Ci stiamo fidando dei vaccini? Quanto e come?

Rino Falcone, Elisa Colì, Marco Marini, Alessandro Sapienza, Cristiano Castelfranchi e Fabio Paglieri illustrano i risultati di una loro indagine sulla fiducia degli italiani nella vaccinazione contro il SARS-COV2, condotta intervistando, tra il 26 marzo e il 7 aprile 2021, 4096 persone. Gli obiettivi principali erano verificare: i) se esiste e in che forma "scetticismo" (o esitazione) vaccinale, ii) come è percepito il rapporto tra istituzioni pubbliche e case farmaceutiche, iii) quanto queste ultime sono considerate affidabili e iv) quale valore, individuale o sociale, è attribuito alla vaccinazione.

Gli autori di questo articolo sono: Rino Falcone, Elisa Colì, Marco Marini, Alessandro Sapienza, Cristiano Castelfranchi, Fabio Paglieri.

 

Ai primi di gennaio è iniziata anche in Italia la vaccinazione per contrastare il COVID-19. I vaccini acquisiti dall’UE e distribuiti ai Paesi membri sono, oggi, quattro: AstraZeneca, Johnson&Johnson, Pfizer e Moderna ma erano tre nel periodo in cui si è svolta questa indagine: J&J non era ancora distribuito perché in attesa della autorizzazione dell’EMA. I primi due sono a base vettore virale, gli altri due a base m-RNA.

Tra il 26 marzo e il 7 aprile abbiamo intervistato online un campione di 4096 persone con l’obiettivo di verificare, tra le altre cose: i) se esiste ancora, e in che forma, quello che si può chiamare “scetticismo” (o esitazione) vaccinale, ii) come viene percepito il rapporto tra istituzioni pubbliche e case farmaceutiche, iii) quanto sono considerati affidabili tutti questi soggetti e iv) quale valore, individuale o sociale, si attribuisce alla vaccinazione.

L’indagine. Sotto indagine è la fiducia dei cittadini verso i vaccini. Il modello teorico di riferimento (C. Castelfranchi e R. Falcone, Trust theory: A socio-cognitive and computational model (Vol. 18). John Wiley & Sons, 2010) considera la fiducia come un fenomeno socio-cognitivo complesso: uno stato e attitudine mentale di natura ibrida (tanto affettiva che cognitiva), con una struttura composita (fatta di differenti ingredienti: credenze, scopi, intenzioni, aspettative, etc.), orientato a differenti entità e dimensioni. Fenomeno intrinsecamente ricorsivo (ci sono ragioni per fidare e ci sono ragioni per fidare quelle stesse ragioni, e così via). Un processo tanto mentale quanto pragmatico (una valutazione, una decisione, un’azione). Un fenomeno dinamico (non solo perché si modifica nel tempo ma anche perché fiducia può derivare da fiducia: reciprocità, transitività, categorizzazione, ecc.).

I partecipanti. Il campione è costituito per il 56% da donne. L’età è compresa tra 18 e 87 anni (M=49). Il livello di istruzione prevalente è alto, comunque quasi 1000 rispondenti, hanno titolo inferiore alla laurea (e sono stati testati anche come campione a parte). Il 56% del campione svolge la propria attività lavorativa come dipendente pubblico, e il 10% lavora in ambito sanitario. Il 38% è del Centro Italia (36% nord, 27% sud e isole); a seguito della pandemia la situazione economica è rimasta invariata per il 76%, peggiorata per il 20% e migliorata per il 4%. I dati sono stati raccolti attraverso un questionario online ad hoc composto da 79 item attraverso la piattaforma Qualtrics.

I risultati. I principali risultati emersi dall’indagine possono essere sintetizzati come segue.

 Il 75,7% del campione si fida delle autorità pubbliche (AP) per la gestione della pandemia. L’autorità più adeguata a prendere decisioni per il 74,5% è il governo nazionale, per il 9,1% la Protezione Civile; per il 7,1% il governo regionale; per il 4,9%il Presidente della Repubblica e per il 2,2% l’autorità comunale.

Il dato sulla fiducia nelle AP è enormemente più alto di quello che risulta dalle abituali rilevazioni sulla fiducia nelle istituzioni nel nostro paese: negli ultimi anni tipicamente fra il 15 e il 25%, e tuttavia in lieve flessione rispetto a quanto registrato lo scorso anno in una ricerca su fiducia e Covid (Falcone, Colì, Felletti, Sapienza, Castelfranchi, Paglieri “All We Need is Trust: How the COVID-19 Outbreak Reconfigured Trust in Italian Public Institutions”, 2020 Front. Psychol.).

La forte preferenza per il Governo centrale potrebbe essere l’esito di oltre un anno di esperienza durante il quale sono state valutate e comparate anche le azioni di altri soggetti.

Il 91,8% del campione considera sufficiente la competenza dei produttori dei vaccini (PV) mentre il 63,4% non condivide il dubbio che lo sviluppo dei vaccini sia avvenuto troppo in fretta. Inoltre, secondo il 76,6% l’intenzionalità dei PV è rivolta alla salvaguardia della salute pubblica.

Benché prevalgano abbondantemente le opinioni a favore della vaccinazione e i giudizi positivi sulla sicurezza ed efficacia dei vaccini e, inoltre, i PV siano considerati largamente affidabili (83,5%) non è irrilevante la quota (49,8%) di quanti temono che l’entità del giro di affari possa indurre le grandi aziende farmaceutiche a tenere comportamenti contrari alla salute pubblica. Per converso, il 30,8% non vede questo problema e il 19,4% formula un giudizio di neutralità.

Il 73,8% del campione attribuisce competenze sufficienti alle AP e l’86,5% ritiene che sia loro intenzionalità salvaguardare la salute pubblica. Sull’affermazione che potrebbe essere eccessiva la fiducia nelle competenze delle aziende farmaceutiche da parte delle AP il campione, seppur in maggioranza (ma non assoluta) in disaccordo, si divide in tre parti più o meno equivalenti: è d’ accordo il 31,1%, in disaccordo il 38,6% e neutrale il 30,3%. Questo interessante risultato potrebbe dipendere dalla diversa percezione della complessa e contraddittoria interazione tra soggetti con interessi e “missioni” differenti.

Inoltre, il 57,5% non concorda con l’idea che le AP siano manovrate dagli interessi economici dei PV mentre il 20,4% sottoscrive tale dubbio e il 22,1% si dichiara neutrale.

Ricordando le polemiche e i dibattiti precedenti alla pandemia è da sottolineare il fatto che l’85,7% attribuisce al vaccino antinfluenzale un ruolo fondamentale nel salvare ogni anno molte vite.

Inoltre, la percentuale di coloro che ritengono i vaccini efficaci (93,7%) è superiore a quella, comunque molto alta, di chi li considera sicuri (89,5%). Questa differenza è coerente con il giudizio sugli effetti collaterali, difficili da prevedere per circa un terzo del campione.

Peraltro, il giudizio sull’affidabilità complessiva dei vaccini (92.9%) è più o meno analogo a quello sulla loro efficacia (93,7%) e ciò indica che nel giudizio complessivo gli aspetti di sicurezza sono tenuti in minor conto.

Il 74,2% del campione si considera adeguatamente informato sui vaccini. I mezzi di informazione più utilizzati sono: media tradizionali (70,3%), social media (45,5%), medico di base (29,6%) e conoscenti (21,9%). Nel pronunciarsi sull’affidabilità delle sorgenti informative indipendentemente dai canali attraverso cui vengono diffuse, i soggetti esprimono fiducia verso esperti scientifici (94,6%), medici di base (89,7%) e autorità governative (83,7%), mentre risultano assai meno affidabili commentatori e giornalisti (23,7%), come anche i conoscenti vari (25,2%).

Da notare che, il medico di base pur essendo tra le fonti di informazione più affidabili è poco utilizzato per informarsi sui vaccini. Trova inoltre conferma la grave crisi di credibilità delle professioni legate ai media tradizionali, nonostante il loro uso massiccio.

Una schiacciante maggioranza (circa 90%) è apertamente critica verso qualunque posizione di esitazione vaccinale, e il 91,9% manifesta diffidenza verso chiunque sia contrario ai vaccini. Contemporaneamente, in questo quadro pro-vaccinale, ci sono alcune espressioni di scetticismo (9,3%) che però è rivolto più alle ragioni da individuare rispetto alla cautela vaccinale che non ai fautori della stessa e alle loro intenzioni.

Le ipotesi di sottovalutazione del fenomeno pandemico risultano contraddette dalle varie risposte (sempre oltre l’80%). La tesi della pandemia come complotto o equivoco da parte delle AP viene quasi completamente bocciata. Si conferma schiacciante il giudizio a favore dei vaccini come strumento principale per battere la pandemia (90,5%) i cui benefici eccedono i rischi. Peraltro, il 16,2% ritiene che la propria salute possa correre qualche rischio.

Sulla disponibilità a vaccinarsi, l’88,8% dichiara di aver già fatto il vaccino o di essere intenzionato a farlo non appena sarà il proprio turno. L’1,2% è stato sconsigliato farlo e il 10% mostra esitazione a vaccinarsi.

Seppure sia molto diffusa la considerazione che la vaccinazione possa portarci fuori dalla pandemia (90,5%), che i vaccini siano sicuri (89,5%) ed efficaci (93,7%), e solo una minoranza (16,2%) consideri i vaccini rischiosi per la salute, poco meno del 60% del campione è a favore della obbligatorietà. Questo mostra un certo rispetto nella autodeterminazione alla propria salute e alla sua gestione, che si afferma anche in contesti, come quello pandemico, in cui comportamenti collettivi coordinati e coerenti tra loro sono essenziali per difendere la salute di tutti. Questo rispetto si riduce rispetto a soggetti che per il loro ruolo (in ambito sanitario, per esempio) possono mettere seriamente in pericolo la salute collettiva.

E’ da notare che il 60% circa a favore della obbligatorietà più o meno corrisponde e si correla statisticamente con quanti (il 61,5%) hanno escluso rischi per la salute di chi assume vaccini.

La vaccinazione è sostanzialmente intesa come atto di responsabilità per tutelare la salute collettiva. In pochi (21,8%), infatti, ritengono che vaccinarsi riguardi esclusivamente la difesa della propria salute. Mentre l’ipotesi di vaccinarsi per tutelare gli altri è confermata dal 91,6%. Analogamente solo il 26,2% è convinto che gli altri si vaccinino solo per se stessi. Mentre il 63,5% concorda con l’affermazione che vaccinandosi gli altri intendano anche tutelare la salute pubblica.

Il campione si esprime a maggioranza altissima (91,7%) che occorre vaccinarsi per evitare di intasare gli ospedali ed in particolare le terapie intensive.

Nel sotto-campione che ha dichiarato di aver visto peggiorare il proprio stato economico a causa della pandemia, è relativamente più elevata la percentuale di chi mostra esitazione vaccinale e minore la fiducia nelle AP e nei PV. Pur rimanendo alta la disponibilità a vaccinarsi (83,8%), tale propensione è significativamente più bassa rispetto a quella di chi non ha subito danni economici dalla pandemia (91,3%) e da chi addirittura ha migliorato il proprio status (92%); analoghi spostamenti, ridotti ma significativi, si osservano su tutti gli indicatori in questa direzione “meno ottimistica”. Ciò è significativo, giacché suggerisce che proprio coloro per i quali è massima la necessità di affidarsi ai vaccini, per consentire (anche) una ripresa economica, sembrano nutrire dubbi sul loro uso.

In conclusione. Possiamo ora riassumere i principali risultati:

– La fiducia nei vaccini è molto diffusa ma allo stesso tempo permane attenzione ai rischi per la sicurezza. Questo però non comporta riduzioni nè della percezione della loro affidabilità né della intenzionalità a vaccinarsi.

– Guardando alla situazione pre-pandemica (Europeans’ attitudes towards vaccination, Special Eurobarometer 488 – Wave EB91.2, April 2019), in cui il 49% della popolazione riteneva che “i vaccini producono spesso seri effetti collaterali” e il 53% confermava che “i vaccini possono produrre la malattia da cui dovrebbero proteggere”, l’esitazione vaccinale sembra essersi decisamente ridotta e trasformata: essa, quando presente, appare più una preoccupazione (magari esagerata) derivante da incertezze o problemi concreti, che non la conseguenza di astratti principi anti-vaccinazione.

– È diffusa la convinzione di essere informati sulle questioni attinenti ai vaccini, il che sembra tradursi in disponibilità a vaccinarsi.

– Infine, vaccinarsi viene considerata un’azione per proteggere non solo se stessi ma anche gli altri; e, in misura minore ma comunque a maggioranza assoluta, viene attribuita la stessa intenzione anche agli altri.

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