Com’è la salute del sistema sanitario italiano? L’evidenza dei dati OCSE

Alessandra Cataldi, facendo uso dei dati dell’OCSE “Health Statistics 2015”, propone una comparazione internazionale dei sistemi sanitari nazionali basata su un serie di indicatori rappresentativi di tre dimensioni: l’ammontare di risorse pubbliche destinate a finanziare tali sistemi, la quantità e la qualità dei servizi sanitari a disposizione dei cittadini. In base ai dati presentati, Cataldi nota che il sistema sanitario nazionale italiano sembra godere di buona salute, in molti casi migliore di quella della gran parte degli altri Paesi.

Questa scheda descrive in modo sintetico alcune caratteristiche dei sistemi sanitari dei Paesi OCSE, con l’obiettivo di proporre un confronto internazionale di alcuni parametri qualitativi e quantitativi e in modo da contribuire ad una riflessione informata sulle misure adottate dal Governo nella legge di Stabilità per il 2016, su cui si soffermano altri articoli in questo numero del Menabò.

Il confronto viene effettuato facendo uso delle informazioni disponibili nella banca dati dell’OCSE “Health Statistics 2015”. Come caveat si noti, però, che in questa banca dati la copertura territoriale non è uniforme per tutte le variabili di interesse e, pertanto, nei grafici che seguono il campione di Paesi non è costante.

La comparazione fra Paesi si basa su tre dimensioni: l’ammontare di risorse pubbliche destinate a finanziare il sistema sanitario nazionale (misurato in termini di spesa sul Pil); la portata dei servizi offerti (approssimata da alcuni indicatori quali il numero di posti letto negli ospedali, il numero di attrezzature per gli esami diagnostici e il numero di medici di famiglia); la qualità del sistema sanitario nazionale (approssimata da un indicatore dei casi di malasanità, da un indicatore di mortalità infantile e da un indicatore di mortalità femminile legata al parto).

In base agli ultimi dati disponibili, nel 2013 la spesa pubblica italiana si attesta al 6,8% del Pil, un dato allineato alla media nei Paesi OCSE (Grafico 1). Svezia, Germania, Francia, Regno Unito e Stati Uniti presentano una spesa pubblica più elevata: i valori oscillano tra il 7,3% (Regno Unito) e il 9,2% (Svezia). Considerando anche il settore privato, la spesa sanitaria italiana complessiva raggiunge l’8,77% del Pil, valore inferiore a quello di molti Stati europei. La più alta spesa sanitaria (pubblica e privata) si registra negli Stati Uniti, dove raggiunge il 16,43% di Pil; seguono i Paesi bassi (11,12%), la Svizzera (11 %), la Svezia e la Germania (10,98% per entrambe) e la Francia (10,95%).

Dai primi anni del 2000 al 2013 la spesa pubblica pro-capite italiana misurata a prezzi costanti (al netto quindi degli effetti dovuti all’inflazione) è aumentata del 15,6%, seguendo un trend crescente che, però, si è invertito a partire dal 2010. Tale incremento appare relativamente modesto se confrontato con quelli registrati negli altri Paesi OCSE (Grafico 2). Ad esempio, nello stesso periodo, la spesa media nei Paesi OCSE è aumentata del 53,0%, mentre negli Stati Uniti e nei Paesi Bassi l’aumento è stato, rispettivamente, del 60,0% e del 124,4%. Tra i Paesi OCSE, soltanto in Lussemburgo (+9,3%) e in Portogallo (-1,6%) si sono avuti tassi di crescita inferiori a quello dell’Italia.

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Naturalmente, il mero dato monetario non è sufficiente per valutare i servizi che la spesa sanitaria finanzia. A questo scopo sono più appropriati alcuni indicatori non monetari. Ad esempio, può essere utilizzato l’indicatore relativo al numero di posti letto disponibili negli ospedali pubblici (Grafico 3).

In Italia, nel 2013, si contano poco più di due posti letto (2,34) ogni mille abitanti, meno della media rilevata tra i Paesi OCSE (3,17) e del dato relativo a molti Stati europei. Ad esempio, i posti letto disponibili ogni mille abitanti negli ospedali pubblici sono più di 3 in Germania (3,37), quasi 4 in Francia (3,91), più di 4 in Finlandia (4,66) e più di 5 in Austria (5,31). Gli Stati Uniti, invece, sono il fanalino di coda, con meno di un posto letto (0,68) ogni mille abitanti. Va rilevato che, negli ultimi anni, in Italia si osserva una costante contrazione nella disponibilità di posti letto negli ospedali pubblici: infatti nel 2003 i posti letto per mille abitanti erano 2,92. La posizione relativa dell’Italia migliora di poco se si considerano gli ospedali sia pubblici che privati o convenzionati (i dati non permettono di distinguere tra privati convenzionati e non). Con 3,42 posti letto siamo al di sotto sia della media OCSE (4,7) sia di molti Stati europei (Grafico 4).

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Schermata 11-2457329 alle 19.28.55Schermata 11-2457329 alle 19.29.06Un secondo elemento utile per valutare in termini comparati le prestazioni del sistema sanitario italiano è l’offerta connessa agli esami diagnostici. A tal fine, i dati a disposizione permettono di confrontare il numero di unità operative esistenti per ogni milione di abitanti per effettuare risonanze magnetiche in strutture sia pubbliche che private (Grafico 5). I Paesi in cui si dispone di un maggior numero di unità attrezzate per le risonanze sono il Giappone e gli Stati Uniti, con 46,9 e 35,5 unità, rispettivamente, per ogni milione di abitanti. L’Italia, con 24,6 unità ogni milione di abitanti, si posiziona al terzo posto nella classifica dei Paesi OCSE, seguita da vicino dalla Grecia (24,3) e fra gli altri, da Finlandia (22,1), Austria (19,2) e Danimarca (15,4). Sul totale delle unità attrezzate per risonanze magnetiche in Italia nel 2013, circa il 64% fa capo a strutture ospedaliere e il restante 36% a strutture ambulatoriali. Nel nostro Paese, nel periodo 2003-2013, il numero di unità operative per le risonanze magnetiche per milione di abitanti è aumentato di circa il 76% negli ospedali e di circa il 197% nelle strutture ambulatoriali.

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Per approssimare il grado di copertura e la capillarità dei servizi medici offerti dal settore pubblico è possibile comparare il numero di medici di famiglia per abitanti nei vari Paesi (Grafico 6). L’Italia ha meno di un medico ogni mille abitanti (0,75), un valore che è inferiore, fra gli altri, a quelli di Francia (1,55), Belgio (1,12) e Regno Unito (0,80), ma è sostanzialmente allineato ai valori medi OCSE (0,70) e superiore, fra gli altri, a quello di Grecia (0,32) o Stati Uniti (0,31). In Italia, inoltre, negli ultimi anni si è verificata una riduzione costante, se pur moderata, del numero di medici di famiglia, che nel 2003 erano 0,82 ogni mille abitanti.

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Infine, l’ultimo aspetto preso in considerazione riguarda la qualità del sistema sanitario, che si può approssimare mediante indicatori relativi agli episodi di malasanità, alla mortalità infantile e alla mortalità delle donne in seguito al parto. Queste variabili non si riferiscono esclusivamente al settore pubblico, ma offrono un possibile elemento di valutazione del sistema sanitario nazionale nel suo complesso.

Per quanto riguarda gli episodi di malasanità, l’indicatore disponibile nel dataset OCSE fa riferimento ai casi di dimenticanza da parte dei medici chirurghi di strumenti nel corpo del paziente. Al riguardo (Grafico 7), diversamente da quanto ci si aspetterebbe in base all’aneddotica corrente, i casi rilevati in Italia ogni 100.000 pazienti sono 2,4, un valore nettamente inferiore alla media OCSE (5,0) e al dato registrato in altri Paesi quali Norvegia (5,2), Francia (5,7), Germania (6,6), Stati Uniti (7,0) o Svizzera (11,5).

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Anche relativamente agli indicatori sulla mortalità infantile (Grafico 8) e sui decessi per parto (Grafico 9), l’Italia occupa una posizione decisamente buona. Il numero di bambini di età inferiore ad un anno deceduti in Italia ogni 1.000 nati vivi è pari a 2,9, contro, ad esempio, 3,3 in Germania, 3,6 in Francia, 6,0 negli Stati Uniti. Ancora, il numero di donne decedute in Italia per il parto ogni 100.000 nati vivi è pari a 2,1, uno dei valori più bassi tra quelli rilevati nei Paesi OCSE.

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Schermata 11-2457329 alle 19.29.54Questa breve carrellata di informazioni non è, ovviamente, sufficiente per un esame approfondito dei sistemi sanitari dei Paesi OCSE e, a maggior ragione, per individuare i nessi causali tra spesa pubblica e qualità o portata dei servizi sanitari offerti. Essa, però, consente di comparare sinteticamente alcuni aspetti rilevanti dei diversi sistemi e di concludere che, in base ai dati presentati, il sistema sanitario nazionale italiano sembra, tutto sommato, godere di buona salute, spesso migliore di quella della gran parte degli altri Paesi.

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