Contrattazione collettiva per il lavoro agile

Michele Faioli e Matteo Luccisano sostengono che il contratto collettivo che disciplina il lavoro agile va oltre l’auspicata funzione normativa. Tale contratto, in tempo di pandemia, crea una forma di partecipazione responsabile delle rappresentanze dei lavoratori in azienda perché esso non è solo un mezzo per definire le tutele ma anche per verificarne l’attuazione e per programmare il futuro delle relazioni industriali. In questa prospettiva, gli autori esaminano due casi di contrattazione aziendale: Poste Italiane e CoopAlleanza.

Il digitale ha cambiato il nostro modo di vivere e affrontare le sfide professionali. Il risultato è un modello di società, caratterizzato dalla graduale ridefinizione dei concetti di tempo e spazio, da un costante incremento della comunicazione a distanza, dalla accessibilità di massa alle informazioni, dalla diffusione rapida della conoscenza. Uno dei capisaldi di questa rivoluzione tecnologica è il lavoro agile, come approccio innovativo all’organizzazione del lavoro, mediante il quale si definiscono autonomia e flessibilità riguardo ai luoghi, ai tempi e agli strumenti di lavoro.

Ci sono almeno due aspetti da evidenziare in materia di lavoro agile.

Il primo. La pandemia da Covid-19 ha travolto i processi di digitalizzazione già in corso che riguardavano il lavoro agile. In molte aziende il lavoro agile, inteso inizialmente come una forma alternativa di svolgimento della prestazione lavorativa, è diventato l’unico modo per lavorare. Anzi, la pandemia ha modificato il fine stesso del lavoro agile: esso, da marzo 2020, diviene una concreta e concordata attuazione di misure di sicurezza negli ambienti di lavoro ai tempi del coronavirus. La de-materializzazione del luogo di lavoro e di flessibilizzazione dei tempi di lavoro, in tempo di crisi sanitaria, risponde all’esigenza di contrastare e contenere la diffusione del virus negli ambienti di lavoro, con buona pace della disciplina del capo II della legge n. 81/2017 e della necessità di accordi individuali. Oggi, dunque, il lavoro agile viene accettato da tutti perché risponde a una domanda di sicurezza sul lavoro e si sviluppa in ragione della contrattazione collettiva decentrata coordinata sia con i protocolli interconfederali di marzo/aprile 2020 che con gli accordi di settore (si v. il sito del CNEL nel quale si trova una raccolta ben ordinata di tali protocolli e di contratti decentrati).

Il secondo. C’è un aspetto che emerge dall’attuazione delle politiche di lavoro che attengono all’accesso al lavoro agile in tempo di pandemia. Il lavoro agile, con tutti gli strumenti introdotti per monitorare l’attività dei lavoratori a distanza, ha evidenziato – in modo più immediato rispetto alla normale vita in azienda –una quota di lavoro che si può prestare “digitalmente” che si contrappone a una quota di lavoro “indispensabilmente” in presenza. Il problema involve tematiche più complesse le quali hanno una radice lontana e profonda nel tessuto produttivo italiano. In ciascuna categoria (lavoro efficiente/inefficiente; lavoro digitale/in presenza) c’è altresì una polarizzazione tra lavori a contenuto professionale elevato e lavori a basso contenuto professionale, i quali rischiano con maggiore probabilità di essere integrati o sostituiti, nel tempo, da forme di tecnologia avanzata. Ciò che è quasi certo riguarda il medio termine: la polarizzazione a cui abbiamo accennato deve essere gestita con la contrattazione collettiva perché riverbera inevitabilmente i suoi effetti sulla scala classificatoria (gli inquadramenti professionali dei CCNL) e, di conseguenza, sui relativi livelli di retribuzione.

I due aspetti segnalati dimostrano che il lavoro agile è ben regolato solo se si assegna alla contrattazione collettiva una speciale funzione normativa.

La recente contrattazione collettiva sul lavoro agile costituisce l’attuazione contestuale della l. 81/2017 e del d.lgs. 81/2008. Tale contrattazione collettiva è, infatti, collegata significativamente a recenti protocolli su salute e sicurezza sui luoghi di lavoro di marzo/aprile 2020. I contratti collettivi decentrati che hanno disciplinato nel 2020 il lavoro agile godono di una vincolatività più forte nei confronti dei singoli lavoratori avendo tecnica e fini molto simili ai contratti gestionali sottoscritti in caso di trasferimento d’azienda o di licenziamenti collettivi. In questa prospettiva, si noti che il fulcro della disciplina emergenziale risiede proprio nel superamento dell’accordo individuale, quale fonte di disciplina e organizzazione della modalità agile di esecuzione del lavoro. Al contratto collettivo si richiede di delineare anche i nuovi contorni del potere disciplinare, della turnazione (soprattutto per i lavoratori più esposti al rischio di contagio), dei diritti sindacali, dei diritti economici, etc.. Il contratto collettivo è la cabina di regia del lavoro agile in tempo di pandemia, con tutte le conseguenze giuridiche che ricadono su istituzioni e commissioni paritetiche che si occupano della materia della sicurezza del lavoro in tempo di Covid-19.

Ma ciò non basta a esaurire il tema posto. Il contratto collettivo va oltre l’auspicata funzione normativa. Il contratto collettivo che regola il lavoro agile in tempo di pandemia crea altresì una forma di partecipazione responsabile delle rappresentanze dei lavoratori in azienda. Esso non è solo un mezzo per determinare tutele: con il contratto collettivo si verifica l’attuazione di quelle tutele. Il passaggio di politica del diritto non è di poco conto. Le rappresentanze dei lavoratori in azienda saranno chiamate a negoziare le clausole contrattuali, sapendo che si dovrà disporre un meccanismo di monitoraggio dell’esecuzione del contratto e di eventuale ri-negoziazione. Le rappresentanze dei lavoratori si dovranno porre nella prospettiva della verifica di quelle inefficienze di sistema che ricadono sul lavoro, il quale può diventare efficiente, digitale o indispensabile in ragione delle modalità di definizione dell’organizzazione del lavoro che il contratto ha regolato.

Se cambia lo scenario sociale e economico, si debbono cambiare anche i mezzi per realizzare i fini di tutela. In questa prospettiva si vedano due casi recenti relativI a due aziende (Poste Italiane e CoopAlleanza) che operano in settori diversi, ma egualmente strategici per il paese, con lavoratori che non possono non svolgere la prestazione nel contesto aziendale e lavoratori che, invece, possono lavorare da remoto.

Nel contratto aziendale del 18 dicembre 2020 di Poste Italiane si definisce il lavoro agile come “modello organizzativo strutturale” in ragione della fase pandemica e dei risultati della sperimentazione dell’istituto che dal 2017 è stata introdotta a livello aziendale. Viene sottolineato il valore del lavoro agile con riferimento alla conciliazione vita/lavoro e al bene collettivo della sostenibilità ambientale, data la riduzione dell’utilizzo di mezzi pubblici e personali per raggiungere il posto di lavoro. Si indica la regola della “base volontaria” per accedere al regime del lavoro agile in relazione a figure professionali che non richiedono la presenza fisica negli ambienti di lavoro e, di conseguenza, si individuano tali figure professionali, mediante allegato al contratto aziendale, il quale potrà essere aggiornato periodicamente da una commissione paritetica. Nel contratto aziendale è stato altresì negoziata una clausola di bilanciamento tra esigenze aziendali e richieste di accesso al regime del lavoro agile, con l’impegno di tenere in ogni caso in considerazione particolari situazioni di vulnerabilità fisica (malattie gravi, etc.) o situazioni di genitorialità. Per la sottoscrizione del modulo di adesione/accesso a tale regime viene programmata l’assistenza sindacale, da esercitare anche in via digitale. Ai fini della disciplina degli infortuni sul lavoro sono stati individuati i luoghi ove svolgere la prestazione del lavoro agile (domicilio/residenza e altro luogo che garantisca privacy e sicurezza) ed è stato introdotto un obbligo di comunicazione preventiva al datore di lavoro. La pianificazione temporale del lavoro agile (in ogni caso nel limite di 3 giorni a settimana o 13 giorni al mese) è svolta dal lavoratore con il responsabile di unità, con il potere del datore di lavoro di recedere dal regime del lavoro agile o di sospendere tale regime per un certo tempo. L’orario in cui svolgere la prestazione di lavoro agile è quella già definita dal CCNL, con una esplicitazione del diritto alla disconnessione dai supporti informatici una volta terminata la giornata di lavoro. A ogni lavoratore viene garantita un’apposita dotazione tecnologica definita dal contratto aziendale, in relazione alla quale si regolano altresì la sicurezza sul lavoro e la formazione. Il diritto alla parità di trattamento economico e normativo (lavoratori agili/lavoratori non agili) è stabilito dal contratto aziendale in relazione al parametro delle medesime mansioni. Il medesimo diritto alla parità di trattamento è evidenziato anche con riferimento ai diritti sindacali, con il rafforzamento di strumenti digitali che permettono di partecipare a assemblee o di essere informati dai rappresentanti dei lavoratori a livello aziendale.

Nel contratto aziendale di CoopAlleanze si inserisce il lavoro agile nella strategia di rimodulazione flessibile del lavoro, anche in una logica di mitigazione del rischio da pandemia. In modo molto chiaro il contratto aziendale evoca il protocollo sulla sicurezza di marzo/aprile 2020 e i relativi effetti giuridici. Il lavoro agile è definito facendo riferimento ai contenuti normativi della l. 81/2017, richiamandone il principio dell’adesione individuale. Il datore di lavoro ha il potere di accettare o meno la richiesta di accesso al regime di lavoro agile, bilanciando situazioni aziendali con esigenze individuali e tenendo in considerazione i bisogni di lavoratori vulnerabili. La programmazione del lavoro agile su massimo quattro giorni a settimana avviene mediante una consultazione con RSA/RSU. Il lavoratore è tenuto a una comunicazione preventiva che possa permettere l’identificazione precisa del luogo di lavoro agile. Il buono pasto viene riconosciuto mediante una specifica clausola del contratto aziendale. L’orario di lavoro, con il relativo diritto alla disconnessione, è conforme a quanto dispone il CCNL. Sono regolati in relazione al lavoro agile il potere di controllo, il potere disciplinare, le agibilità sindacali e la dotazione tecnologica.

I due casi di studio sulla contrattazione collettiva che regola il lavoro agile dimostrano che si va oltre l’auspicata funzione normativa. In tempo di pandemia si crea mediante contratto collettivo una forma di partecipazione delle rappresentanze dei lavoratori in azienda, le quali sono chiamate a svolgere una funzione di indirizzo delle regole e contestualmente di gestione e monitoraggio dell’applicazione di tali regole, con l’effetto di programmare, nei limiti del contesto aziendale, il futuro delle relazioni industriali per quel sito o quella unità produttiva. Il che determina un bene maggiore: l’autonomia collettiva assume, man mano, in questa linea di sviluppo, se supportata adeguatamente anche dalla norma di legge, una certa prevalenza sull’autonomia privata, facendo propria una funzione che è chiamata a svolgere responsabilmente.

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