Ciao, Gianni

Ugo Ascoli ricorda la ricchezza umana, scientifica e civile di Giovanni Battista Sgritta (o Gianni per chi lo conosceva) che ci ha da poco lasciati. Ricostruendo il percorso di Sgritta come studioso rigoroso, sensibile e impegnato, Ascoli ci permette di capire quanto siano ancora oggi indispensabili i suoi contributi per chi voglia occuparsi di politiche di inclusione e di solidarietà e ci consegna un modello di scienziato sociale di cui abbiamo ancora tanto bisogno.

Il 28 febbraio Giovanni Battista Sgritta (per chi lo aveva frequentato semplicemente Gianni) ci ha lasciato. Di assoluto rilievo è il contributo che ha dato alle scienze sociali nel nostro paese, tramite una vastissima attività di ricerca, spesso caratterizzata dall’inaugurazione di nuovi filoni di studio; altrettanto significativa si è rivelata la sua intensa partecipazione a commissioni e comitati nazionali ed internazionali. In qualità di coordinatore e responsabile scientifico di importanti commissioni ha lavorato sin dagli anni Ottanta sui temi dell’infanzia e delle politiche famigliari: è stato il rappresentante italiano nello European Observatory on National Family Policies dal 1989 al 2003, coordinatore del programma di ricerca internazionale Childhood as a Social Phenomenon: Implications for future Policies fra il 1987 ed il 1992.

E’ stato chiamato a far parte della Commissione Nazionale di indagine sull’esclusione sociale predisposta dal Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche sociali(2008-2010); ha partecipato alle Commissioni allestite dall’Istat per predisporre il Censimento della popolazione e delle abitazioni (2001), per la preparazione delle Indagini multiscopo sulle famiglie italiane (1985-2004) e per la predisposizione del Censimento delle istituzioni non profit (2009) ; ha inoltre fatto parte della Commissione predisposta da Istat e Cnel per la misura dell’ indice di benessere equo e sostenibile (BES) (2011).

Uno scienziato sociale con una formidabile padronanza degli strumenti statistici: uno dei primi sociologi italiani a evidenziare il legame profondo fra Demografia e Sociologia (1987 e 1994). Tale visione ‘societaria’ non è mai stata dismessa e lo ha accompagnato in tutta la sua sterminata produzione scientifica: amava lavorare in squadra, consapevole che la ricerca sociologica sul campo non si potesse fare in solitudine; ha perciò spesso condiviso lavori con altri studiosi anche di altre discipline. Sin dai primi studi pionieristici in cui si era occupato di infanzia e dai contributi sulla famiglia aveva inteso evidenziare come la transizione demografica fosse destinata ad influenzare profondamente la politica sociale. L’analisi delle disuguaglianze sociali ha sempre rappresentato la bussola delle sue riflessioni. Ha indagato in modo magistrale le problematiche connesse alla povertà e all’esclusione sociale, a livello teorico ma anche con un respiro nazionale e tramite indagini ‘sul campo’, ad esempio in ambiente metropolitano. Da ricordare il suo rapporto sulla Povertà nella città di Roma, curato insieme a Fiorenza Deriu (2005).

Sin dagli anni Ottanta aveva posto al centro delle sue attenzioni la crisi dello Stato sociale nel nostro paese e l’incapacità delle politiche pubbliche di evitare forme di discriminazione e di allargare i confini della cittadinanza. Aveva quindi accentrato la sua attenzione sulle figure più indifese e vulnerabili, spesso ‘perdenti’, dagli immigrati ai giovani intrappolati dal precariato, dalle donne oggetto di discriminazione e violenza agli anziani.

Le sue analisi delle conseguenze del processo di invecchiamento e dei mutati rapporti intergenerazionali, ben lontane da approcci semplicistici basati sulla contrapposizione fra padri e figli (o fra nonni e nipoti), ci introducono a scenari che implicano la necessità di un profondo cambiamento del vecchio ‘modello sociale’: il sistema di welfare le cui distorsioni risalgono alle scelte fatte fra i primi anni cinquanta e la prima metà degli anni settanta, va allora fortemente ripensato in tutte le sue principali componenti, dalle politiche sociali in senso stretto alle politiche sanitarie, dalle misure previdenziali alle politiche famigliari.

Povertà, esclusione, disagio, avrebbero dovuto riorientare le politiche sociali: ma così non è avvenuto fino ai giorni nostri, contribuendo in tal modo ad indebolire gravemente i legami sociali. D’altro canto i processi di trasformazione dell’azione volontaria, di cui Gianni Sgritta si è occupato con grande lucidità, hanno visto decrescere progressivamente negli ultimi trenta anni la capacità di critica e di stimolo delle politiche pubbliche da parte delle associazioni e delle organizzazioni di volontariato; allo stesso tempo, non sono stati in grado di alimentare fenomeni di solidarietà tali da controbilanciare gli effetti di un Welfare in affanno e di un pensiero neo-liberista dilagante volto a sostenere la ‘rivincita del mercato’ dopo i ‘trenta gloriosi’ e la fede nelle capacità autoregolative del mercato stesso.

Già alla fine degli anni novanta Gianni Sgritta si era interrogato sull’effetto delle trasformazioni demografiche e dei cambiamenti strutturali sulle dimensioni della solidarietà (1999); aveva poi indagato sulle possibili reti di aiuto e di solidarietà in età anziana , un’età caratterizzata da insicurezza, sfiducia e paura così come sulla difficile condizione degli anziani, assistiti dalle ‘badanti’, in un Welfare senza futuro (2009). Convinto della grande difficoltà di applicare al nostro paese ricette ‘miracolistiche’ elaborate nel Nord Europa, ricomprese nella formula del ‘Social Investment’ (Rassegna Italiana di Sociologia,3/2014 e “Segni di investimento sociale in Italia ?” in “Investire nel sociale”, il Mulino, 2015), negli ultimi anni ha rivolto i suoi studi e la sua attenzione al logoramento dei legami sociali connesso sia a fattori strutturali (economia, mercato del lavoro) che politici (le scelte delle politiche pubbliche e del welfare), profondamente interessato ai possibili percorsi volti ad evitare crepe allarmanti nella coesione sociale, con importanti ricadute sulla tenuta del tessuto democratico.

L’attuale pandemia è destinata ad aggravare tutti i fattori di crisi e le disuguaglianze sociali. Ecco allora la sua ultima preoccupazione. Promuovere “un certosino lavoro di ricerca e di «scavo»: individuare e portare in superficie pratiche di comportamenti «virtuosi» di soggetti organizzati, nel pubblico come nel privato, che tentano di riannodare i legami sociali o di non consentirne la rottura definitiva: a livello formale o informale, nel quartiere o nel piccolo comune, nella grande città così come in un contesto più ampio. Individuare chi effettivamente stia lavorando con efficacia per la coesione sociale e quindi per il mantenimento di un tessuto democratico che impedisca una deriva illiberale, autoritaria e violenta” (Rivista delle Politiche Sociali, 2/2020).

Tutto il suo percorso si è basato su metodiche di indagine e di ricerca sociale caratterizzate da grande rigore, dove un rigoroso approccio quantitativo trovava spesso completamento in un altrettanto rigoroso approccio qualitativo: mai una sua affermazione si è basata su impressioni, su una base empirica non convincente o addirittura su prese di posizione di carattere ideologico. Fortissima attenzione ha dedicato a quanto si stava studiando negli altri paesi sui fenomeni sociali: un esempio di ciò è dato dalla sua attività di direttore (dal 2010 al 2013) e poi di Managing Editor (dal 2013 fino alla sua scomparsa) della ‘International Review of Sociology’, una prestigiosa rivista profondamente rinnovata e riqualificata proprio grazie al suo prezioso lavoro organizzativo, culturale e scientifico.

Gianni Sgritta non è mai stato chiuso nella ‘torre d’avorio’ dove spesso possiamo trovare accademici e studiosi di varia impostazione: ha dedicato moltissime energie alla sua Università ed al suo Dipartimento, alla cui direzione si è dedicato per diversi anni; ha costruito una vera e propria ‘Scuola sociologica’, formando in oltre venti anni (dal 1994 al 2013) numerosi allieve ed allievi sulle ‘Fonti, gli Strumenti, i Metodi e le Tecniche della Ricerca Sociale’. Sempre generoso e disponibile nei confronti dei bisogni degli studenti, ma allo stesso tempo severo ed esigente. Ha partecipato anche ai vari network associativi della Sociologia Italiana (sia pure con crescente scetticismo); ma non ha esitato a mettersi in gioco personalmente e generosamente sulla scena politica, allorché ha creduto di intravedere un possibile percorso riformista e progressista da sostenere. Il suo impegno civico si è estrinsecato anche nel suo intenso ‘volontariato’: ha sempre risposto alle chiamate delle associazioni di volontariato, delle comunità, della Caritas e più in generale dei soggetti collettivi della rappresentanza, fra cui in primo luogo il Sindacato.

Negli ultimi anni ha fornito un contributo assai rilevante anche ad alcune riviste, dalla ‘Rivista delle Politiche Sociali’ (dove ha pubblicato alcuni suoi lavori sin dal 2004) alla più ‘giovane’ Politiche Sociali’(dove sono comparsi diversi suoi saggi negli ultimi anni), anche tramite l’attiva partecipazione ai rispettivi Comitati scientifici. Innumerevoli i suoi contributi apparsi su riviste prestigiose italiane ed internazionali.

Accanito lettore, con molteplici interessi culturali che spaziavano ben al di là delle discipline sociologiche, dotato di una grande curiosità per i fatti sociali e della vita quotidiana, sia di tipo micro che macro, con un innato e profondo senso dell’ironia, non ha mai esitato ad assumere posizioni nette, spesso controcorrente, incurante delle etichettature che potessero essergli attribuite. Tutto ciò era accompagnato da una capacità empatica non comune, pur dietro una apparenza severa ed intransigente. Esigeva molto da sé e dai suoi collaboratori, ma allo stesso tempo possedeva una carica umana straordinaria. E’ sempre stato guidato, fino all’ultimo, dalla speranza che si potesse finalmente creare nel nostro paese un ponte stabile fra la ricerca scientifica ed il policy making, tramite il quale potessero transitare verso la politica idee e suggestioni validate da una solida base empirica. Allo stesso tempo ha sempre auspicato il coinvolgimento pubblico di persone competenti ed appassionate, espresse dalla società civile. Oggi più che mai avremmo bisogno di scienziati sociali che sappiano unire una conoscenza approfondita ed un uso rigoroso dell’intera panoplia degli strumenti della ricerca sociale ad un forte impegno civile, che sappiano trasmettere con il proprio esempio ai giovani l’importanza dell’etica dell’impegno e della responsabilità per promuovere una società con minori disuguaglianze e con maggiore giustizia sociale. Gianni ci mancherai moltissimo.

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