoc presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, al quale le reti potranno accedere previa presentazione di progetti mirati a combattere l’emergenza Covid-19 e le sue ripercussioni indirette sulla popolazione, in special modo quella più fragile. È necessario accelerare il versamento del 5×1000 2018 agli enti presenti nella graduatoria appena pubblicata dall’Agenzia delle Entrate, anticipandola rispetto al consueto mese di luglio, come assolutamente necessario sarebbe assicurare a tutti gli enti del TS un’immediata fornitura di mascherine, guanti e di tutti quei dispositivi sanitari che permettano la migliore operatività dei volontari in un regime di sicurezza per sé e per gli altri durante lo svolgimento delle attività di utilità sociale. Va infatti affrontato il problema della dotazione di dispositivi di protezione individuale (DPI), perché non è una questione affatto secondaria per chi lavora nelle RSA o in strutture analoghe, o per quanti si occupano dei senza fissa dimora e dei migranti. Analoga copertura dai rischi andrebbe condotta anche per quei lavoratori che svolgono servizi ancora erogabili, in capo ad organizzazioni di volontariato anche in convenzione con Enti locali, a favore di persone impossibilitate a muoversi dal proprio domicilio e che comportano lo spostamento dei volontari sia all’interno del proprio Comune che, a volte, anche in Comuni limitrofi. È il caso dei servizi di distribuzione alimentare a domicilio per disabili o anziani senza assistenza, oppure di consegna di farmaci o altri generi di prima necessità.

Si tratta dunque di rafforzare e qualificare la costruzione di una forte e diffusa rete di protezione sociale. Per far questo occorre aiutare sia le realtà meno strutturate, come i gruppi di volontariato, sia le realtà più strutturate, come le associazioni di promozione sociale, le fondazioni e altri soggetti del TS. Il presidio sociale del territorio è cosa complessa, che si costruisce nel tempo con molto sforzo. Per questo occorre garantire che, ad esempio, le fondazioni e in particolare le fondazioni di comunità siano sempre patrimonializzate e capaci di finanziare progetti sociali e che, in generale, i soggetti del TS possano operare con minori preoccupazioni economico-finanziarie. Proprio per questo sarebbe opportuno che la previsione delle misure di sostegno previste dal comma 2 dell’art. 56 per le micro, piccole e medie imprese, siano estese anche a tutti gli enti del TS, così come le garanzie previste dal comma 11 del medesimo articolo siano estese alle organizzazioni di volontariato, alle Associazioni di Promozione Sociale ed alle ONLUS. L’art. 57 del decreto prevede la possibilità di concedere finanziamenti alle imprese di qualsiasi natura attraverso gli operatori finanziari e con la garanzia da parte di Cassa depositi e prestiti: la copertura di queste garanzie può essere assistita anche con garanzia da parte dello Stato in favore di Cassa depositi e prestiti per l’esposizione assunta. Tale misura assicurerà una discreta liquidità alle imprese che devono ripartire dopo l’emergenza. Così il mondo del TS, costituzionalmente fragile dal punto di vista delle risorse finanziarie e per la maggior parte di esso priva di capitalizzazioni, deve poter accedere a tale misura per poter disporre della liquidità minima indispensabile per poter riorganizzare, ristrutturare e avviare nuovamente l’erogazione delle prestazioni e dei servizi a sostegno del welfare nazionale. Il supporto alla liquidità ci pare decisivo.

Un altro aspetto che si rivelerebbe molto utile anche per gli enti del TS è prevedere un credito d’imposta per le prevedibili spese di sanificazione degli ambienti di lavoro. La necessità di rientrare in un ambiente di lavoro sanificato dopo una così ampia emergenza sanitaria appare assolutamente necessaria e non rimandabile, anche per prevenire una potenziale ondata di ritorno del contagio. A tal proposito, ed a maggior ragione, appare evidente che anche i “luoghi del TS” devono essere assolutamente ripristinati e resi immediatamente agibili da un’attenta e accurata sanificazione, tenendo conto che spesso tali luoghi sono abitati, oltre che dagli operatori e volontari, anche da chi usufruisce dei servizi erogati: bambini, anziani, persone fragili o diversamente abili. Una rapida “carrellata” di luoghi rende bene l’idea: centri antiviolenza, consultori, SERT, centri diurni, centri per senza tetto o centri diurni per persone con difficoltà di carattere sociale, compresi i servizi di mensa, igiene personale, empori sociali per persone in povertà estrema, centri polivalenti per anziani e persone con disabilità, centri di ascolto per famiglie, asili nido, centri di aggregazione giovanile, spazi per adolescenti, sportelli di varia natura che erogano tra l’altro consulenze specialistiche, attività di mediazione familiare e spazi neutri su disposizione dell’autorità giudiziaria. È dunque indispensabile permettere anche agli enti associativi, regolarmente iscritti nei registri regionali e alle Onlus che svolgono una o più delle attività di interesse generale previste dall’art. 5 della riforma del TS, accedere alla possibilità di usufruire di crediti d’imposta pari al 50% dei costi sostenuti per le sanificazioni.

Infine sarebbe opportuno che fossero estese anche al TS tutte le norme che prevedono una sospensione dal versamento di contributi, e più in generale degli adempimenti di carattere fiscale e contributivo, come anche il pagamento dei canoni di luce, acqua e gas. Così come andrebbero prorogate le scadenze di rendicontazione delle attività finanziate con i fondi del 5×1000 e tutti gli adempimenti correlati all’avvio, alla gestione ed alla rendicontazione di progetti a finanziamento pubblico sia nazionale che locale. Oltremodo superfluo appare ricordare che è necessario accelerare il completamento della Riforma per permettere agli enti del TS di potersi avvalere di tutti gli strumenti promozionali in essa contenuti, definire l’attivazione del RUNTS e inviare alla Commissione Europea la normativa fiscale perché sia approvata e resa operativa in tempi brevi.

In conclusione. Il TS non è abituato a battaglie per commi e articoli, anche se da tempo molti soggetti svolgono azioni positive di lobbyingin primis il Forum del TS medesimo – affinché i decisori politici possano capire che anche questo ambito della vita sociale, per poter assistere bene gli altri, si deve poter fruire di alcuni vantaggi, rispetto a chi produce solo per il profitto. L’economia del dono non può essere trattata come quella dello scambio economico classico. Ci pare che oramai la dimensione civile dell’economia sia un’idea penetrata nei pensieri dei nostri politici. Come dimostrano però i fatti, non sempre è ed è stato così. Eppure il TS, al “rientro”, sarà utilissimo. L’emergenza sanitaria ed economica attuale avrà probabilmente prodotto una maggiore povertà, più fragilità sociale. Sarebbe veramente paradossale che, proprio in questo e in quel momento, il TS si presentasse più debole. Il TS è abituato ad andare avanti lo stesso, pur facendo le sue battaglie, nonostante qualche campagna negativa e, a volte, anche una certa disattenzione. Ma si va avanti lo stesso, con la convinzione di fare le cose giuste. È questa è la grande forza morale del TS. Per questo va avanti comunque. Per questo, ci permetterete, prendiamo a prestito un verso di Anna Segre per dire che è perché se anche l’universo si smaglia, il bene si ostina a tessere.

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