Covid-19: impatti attesi e opzioni di policy per salvaguardare l’economia creativa

Paola Dubini e Valentina Montalto si occupano del settore culturale, uno dei più colpiti dall’emergenza Covid-19, con la totalità di eventi artistici e culturali spostati o cancellati. Pur in assenza di stime precise, i dati Eurostat suggeriscono che sono in gioco 7,3 milioni di posti di lavoro (il 3,7% del totale nella UE-27), molti dei quali privi di adeguata protezione: il 32%, infatti, sono lavoratori autonomi. Le autrici presentano le misure economiche di emergenza per questo settore adottate da diversi paesi europei, in primis l’Italia.

Con la diffusione della malattia Covid-19, i settori dell’arte e della cultura hanno subito un’ondata di cancellazioni e rinvii, mettendo a rischio oltre sette milioni di posti di lavoro in Europa. Concerti, spettacoli teatrali e festival culturali di tutti i generi – cinematografici, teatrali, letterari … – sono stati riprogrammati o addirittura cancellati definitivamente, mentre librerie, teatri, musei, gallerie d’arte e cinema sono stati costretti a chiudere le porte al pubblico. Insieme al settore turistico, i settori culturali saranno probabilmente tra i più colpiti da questa pandemia e singoli artisti e creativi stanno già lottando per la sopravvivenza.

Ma, concretamente, di che perdite stiamo parlando? Non è semplice arrivare a una stima precisa, ma è possibile farsi una prima idea dando uno sguardo ai dati sull’occupazione culturale in Europa, che include individui con un’occupazione culturale che lavorano nel o al di fuori del settore culturale (ad esempio una ballerina impiegata da una compagnia di balletto, o un designer nell’industria automobilistica) nonché persone con un’occupazione non culturale nel settore culturale (ad esempio, il contabile in una casa editrice). Come si mostra nella Figura 1, arte e cultura contribuiscono, in media, al 3,7% dell’occupazione totale nei 27 paesi membri della Unione europea, con valori ben superiori alla media per paesi come Estonia (5,6%), Lussemburgo (5,3%), Malta (5,2%), Finlandia (4,9%), Slovenia (4,7%), Svezia (4,6%) e Olanda (4,6%). L’Italia è molto prossima alla media europea (3,6%).

Le cifre risulteranno al di sopra delle aspettative per alcuni, troppo basse per altri. In effetti, non è semplice misurare in maniera esaustiva gli impatti occupazionali di arte e cultura che, in quanto settori economici, restano per molti versi invisibili: la vita di poche istituzioni e imprese note ai più dipende, infatti, dalla vitalità di molti lavoratori che si vedono solo nei “titoli di coda”. Le chiusure e le cancellazioni che hanno interessato i luoghi d’arte e di cultura stanno avendo conseguenze disastrose, che vanno ben al di là del singolo cinema, museo o teatro. Artisti, autori, registi, guide turistiche, mediatori, curatori, operatori culturali, progettisti sono solo alcune delle professionalità che alimentano queste istituzioni e che rischiano di essere letteralmente travolte perché prive di un’adeguata rete di protezione dato che si tratta per lo più di lavoratori autonomi. La percentuale di lavoratori autonomi nei 27 paesi UE è infatti notevolmente più elevata nell’occupazione culturale (32%) che nell’occupazione totale (14%) e tale differenza è rimasta pressocché stabile nel tempo (Figure 2 e 3).

Una semplice media, come si sa, può nascondere grandi differenze. Se guardiamo agli artisti e agli scrittori – l’unica categoria occupazionale per cui Eurostat offre informazioni dettagliate sulle condizioni di lavoro – la quota di autonomi sale al 44% nell’UE-27, a dimostrazione del fatto che le tipologie di lavoro “flessibile” (e, quindi, potenzialmente più a rischio) sono particolarmente diffuse tra i creatori (Figura 4).

È anche vero, però, che la differenza sostanziale tra la quota di autonomi nell’occupazione culturale totale e tra artisti e scrittori è in gran parte dovuta al peso di paesi come l’Olanda, l’Italia e la Repubblica Ceca, dove il lavoro autonomo raggiunge il 63%, il 61% e il 58%. Allo stesso tempo, solo in sei paesi – Belgio, Danimarca, Lituania, Grecia, Lussemburgo e Croazia – il lavoro autonomo tra artisti e scrittori rappresenta meno del 30%. La Grecia, invece, è l’unico paese UE in cui la quota di lavoro autonomo nella popolazione lavorativa totale (30%, la più alta in Europa) è più elevata rispetto a quella rilevata per artisti e scrittori (18%). La Grecia è però anche uno dei paesi in cui la cultura contribuisce all’occupazione totale meno della media europea (3,4%).

Questi pochi dati sono sufficienti per mostrare come i lavoratori dei settori artistici e culturali rischino di essere tra quelli più colpiti e, allo stesso tempo, tra i meno protetti.

 

I paesi europei adottano misure economiche ad hoc per il settore culturale

L’Unione europea sta mostrando piena flessibilità per le scadenze del programma Europa Creativa. Ma sono soprattutto i singoli Stati membri – con tempi diversi – a proporre misure economiche per i settori più colpiti, tra cui quello della cultura.

L’Italia è stato il primo paese in Europa a muoversi in questa direzione: il decreto “Cura Italia” introduce infatti misure economiche generali e specifiche, quali un Fondo emergenze spettacolo, cinema e audiovisivo di 130 milioni di euro per l’anno 2020, l’emissione di voucher per biglietti di spettacoli, musei e altri luoghi della cultura cancellati o chiusi, un’indennità per il mese di marzo pari a 600 euro per i lavoratori iscritti al “Fondo pensioni Lavoratori dello spettacolo”, sotto certe condizioni, e la sospensione dei versamenti delle ritenute, dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l’assicurazione obbligatoria per varie categorie di lavoratori tra cui i soggetti che gestiscono teatri, sale concerto e sale cinematografiche, e che organizzano corsi, fiere ed eventi di carattere artistico e culturale. Inoltre, i compensi per copia privata incassati nel 2019 saranno destinati ad autori, artisti interpreti ed esecutori e ai lavoratori autonomi che svolgono attività di riscossione dei diritti d’autore.

A seguire, il Belgio ha istituito un fondo di 50 milioni di euro da destinarsi a tutti i settori la cui attività è messa in pericolo dalle misure di confinamento, tra cui la cultura; la Svezia ha annunciato lo stanziamento di circa 90 milioni di euro in più per i settori della cultura e dello sport; mentre in Germania un fondo da ben 50 miliardi di euro fornirà specifico supporto alle piccole imprese e ai liberi professionisti, compresi quelli del settore culturale, creativo e dei media e 10 miliardi di euro saranno destinati all’estensione degli strumenti di protezione sociale (inclusi i sussidi di disoccupazione) ai liberi professionisti – tra cui gli artisti – per un periodo di sei mesi.

I paesi europei hanno adottato anche altre misure specifiche: il Belgio ha per esempio creato una task force con gli operatori del settore audiovisivo per concordare la diffusione di contenuti pedagogici e artistici di qualità, in tv e sulle piattaforme multimediali, mentre in Olanda sono in corso consultazioni con i comuni (che contribuiscono in maniera significativa al sostegno di questi settori) per capire come ovviare all’emergenza.

Nota: le tipologie di misura si riferiscono solo ai paesi per cui è stato possibile reperire informazioni in italiano, inglese o francese.

La Francia si distingue per la completezza delle misure adottate, che danno attenzione ai singoli sotto-settori del comparto culturale – frutto di una politica culturale storicamente strutturata e consolidata. Il Ministro della Cultura ha chiesto ai suoi centri nazionali settoriali (Centre national du cinéma et de l’image animée – CNC, Centre national de la musique – CNM, Centre national du Livre – CNL Centre national des arts plastiques – Cnap) nonché all’Institut pour le financement du cinéma et des industries culturelles (IFCIC) di mobilitarsi. Il Centre national du cinéma et de l’image animée (CNC) ha così messo in piedi delle misure per cinema e audiovisivo, tra cui la sospensione del pagamento della tassa di ammissione al cinema, previsto entro marzo 2020. Per la musica, il Centre national de la musique (CNM) istituisce un fondo a supporto dei professionisti più fragili, con una dotazione iniziale di 10 milioni di euro.

Non è forse un caso che dopo l’Italia, che ha assunto un ruolo di apripista nell’adozione di misure di protezione sanitaria ed economica, siano stati soprattutto i paesi in cui la cultura gioca un ruolo preponderante a livello occupazionale a proporre specifiche misure settoriali. Di fondo, c’è la consapevolezza di una crisi che appiattisce quella vitalità culturale che paesi e città si sono a lungo contesi nella corsa globale all’attrattività di abitanti, talenti, visitatori, investimenti e imprese. Lo svuotamento di strade, piazze e luoghi di cultura non soltanto genera un evidente danno economico, di dimensioni certamente più grandi di quello che riusciamo oggi a quantificare, ma crea un forte disagio anche a livello sociale a cui si sta cercando di ovviare proprio ripartendo dalla cultura, che oggi più che mai funge da “connettore” attraverso i canali digitali.

Vincere la sfida non sarà semplice ma queste misure dovrebbero quantomeno fornire un po’ di ossigeno, nell’attesa di capire che mondi e stili di vita vogliamo ri-creare nel post-Covid. Mondi, in cui forse saremo più attenti al bene più prezioso che abbiamo – la salute – e a tutto ciò che tendiamo di dare per scontato: un lavoro, una casa, una famiglia, ma anche una comunità in cui ci riconosciamo, in virtù di arte, musica, film, letteratura e poesie che ci accomunano e che qualcuno ha prodotto e preservato per noi.

 

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